Silva mala
La Silva mala (o Sylva mala) era un bosco acquitrinoso che, dall'epoca altoimperiale fino a quella medievale, si estendeva alle pendici del Vesuvio, nell'area oggi occupata dai comuni di Trecase, Boscoreale, Boscotrecase e Terzigno[1].
Storia
[modifica | modifica wikitesto]Dopo l'eruzione del Vesuvio del 79, una fitta coltre di cenere e lava si depositò sulla Valle del Sarno, determinandone l'abbandono e causando l'innalzamento dei bacini fluviali del Sarno e del Sebeto, con il conseguente ristagno delle acque di superficie; questo, insieme con i detriti che dapprima avevano reso sterile la terra e che funsero poi da fertilizzante, provocò la formazione di un'area di acquitrino e fitta boscaglia che venne chiamata dai Romani Silva mala[2][3][4]. La presenza di questo bosco precluse per lungo tempo, anche durante le dominazioni angioine e aragonesi, la coltivazione e l'insediamento permanente, portando la popolazione a stabilirsi sulle basse alture circostanti, in centri come Civita Giuliana, Lettere e Sarno[3]; la Silva mala soffocò inoltre la strada che collegava Pompei ed Ercolano a Nocera[3].
Il territorio, aggregato intorno all'anno 1000 al Ducato napoletano[2][5], nella seconda metà del XIII secolo risultava in parte di proprietà dell'arcivescovo di Napoli e in parte della Corona[6]. In tale periodo, Federico II di Svevia prima e Carlo I d'Angiò poi, designarono la Silva mala come riserva di caccia[5][7]; le battute che vi si svolgevano avevano come base il castello baronale di Torre del Greco[6]. Il terreno venne inoltre concesso per il pascolo, il legnatico e l'erbatico al monastero situato sullo Scoglio di Rovigliano[1].
Nel 1337, su pressione della moglie Sancha, Roberto d'Angiò cedette parte della Silva mala a tre monasteri napoletani, con il compito di disboscarla e di popolarla, in quanto rifugio di briganti[8][7]; contemporaneamente, la Silva mala retrocedette anche di fronte al lento e progressivo appoderamento messo in atto dagli abitanti di Torre Annunziata[7]. In tal modo sorsero, all'inizio del XVI secolo, le prime abitazioni stabili, corrispondenti all'odierno abitato di Trecase[5][8]; altre vennero costruite negli anni successivi, dando origine agli abitati di Boscotrecase e Boscoreale[5][7].
Note
[modifica | modifica wikitesto]Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- Campania, vol. 2, Istituto Enciclopedico Italiano, 1999.
- Urbano Cardarelli, Studi di urbanistica, vol. 3, Edizioni Dedalo, 2002.
- Claudio Corvino, Guida insolita ai misteri, ai segreti, alle leggende e alle curiosità della Campania, Newton & Compton, 2002.
- Cesare De Seta e Gaetana Cantone, I casali di Napoli, Laterza, 1989.
- Cesare De Seta e Alfredo Buccaro, I centri storici della provincia di Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 2009, ISBN 978-88-495-1751-4.
- Ugo Matone, Il golfo delle sirene, 2012. URL consultato il 23 luglio 2018 (archiviato dall'url originale il 23 luglio 2018).
- Felice Senatore, Pompei, il Sarno e la Penisola Sorrentina, Rufus, 1998.
- Giuseppe Troina, Il porto del corallo: analisi storica del Porto di Torre del Greco, Edizioni Scientifiche Artistiche, 2007, ISBN 978-88-95430-01-0.