Helmuth von Pannwitz
Helmuth von Pannwitz | |
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Hellmuth von Pannwitz (al centro) insieme al generale russo Andrej Škuro e altri ufficiali tedeschi | |
Soprannome | l'ultimo Cavaliere d'Europa |
Nascita | Botzanowitz, 14 ottobre 1898 |
Morte | Mosca, 16 gennaio 1947 |
Cause della morte | impiccagione |
Dati militari | |
Paese servito | Impero tedesco Repubblica di Weimar Germania nazista |
Forza armata | Deutsches Heer Reichswehr Heer Waffen-SS |
Corpo | XV SS-Kosaken Kavallerie Korps |
Anni di servizio | 1914 - 1945 |
Grado | SS-Obergruppenführer und Generalleutnant der Heer Feldataman |
Guerre | Prima guerra mondiale Seconda guerra mondiale |
Campagne | Fronte occidentale (1914-1918) Campagna di Polonia Campagna di Francia Campagna di Russia Fronte jugoslavo |
Battaglie | Battaglia di Stalingrado |
Comandante di | XV SS-Kosaken Kavallerie Korps |
Decorazioni | Croce di Cavaliere della Croce di Ferro con fronde di quercia |
"fonti nel corpo del testo" | |
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Helmuth von Pannwitz (Botzanowitz, 14 ottobre 1898 – Mosca, 16 gennaio 1947) è stato un generale tedesco.
Biografia
[modifica | modifica wikitesto]I primi anni
[modifica | modifica wikitesto]Pannwitz nacque nella residenza estiva della sua famiglia Botzanowitz, in Slesia, figlio del prefetto Wilhelm von Pannwitz (1854-1931) e di sua moglie Hertha von Pannwitz, nata Retter (1876-1963) e discendeva da un'antica famiglia della nobiltà tedesca.[1][2]
A nove anni fu iscritto alla scuola militare di Wahlstadt.[2] Passato all'accademia militare di Berlino-Lichterfelde, frequentata anche da Manfred von Richthofen e Paul von Hindenburg, fu nominato ufficiale (sottotenente) nel 1914 e partecipò alla prima guerra mondiale arruolandosi volontario in un reggimento di lancieri di stanza a Militsch; venne promosso tenente, ottenendo inoltre la croce di ferro di prima e seconda classe al merito.[1][3]
L'epoca di Weimar
[modifica | modifica wikitesto]Finita la guerra entrò a far parte dei Freikorps, corpi di volontari armati che si prefiggevano lo scopo di combattere il comunismo in Germania; gran parte delle sue terre furono confiscate dai governi polacco o sovietico e Pannwitz emigrò prima in Ungheria e poi in Polonia nel 1923, dove si guadagnò da vivere amministrando le fattorie e i terreni della principessa Radziwiłł a Młochow, presso Varsavia.[1]
Nel 1934 fu richiamato a comandare uno squadrone di cavalleria tedesco nella Prussia orientale con il grado di capitano; quando l'Austria venne annessa alla Germania a von Pannwitz fu affidato il comando del XI reggimento di cavalleria a Stockerau, non lontano da Vienna.[3] All'inizio della seconda guerra mondiale gli vennero affidate missioni di ricognizione in Polonia e in Francia; nel 1938 fu promosso maggiore.[4]
Comandante dei cosacchi
[modifica | modifica wikitesto]Nell'agosto 1941, al comando di uno squadrone di cavalleria sbaragliò una brigata di cavalleria, una divisione di cavalleria e una di fanteria sovietiche che difendevano il fianco meridionale di Stalingrado, ricevendo la croce del cavaliere e il grado di colonnello. Nel 1942 gli venne affidato il comando delle truppe cosacche, alleate della Wehrmacht (I divisione cosacca e XV SS-Kosaken Kavallerie Korps[5]), con i quali partecipò agli scontri contro i partigiani in Jugoslavia.[2] Durante le spedizioni punitive in Serbia e in Croazia i cosacchi commisero atrocità contro la popolazione civile, incluse deportazione di massa ed esecuzione sommarie di partigiani e sospetti.[6][7] Un ordine del generale von Pannwitz datato al 20 ottobre 1943 implica l'utilizzo della pena di morte per quei cosacchi che avessero nuovamente infierito contro la popolazione civile, facendo eseguire ben dodici condanne a morte per fucilazione.[8]
Durante la cerimonia del 15 gennaio 1943, quando Hitler lo insignì della croce del cavaliere con foglie di quercia, von Pannwitz attaccò le dichiarazioni di Hitler secondo cui gli Slavi fossero subumani (Untermenschen)[9]: infatti i suoi stessi cosacchi erano slavi.[10] Inoltre von Pannwitz non permise la distruzione di chiese o sinagoghe e dall'altro canto rispettò e capì la devozione dei suoi soldati cosacchi verso la chiesa ortodossa, divenendo molto popolare tra i suoi uomini, i quali poco prima la fine della guerra lo elessero Feldataman, il più alto dei gradi militari della gerarchia cosacca e tradizionalmente riservato esclusivamente allo zar.[11] Dal febbraio 1945, nonostante le rimostranze di von Pannwitz, il corpo cosacco fu inglobato nella Waffen-SS.[12][13]
L'11 maggio 1945 i cosacchi di Pannwitz si arresero alle forze britanniche; i comandanti sovietici pretesero che i soldati cosacchi di Pannwitz fossero loro consegnati e von Pannwitz decise di non separarsi dai suoi uomini e si consegnò assieme ad essi all'Armata Rossa a Lienz. Il 16 gennaio 1947, dopo una prigionia di un anno e mezzo, von Pannwitz, Pëtr Krasnov e Andrej Škuro, due importanti capi cosacchi, furono processati da una corte di giustizia sovietica e, giudicati colpevoli di crimini di guerra in Jugoslavia, impiccati.[1][7]
Dopo cinquanta anni, il 23 aprile 1996 il presidente sovietico Boris El'cin e il Military High Prosecutor di Mosca riabilitarono Pannwitz, falsamente accusato di crimini di guerra come vittima delle persecuzioni staliniane e concessero una pensione alla sua famiglia.[14]
Onorificenze
[modifica | modifica wikitesto]Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ a b c d (DE) Franz Menges, Hellmuth von Pannwitz, su deutsche-biographie.de, 2001, pp. 34–35.
- ^ a b c Helmuth von Pannwitz - Lexikon der Wehrmacht, su www.lexikon-der-wehrmacht.de. URL consultato il 6 giugno 2024.
- ^ a b (EN) A. Small Part of History, The Untold Story of Helmuth von Pannwitz: A Forgotten Hero or War Criminal?, su Medium, 5 aprile 2024. URL consultato il 6 giugno 2024.
- ^ (DE) Deutsche Biographie, Pannwitz, Hellmuth von - Deutsche Biographie, su www.deutsche-biographie.de. URL consultato il 6 giugno 2024.
- ^ Ratushnyak, Verardo, p. 17, 32.
- ^ Jozo Tomasevich, War and revolution in Yugoslavia, 1941-1945: occupation and collaboration, Stanford University Press, 2001, p. 306, ISBN 978-0-8047-3615-2.
- ^ a b Il caso del generale punitivo, su it.topwar.ru, 26 settembre 2015.
- ^ War diary 1st Cossack Division, National Archives Microcopy No T-315, Roll 2281, Washington 1965
- ^ Newland, p. 108.
- ^ Ratushnyak, Verardo, p. 6.
- ^ Newland, p. 164.
- ^ Jozo Tomasevich, War and revolution in Yugoslavia, 1941-1945: occupation and collaboration, Stanford University Press, 2001, p. 305, ISBN 978-0-8047-3615-2.
- ^ Tessin, p. 400.
- ^ Klaus-Dieter Müller, Thomas Schaarschmidt, Mike Schmeitzner e Andreas Weigelt, Todesurteile sowjetischer Militärtribunale gegen Deutsche (1944 - 1947) : eine historisch-biographische Studie, Göttingen, Vandenhoeck & Ruprecht, 2015, p. 280, ISBN 9783525369685.
- ^ a b Franz Thomas, Die Eichenlaubträger. 2: L - Z, Biblio-Verl, 1998, p. 141, ISBN 978-3-7648-2300-9.
- ^ a b c d e f Pannwitz, von, Helmuth, su tracesofwar.com.
- ^ a b Scherzer, p. 582.
- ^ Fellgiebel, p. 333.
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- Oleg V. Ratushnyak e Fabio Verardo, I cosacchi e il Terzo Reich. Il collaborazionismo cosacco nella Seconda guerra mondiale, su openstarts.units.it, Qualestoria, dicembre 2016.
- Genealogisches Handbuch des Adels. Adelige Häuser A. Bd. XIX = Bd. 92 der Gesamtreihe. S. 415, C. A. Starke Verlag, Limburg (Lahn) 1987, ISSN 0435-2408 .
- F. W. von Mellenthin, Deutschlands Generale des Zweiten Weltkriegs, Bergisch Gladbach, Verlag Bastei Lübbe, 1980, ISBN 3-404-65027-1.
- (DE) Franz Menges, Pannwitz, Hellmuth von, in Neue Deutsche Biographie, vol. 20, Berlin, Duncker & Humblot, 2001, ISBN 3-428-00201-6, pp. 34 s. (online).
- Ian Mitchel, The cost of a reputation. Aldington versus Tolstoy: the causes, course and consequences of the notorious libel case, Lagavulin, Topical Books, 1997, ISBN 0-9531581-0-1.
- Samuel J. Newland, Cossacks in the German army 1941-1945, collana Cass series on politics and military affairs in the twentieth century, Londra, F. Cass, 1991, ISBN 978-0-7146-3351-0.
- Bernhard Sauer, Schwarze Reichswehr und Fememorde. Eine Milieustudie zum Rechtsradikalismus in der Weimarer Republik, Berlino, Metropol, 2004, ISBN 3-936411-06-9.
- Nikolai Tolstoy, Die Verratenen von Yalta. Englands Schuld vor der Geschichte, München, Langen Müller, 1977, ISBN 3-7844-1719-1.
- Nikolai Tolstoy, The Minister and the Massacres, Londra, Century Hutchinson, 1986, ISBN 0-09-164010-5.
- (DE) Georg Tessin, Die Waffengattungen – Gesamtübersicht, collana Verbände und Truppen der deutschen Wehrmacht und Waffen SS im Zweiten Weltkrieg 1939-1945, vol. 1, Osnabrück, Biblio, 1977.
- (DE) Walther-Peer Fellgiebel, Die Träger des Ritterkreuzes des Eisernen Kreuzes 1939–1945 — Die Inhaber der höchsten Auszeichnung des Zweiten Weltkrieges aller Wehrmachtteile, Friedberg, Podzun-Pallas, 2000 [1986], ISBN 978-3-7909-0284-6.
- (DE) Veit Scherzer, Die Ritterkreuzträger 1939–1945 Die Inhaber des Ritterkreuzes des Eisernen Kreuzes 1939 von Heer, Luftwaffe, Kriegsmarine, Waffen-SS, Volkssturm sowie mit Deutschland verbündeter Streitkräfte nach den Unterlagen des Bundesarchives, Jena, Scherzers Militaer-Verlag, 2007, ISBN 978-3-938845-17-2.
Altri progetti
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Collegamenti esterni
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