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Emil Cioran

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«Siamo tutti in fondo a un inferno, dove ogni attimo è un miracolo.»

Emil Cioran in Romania negli anni quaranta

Emil M.[1] Cioran (IPA: [eˈmil t͡ʃoˈran]) (Rășinari, 8 aprile 1911Parigi, 20 giugno 1995) è stato un filosofo, saggista e aforista romeno, tra i più influenti del XX secolo.

Firma di Cioran

Gran parte della sua produzione è caratterizzata dall'aporia, dal paradosso, dall'ossimoro, dall'iperbole, nonché dalla contraddizione e dalla provocazione volute, e fu definita da lui stesso come una forma di letteratura terapeutica, volta a sfogare il proprio pessimismo esistenziale.

Nato in Romania, dal 1933 al 1935 visse a Berlino, e dalla seconda guerra mondiale in avanti risiedette in Francia con lo status di apolide; scrisse i primi libri in lingua romena, ma dalla fine del conflitto scrisse sempre in francese e, nonostante questo non fosse il suo idioma di nascita, viene considerato da molti critici come uno dei migliori prosatori in questa lingua.[2]

Vicino al pensiero esistenzialista, si distacca comunque dal movimento esistenzialista francese per la sua distanza ideologica dai principali esponenti quali Jean-Paul Sartre, Simone de Beauvoir e Albert Camus, rifiutando l'impegno politico attivo sul fronte progressista e condividendo la filosofia dell'assurdo del suo amico Eugène Ionesco, benché venata dal suo pessimismo radicale. Il pensiero di Cioran è infatti influenzato da Nietzsche, Schopenhauer, Heidegger (rispetto allo stile ermetico di quest'ultimo, maturerà peraltro un netto rifiuto[3]) e successivamente anche da Leopardi (benché, per sua stessa ammissione, mai profondamente conosciuto, ma avvertito quale "fratello d'elezione"[4]), dai quali trae il suo nichilismo[5], scetticismo e il suo pessimismo. I suoi aforismi, anche per esperienze personali, inizialmente una gravissima forma di insonnia che lo colpì dall'adolescenza, sono infatti pervasi da una profonda amarezza e misantropia, che però vengono temperate dalla sua acuta ironia e dalla sua capacità di scrittura.

«Tutto ciò che in me è vero proviene dalle timidezze della mia gioventù. A loro devo quello che sono, nel senso migliore della parola. Senza di esse non sarei letteralmente nulla, e non conoscerei tregua nella vergogna di me stesso. Che cosa non ho sofferto, da giovane, per causa loro. E ora sono queste sofferenze che mi riscattano ai miei occhi.»

La casa natale di Cioran a Rășinari

Cioran nacque a Rășinari, in Transilvania (al secolo una provincia dell'Impero austro-ungarico, annessa poi alla Romania nel 1918), l'8 aprile del 1911[7] in una benestante famiglia rumena[8]. Il padre, Emilian Cioran, era un sacerdote ortodosso, attivo dapprima a Rășinari ed in seguito, in veste di curato, presso la vicina Sibiu, mentre la madre, Elvira Comaniciu, era originaria di Veneția de Jos, un piccolo villaggio situato nei pressi della città di Făgăraș (oggi parte, assieme ad altri tre villaggi limitrofi, del neo-costituito comune di Părău). Il padre di Elvira, Gheorghe Comaniciu, era un notaio, asceso allo status di barone grazie al favore di cui godeva presso le autorità asburgiche.[7] Aveva due fratelli, Aurel detto Relu e Virginia.

Sebbene fossero romeni, non era infrequente che i genitori, nel privato, parlassero anche in ungherese, idioma che il padre aveva imparato frequentando le scuole elementari ungheresi.[7] Durante la prima guerra mondiale, i genitori di Emil, come molti intellettuali di origine romena, furono confinati dalle autorità austro-ungariche; il padre a Sopron (Ödenburg) e la madre a Cluj (Klausenburg), lasciando i figli alle cure della nonna a Rășinari.[7] Cioran ha dichiarato di aver avuto un'infanzia molto felice ("coronata") fino al trasferimento alle scuole medie di Sibiu: «È stata la fine del mio sogno, il crollo del mio mondo». Già nell'adolescenza è colpito da una grave forma d'insonnia, un disturbo che lo segnerà per il resto della vita.[7]

Formazione culturale

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Dopo gli studi classici compiuti al liceo Gheorghe Lazăr di Sibiu, all'età di diciassette anni Cioran iniziò a studiare filosofia presso l'Università di Bucarest.[7] Frequentando l'università, ebbe modo di fare conoscenza con Eugène Ionesco e Mircea Eliade, con cui rimase in buoni rapporti di amicizia per tutta la vita.[7] Altri amici stretti furono il filosofo Constantin Noica e il pensatore "socratico" Petre Țuțea (noto poi come militante ortodosso antisemita e dissidente anticomunista), influenzati anch'essi dal controverso maître à penser Nae Ionescu.[7]

Avendo un'ottima conoscenza della lingua tedesca, i suoi primi studi s'incentrarono prevalentemente su filosofi quali Immanuel Kant, Arthur Schopenhauer e, soprattutto, Friedrich Nietzsche.[9]

In questo periodo si professò agnostico, assumendo l'assioma «l'inconvenienza dell'esistenza». Per l'interesse dimostrato verso varie forme di spiritualità, dal punto di vista filosofico, è stato definito un "ateo-credente".[10] Nell'impalcatura del suo pensiero, difatti, convivono al tempo stesso attrazione e rifiuto verso la religione, in particolare verso il cristianesimo, con simpatia verso lo gnosticismo e il buddhismo, e venature di misoteismo, anche se dichiarerà sempre di essere un non credente.

«L'idea che ho potuto – come tutti – essere sinceramente cristiano, fosse anche per un solo secondo, mi getta nello smarrimento. Il Salvatore mi annoia. Sogno un universo immune da intossicazioni celesti, un universo senza croce né fede. (...) La teologia, la morale, la storia e l'esperienza di tutti i giorni insegnano che, per raggiungere l'equilibrio, non c'è un'infinità di segreti – ce n'è uno solo: sottomettersi. «Accettate un giogo» esse ci ripetono «e sarete felici; siate qualche cosa e verrete liberati dalle vostre pene.»

«Senza dubbio l'istituzione più oppressiva di tutti i tempi fu l'Inquisizione. Non potrò mai convertirmi al cattolicesimo, una religione che ha potuto dar vita a qualcosa di così mostruoso.»

«Ascoltando Le sette parole del Redentore di Haydn - mi dicevo poc’anzi che il mio scetticismo in fondo è religioso, e che non a caso le menti a cui mi sento più affine sono Pascal e Dostoevskij

Durante i suoi studi fu anche influenzato dalle opere di Georg Simmel, di Ludwig Klages e del filosofo russo Lev Šestov, che aggiunse al suo sistema di pensiero la convinzione che la vita sia arbitraria.[7] Ammirava anche i cinici[12], gli stoici ed Epicuro[13]; successivamente studiò anche Heidegger, che però finì poi per ripudiare.[7]

Un francobollo commemorativo legionario della Guardia di Ferro, il movimento d'estrema destra cui Cioran aderì brevemente in gioventù.

Si laureò con una tesi sul filosofo francese Henri Bergson, di cui successivamente rifiutò il pensiero, asserendo che costui non aveva compreso l'intrinseca tragicità della vita.[14]

La borsa di studio in Germania, le prime opere e l'allontanamento dal fascismo

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Prima di pubblicare il suo primo libro, Pe culmile disperării (1934), ottenne una borsa di studio presso la fondazione Humboldt, grazie alla quale si trasferì a Berlino nel 1933, dove entrò in contatto con Nicolai Hartmann e Ludwig Klages, poi a Dresda e a Monaco di Baviera, dove assisté all'instaurazione della dittatura hitleriana e alla sua definitiva presa di potere nella notte dei lunghi coltelli (1934).[15]

Pur professando il suo scetticismo verso tutti gli idealismi e dichiarandosi persecutore dell'utopia, in quegli anni si entusiasmò di fronte al vitalismo e al misticismo dei nazisti:

«Alcuni dei nostri amici crederanno che sono diventato hitleriano per ragioni di opportunismo. La verità è che qui ci sono certe realtà che mi piacciono e sono convinto che la cialtroneria autoctona potrebbe essere arginata, se non distrutta, da un regime dittatoriale. In Romania solo il terrore, la brutalità e un'inquietudine infinita potrebbero far cambiare qualcosa. (...) È terribile essere romeno: non guadagni la fiducia affettiva di nessuna donna e gli uomini non ti prendono sul serio; anzi se sei intelligente ti prendono per un imbroglione.»

Al suo rientro in Romania, nel 1935, ebbe rapporti, fino alla vigilia della seconda guerra mondiale, con il locale movimento fascista della Guardia di Ferro, senza però aderirvi effettivamente.[7] In base ad una foto d'epoca si è sostenuto in maniera controversa, da parte di uno storico attivo sul web[17], che il giovane Cioran fosse stato ritratto in divisa da "legionario", accanto al leader del movimento, il Capitano Corneliu Zelea Codreanu[18]. È stato infatti smentito che la foto possa davvero ritrarre il filosofo rumeno, siccome questi, non avendo mai fatto mistero della sua passata vicinanza al movimento, arrivandone anzi a farsi un'impietosa ed inclemente autocritica su questa sua "infatuazione giovanile" (ebbe difatti a scrivere qualche anno dopo essersene allontanato: «Come ho potuto essere ciò che sono stato?»[19]), abbia sempre negato d'avervi militato come membro regolarmente iscritto (mentre l'immagine ritrae dei dirigenti) e bollando poi, nel secondo dopoguerra, la Guardia di Ferro «una setta delirante estranea ai veri rumeni, composta perlopiù da macedoni in esilio» guidati da uno «slavo» (Codreanu appunto, che in realtà era romeno-bavarese) che portavano avanti il nazionalismo rumeno a livello popolaresco, pur essendo una sorta di «cancro».[20]

Nonostante diversi storici avessero accettato l'ipotesi d'un Cioran "legionario", ripresa anche dal sito sulla Shoah olokaustos.org, in realtà da come si evince dalle didascalie originali della foto integrale conservata all'Archivio Nazionale di Bucarest, e riportato anche dalle ricerche più recenti sulla figura di Cioran, il giovane militante alla destra di Codreanu è il comandante Nicolae Constantinescu, uno dei responsabili dell'omicidio del primo ministro Ion Duca, e non il filosofo.[17][21]

Anche il fratello e la sorella del filosofo furono vicini al movimento ma, a dispetto del filosofo, non ne ripudiarono mai l'adesione. Lo stesso Aurel, infatti, vi aderì come militante regolare e, sottoposto nel 1948 a un processo farsa per collaborazionismo dalle nuove autorità comuniste, fu condannato a sette anni di carcere e otto di lavori forzati[22], ed in seguito brevemente internato in un ospedale psichiatrico. A differenza di Emil, non abbandonò mai le sue idee di estrema destra, nemmeno in età avanzata.[23]

Avvenne in questi anni, tra il 1936 ed il 1937, la pubblicazione dei successivi tre libri di Cioran in romeno, tra cui Schimbarea la față a României (Trasfigurazione della Romania), pubblicato alla fine del 1936, che gli valse l'etichetta di anti-semita (sebbene, nonostante alcuni accenti xenofobi, il libro sia principalmente l'espressione di un paradossale "regolamento di conti" con la società romena):

«Se fossi ebreo mi suiciderei all'istante. (...) si sono opposti con tutte le forze delle quali dispone il loro imperialismo sotterraneo, il loro cinismo e l'esperienza secolare. Il regime democratico della Romania ha avuto la sola missione di sostenere gli ebrei e il capitalismo giudaico-romeno»

Nello stesso periodo, però, prova simpatia anche per il bolscevismo russo, anche se non ne approva il materialismo.[25]

Nel 1936-1937 insegnò filosofia in un liceo maschile di Brașov: «l'unico anno della mia vita in cui mi sia capitato di lavorare.»[26] I suoi alunni lo consideravano un folle, e pensavano avesse la sifilide: egli fece un test e rimase deluso dal non averla contratta, poiché, a suo dire, era una malattia "prestigiosa".[27] Nel 1936 pubblica Cartea amăgirilor e, dopo La trasfigurazione della Romania, dà alle stampe il quarto libro, Lacrimi și sfinți (Lacrime e santi).

Nel 1938 la Guardia di Ferro, da cui Cioran si era distaccato, fu sciolta col colpo di Stato del re Carlo II di Romania, ma in seguito un nuovo golpe installò il regime parafascista del Conducător Ion Antonescu e del re Michele I, che finirà comunque nell'orbita nazista, e Codreanu fu assassinato in prigione. Già nel 1937 Cioran è però in Francia, dove assiste con preoccupazione allo scoppio della seconda guerra mondiale, e da dove, dal 1941, non si muoverà più. Dal 1940 in poi, e ancora di più nel dopoguerra, cambiò radicalmente idea anche sugli ebrei, definendo ognuno di loro come suo "fratello nel dolore", e ciò ancor prima che venisse fatta piena luce sullo sterminio avvenuto per mano nazista. Già all'epoca dell'invasione tedesca della Francia, egli aveva maturato una fortissima avversione per le sue precedenti idee, rinnegando il suo pamphlet del 1936 e vietandone sempre ogni ristampa, fino all'edizione "definitiva" del 1990, pubblicata dalla casa editrice Humanitas di Bucarest, in cui taglierà le parti maggiormente xenofobe, nazionaliste e razziste.[28] Alla fine degli anni '30, partecipò ad un congresso ebraico a Bucarest. Probabilmente, a mostrargli la vera natura del nazismo e dei fascismi, fu anche la persecuzione nella Francia occupata di un suo stretto amico ebreo romeno, lo scrittore Benjamin Fondane (nato Fundoianu), poi deportato ad Auschwitz, cosa che il filosofo cercò strenuamente, quanto inutilmente, di impedire.[25] Fondane era perseguitato dal 1940, ma nel 1944 fu infine arrestato dagli uomini del regime di Vichy, per non aver indossato la stella di David. Cioran, pur estraneo all'ambiente politico e letterario e riluttante a rivolgersi a membri dell'establishment, si recò da Jean Paulhan, un influente redattore della casa editrice Gallimard, per chiedergli di accompagnarlo al commissariato di polizia e provare a liberare Fondane, in quanto "letterato celebre di Francia" e di Romania, e appellandosi allo Statuto degli Ebrei che lo proteggeva come "ebreo francese coniuge di ariano". All'inizio, la polizia collaborazionista accettò le perorazioni di Cioran e Paulhan, e liberò lo scrittore, ma non la sorella Line, che Fondane si rifiutò di abbandonare. La polizia allora li consegnò entrambi alla Gestapo; Fondane non tornerà più da Auschwitz, dove morì pochi mesi dopo.[29]

Dopo aver abbandonato le idee fasciste professate per qualche anno in gioventù, spesso si domandò come avesse potuto scrivere certe cose, sotto l'influsso di quell'ambiente politico e probabilmente a causa delle condizioni psicologiche in cui versava a causa dell'insonnia[29][30], scrivendo al fratello Aurel:

«L'epoca in cui ho scritto Trasfigurazione della Romania è per me incredibilmente lontana. A volte mi domando se sia stato proprio io a scriverlo. In ogni caso, avrei fatto meglio ad andare a spasso nel parco di Sibiu... L'entusiasmo è una forma di delirio.[28]»

Nel 1956 dedicò agli ebrei un intero capitolo di La tentazione di esistere, intitolato "Un popolo di solitari":

«Essere uomo è un dramma; essere ebreo, un altro ancora. Così l'Ebreo ha il privilegio di vivere due volte la nostra condizione. (...) Durante tutto il Medioevo gli Ebrei si fecero massacrare perché avevano crocifisso uno dei loro. Nessun popolo ha pagato così caro un gesto sconsiderato, ma comprensibile, e tutto sommato naturale.[31]»

Nota la sua amicizia col poeta, scampato alla Shoah, Paul Celan. Cioran scrisse di essere "metafisicamente ebreo", e altre affermazioni filosemite: "Le uniche persone a cui sono legato profondamente sono ebrei. Dividiamo le stesse imperfezioni", "il rifiuto della cristianità degli ebrei può essere definito soltanto come brillante (...) la sola buona gente in Germania era ebrea. Ora che è morta, tutto che ciò che rimane è un tipo di mostro belga"[29], "l'antisemitismo è odioso e di una crudeltà inimmaginabile". Nel dopoguerra, non prese più posizioni politiche definite, anche se si definì un "liberale intrattabile".[32][33] e sostenne che "tutte le società sono cattive; vi sono dei gradi, lo riconosco, e se ho scelto questa in cui vivo [la democrazia francese] è perché so distinguere fra le sfumature del peggio."[34] Scettico comunque verso le democrazie occidentali, sosteneva che la civiltà europea e francese fossero al tramonto, e che il Primo Impero di Napoleone (1804-1815) fosse stata "l'ultima follia vitale" della Francia.[35]

Dopo il trasferimento in Francia e alcuni brevi rientri in Romania, nel 1940-1941 (in cui ripubblicò la Trasfigurazione aggiungendo un elogio funebre per Codreanu le cui esequie si tennero nel 1940, intitolato La vita interiore del Capitano) e qualche mese di servizio, come consigliere culturale, presso la legazione romena di Vichy (febbraio-maggio 1941), Cioran scelse di restare per sempre a Parigi, distaccandosi in questo periodo dalla vita politica della madrepatria, governata da Antonescu fino al 1944 a fianco delle Potenze dell'Asse, quando gli Alleati invasero la Romania. Nelle lettere private sono presenti numerose volte passaggi che segnano il distacco e il rinnegamento del fascismo e del proprio nazionalismo giovanile.

Il trasferimento definitivo in Francia

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21 rue de l'Odéon (punto rosso): all'ultimo piano, l'abitazione parigina di Emil Cioran (sinistra); l'ingresso del palazzo con foto di Cioran visibile sul portone (destra).

Nel 1937 si trasferì come detto in Francia con una borsa di studio dell'istituto francese di Bucarest per fare una tesi di dottorato.[7] Continuò a scrivere gli ultimi testi in romeno, la maggior parte rimasti inediti, fino alla fine della guerra. Nel 1946 il governo rumeno installato dai sovietici, con la monarchia disciolta definitivamente nel 1947, e a guida comunista con primo ministro Petru Groza, gli vietò il ritorno come ex "simpatizzante legionario". Cioran non rientrerà più in Romania, neanche dopo la rivoluzione romena del 1989 che depose il Conducător comunista Nicolae Ceaușescu, a causa di problemi di salute che lo colpiranno in età avanzata.[27] Cioran definì Ceaușescu "uomo spregevole (...) moralmente e sotto tutti i punti di vista", "catastrofe della Romania" e responsabile della corruzione del popolo rumeno.[36] Dal dopoguerra al 1989, quando il regime comunista rumeno lo privò della cittadinanza e divenne apolide, Cioran visse poi con lo status di rifugiato a Parigi, non chiedendo mai la naturalizzazione francese.[37]

Nel 1947, mentre stava facendo una traduzione dal francese al romeno di Mallarmé, decise che era senza senso e che da allora in poi avrebbe scritto solo in lingua francese.[38] Nel 1949 pubblicò il Sommario di decomposizione, opera che aveva già riscritto 4 volte prima di ritenerla pronta per la pubblicazione. L'attenzione e la cura posta nella scrittura in francese ne ha fatto uno dei migliori prosatori in questa lingua.[38] Dopo aver letto il manoscritto del Sommario, alcuni consulenti editoriali e critici ne rimasero "folgorati", colpiti dallo stile unico e inconsueto che apprezzarono molto: tra di essi André Gide.[39] Riguardo però al suo pensiero, in un'intervista del 1970 a François Bondy l'autore dichiarò che il meglio della sua dottrina era in lingua romena: «Un libro uscito a Bucarest nel 1934: Al culmine della disperazione, che contiene già tutto quello che verrà dopo. È il più filosofico dei miei libri.»[38]

A Parigi, grazie alle frequenti passeggiate a piedi o in bicicletta, l'insonnia migliorò leggermente. In Francia rimase comunque isolato dall'ambiente culturale dominante; criticò pesantemente l'esistenzialista marxista Jean-Paul Sartre, che spesso sedeva vicino a lui al Café de Flore, ma a cui non rivolgeva mai la parola. Albert Camus, meno distante filosoficamente da lui (si pensi al tema dell'assurdo), lo incitò un giorno a impegnarsi politicamente e socialmente, al che Cioran gli rispose pesantemente di andarsene a quel paese.[27][40] Cioran ricorda nei Quaderni anche il duro contrasto con Lucien Goldmann.[41]

Suoi amici nell'ambiente intellettuale parigino erano soprattutto Mircea Eliade (anche lui ex simpatizzante di Codreanu), grande storico delle religioni, e il drammaturgo Eugène Ionesco, connazionali esuli e parimenti avversi al comunismo rumeno. Le loro opere - soprattutto quelle di Cioran - furono in buona parte proibite al di là della "cortina di ferro".[27] Quanto a Sartre, nel Sommario di decomposizione, Cioran ne traccia un caustico e anonimo (ma riconoscibile) ritratto, una critica dell'intellettuale impegnato (sulla scia di quello che Schopenhauer, Nietzsche e Leopardi dicevano degli impegnati dei loro tempi): «impresario di idee», «pensatore senza destino», nel quale «tutto è notevole, salvo l'autenticità», «infinitamente vacuo e meravigliosamente ampio», ma proprio per questo capace, con un'opera che "degrada il nulla" come una merce, di soddisfare «il nichilismo da boulevard e l'amarezza degli sfaccendati».[39] Cioran parla ironicamente di Sartre anche nei Quaderni.[42]

A Parigi fu anche amico di Samuel Beckett, Henri Michaux, Éveline Mahyère (scrittrice suicida a 32 anni nel 1957), Gabriel Matzneff e dell'esistenzialista cristiano Gabriel Marcel. Tentò di esserlo anche con Paul Celan (poeta ebreo scampato ai nazisti, suicida nel 1970), che curò la versione tedesca del Sommario di decomposizione, ma sostenne che era impossibile, perché "tutto lo feriva". Nei Quaderni Cioran descrive con preoccupazione le frequenti crisi psichiche e il suicidio finale del poeta rumeno-ucraino.[43] Non ebbe invece un buon rapporto col suo fervente ammiratore Albert Caraco, anche lui filosofo nichilista e pessimista (che si tolse la vita a Parigi nel 1971), ma i due non si conobbero mai di persona.[44]

Cioran visse in povertà, prima, e in semplicità dopo il successo di vendite dei suoi libri, rifiutando ogni premio letterario, risiedendo in un appartamento a mansarda. A quanto riferisce Fernando Savater nel suo libro Contrattempi, Cioran avrebbe rifiutato nel 1981 anche il Nobel per la letteratura, che quindi quell'anno andò a Elias Canetti; accettò solo il "Premio Rivarol" nel 1950[7][45] e il Grand Prix de littérature Paul Morand dell'Académie française nel 1988.[46]

Negli anni ottanta ebbe una breve relazione sentimentale di quattro mesi con la giovane insegnante tedesca di filosofia Friedgard Thoma, senza per questo lasciare la compagna Simone Boué (conosciuta nel 1942), anche lei insegnante, la quale, come scrive lei stessa, divenne poi amica della Thoma.[47][48] All'epoca dell'incontro, Cioran aveva 72 anni e la Thoma 36. Nelle lettere raccolte dalla donna emerge un Cioran meno pessimista e più vitalista di quanto appaia nelle sue opere letterarie e filosofiche.[49]

La sepoltura a Montparnasse con la compagna Simone Boué

Colto dalla malattia di Alzheimer intorno agli anni novanta,[50][51] morì a Parigi il 20 giugno 1995 all'età di 84 anni dopo un lungo periodo di declino psicofisico[27] (iniziato nel 1993 con l'aggravarsi della patologia e una caduta domestica[52]), alcuni giorni dopo il ricovero all'ospedale Broca di rue Pascal 54; tra maggio e giugno era uscita la sua ultima intervista concessa qualche anno prima.[53]

È sepolto al cimitero di Montparnasse, che con il Père-Lachaise è il principale luogo di sepoltura di molti illustri intellettuali e artisti legati a Parigi, dove nel 1997 lo raggiunse, probabilmente suicida per annegamento nell'Oceano Atlantico[54], la compagna Simone Boué, morta l'11 settembre di quell'anno a Saint-Gilles-sur-Vie (Benjamin Ivry, ricordando che Boué soffriva di artrite reumatoide, che leniva facendo bagni ed esercizi, contesta però l'ipotesi del suicidio, e ritiene che sia annegata accidentalmente mentre nuotava sulle coste della Vandea). Al funerale di Cioran, una modesta commemorazione civile, intervennero alcuni rappresentanti del nuovo governo rumeno, qualche giornalista e una delegazione della casa editrice Gallimard.[55][56]

Poco dopo la morte di Cioran, Simone Boué rinvenne all'incirca trenta quaderni manoscritti nel suo appartamento, autorizzandone la pubblicazione. I Quaderni già pubblicati contengono un diario a partire dal 1957 sino al 1972 e oltre, l'anno in cui si fermano le edizioni attuali per problemi legali. La commercializzazione dei quaderni successivi al 1972 è stata bloccata dalla Corte d'Appello di Parigi dopo la morte della donna, a causa della controversia legale sull'eredità: la Boué fu nominata erede per testamento da Cioran, insieme al fratello superstite, Aurel, in parti uguali. Sia lo stato della Romania che gli eredi legali dell'uomo, morto anche lui nel 1997, sia i parenti francesi della moglie e gli editori, avanzano pretese sui diritti d'autore dei rimanenti quaderni. Altri scritti inediti, appunti estranei al fondo Gallimard e ai Quaderni, tratti da manoscritti in romeno conservati nel fondo Cioran della biblioteca Doucet di Parigi, sono stati invece pubblicati, dopo un lungo lavoro di curatela, nel volume Finestra sul nulla (2019).

Simone Boué favorì subito dopo la morte dello scrittore l'istituzione di una borsa di studio al CNL (Centre national du livre), per scrittori di lingua francese che avessero già pubblicato un'opera con a tema una riflessione personale, nello spirito di Cioran, su un soggetto di ordine generale.[57]

«Il paradiso geme al fondo della coscienza, mentre la memoria piange. Ed è così che si pensa al senso metafisico delle lacrime e alla vita come al dipanarsi di un rimpianto»

La filosofia come terapia

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«È strano che io stia tanto a parlare di suicidio mentre amo la vita come chiunque, più di chiunque.»

«Fino a quando dovremo ridire a noi stessi: "Esecro questa vita che idolatro?".»

Nell'ambito del pensiero filosofico, Cioran si colloca tra quelle figure che esulano dai canoni stabiliti dall'epoca e dai sistemi, e che non fanno parte di nessuna corrente o scuola. Il suo stile è caustico, diretto e profondamente emotivo, pieno di paradossi, contraddizioni e ossimori, poiché egli scrisse non per diffondere le proprie idee ad un pubblico, bensì per dissipare la propria sofferenza, derivante da un'insonnia costante che lo condusse sull'orlo del suicidio.

«L'insonnia è una vertiginosa lucidità che riuscirebbe a trasformare il Paradiso stesso in un luogo di tortura. Qualsiasi cosa è preferibile a questa allerta permanente, a questa criminale assenza di oblio. È durante quelle notti infernali che ho capito la futilità della filosofia. Le ore di veglia sono, in sostanza, un'interminabile ripulsa del pensiero attraverso il pensiero, è la coscienza esasperata da se stessa, una dichiarazione di guerra, un infernale ultimatum della mente a se medesima. Camminare vi impedisce di lambiccarvi con interrogativi senza risposta, mentre a letto si rimugina l'insolubile fino alla vertigine.»[59]

L'ammirazione per la concettualità filosofica occupò, in realtà, solo la più tenera formazione di Cioran. Appena ventunenne, quando pubblica Al culmine della disperazione, egli si rese conto come il ricorso alla filosofia fosse totalmente precario, che i suoi lineamenti concettuali incontrassero solo faticosamente le esigenze tragiche incarnate nella vita. Il ricorso a quella che può essere definita una forma di letteratura terapeutica, poiché solo grazie ad essa desistette dall'uccidersi, fu il vero riscatto nella vita del filosofo. Egli non amò tanto la scrittura in quanto atto poietico, ovvero in quanto produttrice di un'opera finita, ma in quanto activitas che dissolvendo lo stritolamento esistenziale consente la vivibilità della vita.[60]

«Camminare in una foresta tra due siepi di felci trasfigurate dall'autunno, ecco un trionfo. Che cosa sono al confronto suffragi e ovazioni?»

Dilaniato da contraddizioni insanabili, il pensiero di colui che si autodefinisce un filosofo urlatore si manifestò attraverso affermazioni volutamente provocatorie, e paradossali iperboli di humour nero[61] (ad esempio quando scrive ne L'inconveniente di essere nati che "il diritto di sopprimere tutti quelli che ci infastidiscono dovrebbe figurare al primo posto nella costituzione della città ideale"; "La mia visione dell'avvenire è così precisa che, se avessi dei figli, li strangolerei all'istante"; "Ero solo in quel cimitero che sovrasta il paese, quando entrò una donna incinta. Uscii subito, per non dover guardare da vicino quella portatrice di cadavere"; "Aver commesso tutti i crimini, tranne quello di essere padre"; "Quei figli che non ho voluto, sapessero la felicità che mi debbono").

Qualsiasi giudizio su questa figura del Novecento deve tener conto che egli ha fatto dello scandalo artistico uno stile di vita, dell'arte un'esplosione di sentimenti e della scrittura una valvola di sfogo prettamente personale.[62]

«Sono un filosofo urlatore. Le mie idee, ammesso che esistano, abbaiano; non spiegano nulla, strepitano. Per tutta la vita ho avuto il culto dei grandi tiranni immersi nel sangue e nel rimorso. Mi sono perso nelle Lettere per l'impossibilità di uccidere o di uccidermi. È stata solo questa incapacità, questa vigliaccheria a far di me uno scribacchino.»

Cioran aderisce ad una forma estrema di scetticismo filosofico pessimista e di relativismo, che sfocia nel nichilismo non attivo e indifferentista ("cadere nel menefreghismo dei morti" dice), per una precisa volontà di evitare passioni filosofiche, psicologiche e ideologiche, e utopie giovanili.

«Mi sono imposto una filosofia scettica per potere contrastare la mia natura infelice, i miei sgomenti, le mie reazioni umorali. In ogni momento ho bisogno di dominarmi, di frenare i miei impulsi, di combattere le indignazioni, alle quali non credo, anche se mi montano dal sangue o non so da dove. Lo scetticismo è un calmante, il più sicuro che abbia trovato. Vi ricorro in ogni occasione; se non lo avessi, esploderei nel senso proprio del termine.»

«La mia posizione sarebbe piuttosto vicina a quella di un umanista inconsolabile, furioso, devastato dalle contraddizioni e che, per gusto della maschera, traveste i suoi lamenti in sorrisi sprezzanti»

Recenti studi hanno rivalutato filosoficamente il pensiero di Cioran insistendo invece sul contributo decisivo del filosofo a temi centrali della tradizione filosofica occidentale come il nichilismo, la critica della nozione di progresso e il senso della Storia, la soggettività, l'estetica e la politica[64][65].

Il poeta Guido Ceronetti, amico di Cioran, lo soprannominò "squartatore misericordioso"[66], mentre il giornalista Ulderico Munzi lo definirà "l'ultimo cavaliere del nulla".[27]

«Tutti sono condannati, eppure tutti vanno avanti. In questo paradosso sta tutta la bellezza, tutta la giustificazione del mondo. [...] Spesso mi capita di pensare, durante una cena, in mezzo alla folla, a un concerto, in un giardino: «tutta questa gente è condannata a morire, non ha scampo». E questa ovvietà, a seconda dell'umore del momento, mi dà sollievo o mi prostra. [...] Sono un grande appassionato di biografie, come tutti quelli che non hanno una «vita».»

Cioran nasce in Romania che diventa, in seguito all'occupazione sovietica (1945), uno Stato a conduzione comunista, dopo aver sperimentato, negli anni 1938-1947, diversi regimi autoritari, dittature e forme autoctone di fascismo[67]. Una terra ricca di tradizioni e di superstizioni, il cui popolo, secondo Cioran, «è il più scettico che esista: è allegro e disperato al tempo stesso. Per ragioni storiche coltiva la religione del fallimento», aggiungendo: «ricordo della mia infanzia un tizio, un contadino al quale toccò una grande eredità. Passava la giornata di taverna in taverna, sempre ubriaco, accompagnato da un violinista che suonava per lui. Mentre gli altri andavano in campagna a lavorare, lui passeggiava di taverna in taverna, l'unico uomo felice al mondo. Quando sentivo il suono del violino correvo a vederlo passare, perché mi affascinava. Spese tutto in due anni e poi morì.»[68]

La lingua francese

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Nonostante un fortissimo senso d'appartenenza al paese d'infanzia («darei tutti i paesaggi del mondo per quello della mia infanzia»), Cioran, arrivato a Parigi nel 1937, nel Dopoguerra adottò il francese come lingua di scrittura, pubblicando il suo primo saggio in questa lingua (Précis de décomposition) nel 1949 da Gallimard. L'ultimo libro scritto in romeno fu Il breviario dei vinti.[69]

In "Storia e utopia" (1960) il filosofo spiega il suo rapporto conflittuale e resistente con questa lingua, dotata di «una sintassi d'una rigidità, d'una dignità cadaverica» e in cui non c'è «più alcuna traccia di terra, di sangue, d'anima.».[70]

Nel 2011, una raccolta delle sue opere è stata accolta nella prestigiosa Bibliothèque de la Pléiade, per Gallimard.

Nel 2012 le edizioni dell'Accademia Romena di Bucarest hanno pubblicato i primi due volumi delle sue Opere complete.

La nascita come sciagura

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(FR)

«Il n'y a plus d'êtres, il n'y a que ce pullulement de moribonds atteints de longévité, d'autant plus haïssables qu'ils savent si bien organiser leur agonie.»

(IT)

«Non vi è che questo pullulare di moribondi affetti da longevità, tanto più detestabili in quanto sanno organizzare così bene la loro agonia.»

L'atteggiamento di Cioran nei confronti dell'esistenza si estrinseca in un'apologia del non-essere e quindi del suicidio: vivere è una disgrazia e la nascita un'irrimediabile sciagura.

Disegno raffigurante Emil Cioran

Nell'opera L'inconveniente di essere nati del 1973 egli mette a fuoco la visione tragica dell'esistere e il suo pessimismo che è l'estremizzazione di quello di Schopenhauer dal quale trae anche l'interesse per il Buddhismo e la teorizzazione dell'incubo del dolore del vivere:

«"Tutto è dolore". La formula buddhista, modernizzata, suonerebbe: "Tutto è incubo". [....] Non mi perdono di essere nato. È come se, insinuandomi in questo mondo, avessi profanato un mistero, tradito un qualche impegno solenne, commesso una colpa di inaudita gravità. Mi capita però di essere meno perentorio: nascere mi appare allora una calamità che sarei inconsolabile di non aver conosciuto.[72]»

È questo l'assurdo che caratterizza il pensiero di Cioran: odiare la vita ma nello stesso tempo apprezzarne le esperienze, anzi considerarle irrinunciabili.[7]

Ma mentre valorizza in un certo senso i travagli dell'esistenza egli sente anche il fascino del nulla, dell'abisso originario.

«Nessuna differenza tra l'essere e il non-essere, se si percepiscono con pari intensità [....] Ci fu un tempo in cui il tempo non era ancora... Il rifiuto della nascita non è altro che la nostalgia di quel tempo anteriore al tempo.[73]»

«Il terrore di fronte all'avvenire si innesta sempre sul desiderio di provare quel terrore [....] Nascita e catena sono sinonimi [....] Non nascere è indubbiamente la migliore formula. Non è purtroppo alla portata di nessuno.[74]»

"Ardimentoso Disinganno"

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«Quando vedo qualcuno battagliare per una causa qualsiasi, cerco di sapere che cosa succede nella sua mente e da dove può derivare la sua mancanza così evidente di maturità. [...] Prendere sul serio le cose umane è segno di qualche segreta carenza.»

Non c'è dubbio che l'opera di Cioran, pur dispiegandosi in vari libri anche lontani tra loro in ordine di tempo e di argomento, sia pervasa totalmente da uno spirito crudele ma al contempo speranzoso, come il disinganno: crudele perché di fronte ad esso ogni fenomeno mondano sfocia nel fallimento, speranzoso perché niente è più istruttivo, in filosofia, del fallimento stesso ("una sola cosa conta: imparare ad essere perdenti", scrive ne L'inconveniente di essere nati).[7]

«La sola cosa che si dovrebbe insegnare ai giovani è che non c'è niente, diciamo quasi niente, da aspettarsi dalla vita. Sogniamo una Carta delle Delusioni che elenchi tutti i disinganni riservati ad ognuno, da affiggere nelle scuole.»

Gli scritti di Cioran hanno il marchio della vertigine e della lucidità, non sono scritti secondo finalità pedagogiche. E per questo risultano estremi, laconici epitaffi di un'esistenza casuale, priva di senso, permeata dall'amarezza.

«Vi sono notti in cui l'avvenire si abolisce, e di tutti i suoi momenti sussiste soltanto quello che sceglieremo per non più essere.[75]»

Emil Cioran fornisce al suicidio una lettura totalmente inedita. Esso, anziché costituire l'espressione massima di disillusione e disperazione di fronte ad un'esistenza invivibile, è paradossalmente ciò che consente la vita. Ciò è possibile nella misura in cui l'esistenza è percepita in termini assoluti come lacerante costrizione inevadibile; in tale prospettiva, il suicidio rappresenta il carattere più pieno della libertà esercitabile dall'uomo che, nell'impotenza vitale, ha in ogni momento l'onnipotenza della cessazione del Tutto, la negazione estrema di ogni alterità insostenibile. L'uomo, in ultima analisi, può sobbarcarsi il peso della vita solo nella misura in cui sa di poter recarsi la morte.

«Ricordo un'occasione in cui per tre ore ho passeggiato nel Lussemburgo con un ingegnere che voleva suicidarsi. Alla fine l'ho convinto a non farlo. Gli ho detto che l'importante era aver concepito l'idea, sapersi libero. Credo che l'idea del suicidio sia l'unica cosa che rende sopportabile la vita, ma bisogna saperla sfruttare, non affrettarsi a tirare le conseguenze. È un'idea molto utile: dovrebbero farci delle lezioni nelle scuole![76]»

L'ironia capace di cogliere l'assurdità della vita salva Cioran e i suoi lettori dal pessimismo e dal nichilismo. L'ironia e l'umorismo che l'accompagna rendono tollerabile l'esistenza che talvolta appare paradossale dandole un nuovo senso razionale da cui ricominciare a vivere senza inganni.[59]

«Non c'è nulla che giustifichi il fatto di vivere. Dopo essersi spinti al limite di se stessi si possono ancora invocare argomenti, cause, effetti, considerazioni morali, ecc.? Certamente no. Per vivere non restano allora che ragioni destituite di fondamento. Al culmine della disperazione, solo la passione dell'assurdo può rischiarare di una luce demoniaca il caos. Quando tutti gli ideali correnti - di ordine morale, estetico, religioso, sociale, ecc.- non sanno più imprimere alla vita una direzione né trovarvi una finalità, come salvarla ancora dal nulla? Vi si può riuscire solo aggrappandosi all'assurdo, all'inutilità assoluta, a qualcosa, cioè, che non ha alcuna consistenza, ma la cui finzione può creare un'illusione di vita».[77]»

Mostrare, non spiegare

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Caricatura di Cioran

Il sistema filosofico di Cioran consiste nel rinnegare il sistema stesso, le regole, il formalismo accademico: non pretende di spiegare e dimostrare ma solo mostrare cos'è la vita parlando di se stesso come uomo e non dell'astratta umanità.[7]

Varie e apparentemente incompatibili tra loro sono le strade del pensiero che egli percorre:

ma che conducono tutte ad un unico risultato: il fallimento che segna ogni vita e che le dà senso.

«Soffrire è produrre conoscenza»

Nonostante i riferimenti gnostici moderni secondo Antonio Castronuovo

«Non c'è segreto in Cioran, nessun messaggio esoterico, nessuna dottrina occulta o recondita, né materia da iniziati. E forte la propensione a collocarlo nella cerchia degli gnostici contemporanei, soprattutto per la sua visione del mondo come qualcosa di tenebroso; ma se pure, fu tra quelli leggeri, tra coloro che alla disperazione sanno accostare l'ironia. E in questo, nell'incontro del suo carattere con alcune insistenti necessità negative dell'animo moderno, egli ha saputo fondare una rete di complicità, una folla di ammiratori che percepisce ciò che di concreto emerge dall'opera, la piega teosofica dell'autorealizzazione, e quanto essa reclami una "uscita dal mondo". Nel caso di Cioran, questa uscita ha assunto l'aspetto di una scelta bohémienne fuori dal tempo, l'opzione di un'insuperabile solitudine.»

Insonnia e autoanalisi

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In Cioran pensiero e vita si sovrappongono spietatamente. Le notti passate ad occhi aperti hanno influito, come più volte riportato dallo scrittore stesso in quasi tutti i suoi libri, sullo sviluppo e sulla stesura delle opere stesse. Le notti insonni trascorse in letture e in taccuini riempiti forsennatamente hanno costruito e forgiato il pensiero attraverso la noia, eterna compagna, e la lucidità esasperata da una solitudine che proprio nelle ore notturne induce all'autoanalisi. Un'analisi di se stesso condotta senza risparmiare colpi, mirata a scrutare nei propri abissi e di conseguenza in quelli dell'umanità stessa.[7]

«Mi riprende la noia, la stessa che conobbi in certe domeniche della mia infanzia, e che poi ha devastato la mia adolescenza. Un vuoto che sopprime lo spazio e dal quale soltanto l'alcol potrebbe difendermi. Ma l'alcol mi è proibito, tutti i rimedi mi sono proibiti. E dire che mi ostino ancora! Ma in che cosa persevero? Certamente non nell'essere.»

«Il paradosso della mia natura è che provo amore per l'esistenza ma nello stesso tempo ogni mio pensiero è ostile alla vita. Ho sempre intuito e avvertito il lato negativo della vita, il vuoto di tutto. Ho essenzialmente sofferto di noia. Forse è una cosa innata in me, non posso farci niente. La parola francese che designa questa disposizione è assolutamente intraducibile: cafard. Io ho il cafard. Non si può fare niente per combatterlo. Deve passare da solo.»

Ed è proprio in questo contesto che entra in gioco un concetto, che sarà minimo comun denominatore, anche se in certe occasioni velato, di tutta la produzione cioraniana: il tempo, nelle sue diverse accezioni, tempo storico e tempo esistenziale.

«Tutti parlano di teorie, di dottrine, di religioni, insomma di astrazioni; nessuno di qualcosa di vivo, di vissuto di diretto. La filosofia e il resto sono attività derivate, astratte nel peggior senso della parola. Qui tutto è esangue. Il tempo si converte in temporalità, ecc. Un ammasso di sottoprodotti. D'altro canto gli uomini non cercano più il senso della vita partendo dalle loro esperienze, ma muovendo dai dati della storia o di qualche religione. Se in me non c'è niente che mi spinga a parlare del dolore o del nulla, perché perdere tempo a studiare il buddhismo? Bisogna cercare tutto in se stessi, e se non si trova ciò che si cerca, ebbene, si deve lasciar perdere. Quello che mi interessa è la mia vita. Per quanti libri sfogli, non trovo niente di diretto, di assoluto, di insostituibile. Dappertutto è il solito vaniloquio filosofico.[78]»

Non bisogna dimenticare che oltre al pessimismo e allo scetticismo di Cioran, che non si definisce come filosofo ma come un pensatore privato "Privatdenker", va valutato Cioran quale profondo conoscitore della filosofia.

Fu studioso dell'illuminismo e dei memorialisti francesi del periodo (ad esempio Diderot e l'abbé Morellet), dei Padri della Chiesa e dei filosofi scettici (pirroniani), ma anche della filosofia pessimista tedesca di Schopenhauer, Mainländer, Nietzsche, Otto Weininger, Georg Simmel, Oswald Spengler, Dilthey e dei mistici e della mistica, anche per i suoi contatti con Mircea Eliade (storico delle religioni e dello sciamanesimo), come Meister Eckhart, Teresa d'Avila, poi Kierkegaard e Lev Šestov.[7] Tra le sue ispirazioni vi sono anche l'esistenzialismo di Heidegger, Henri Bergson che poi abbandonerà, gli utopisti Tommaso Moro, Fourier, Cabet, Campanella, ma anche Pascal, de Maistre (di cui critica la concezione cattolica ma di cui ammira l'avversione alla Rivoluzione francese e lo stile[79]), Montaigne e la grande letteratura con citazioni di Baudelaire, Poe, Mallarmé, Shakespeare, Shelley, Dostoevskij, Fitzgerald, Dante[80] e Leopardi.[7] Cioran ammirava molto anche la figura dell'imperatrice austro-ungarica Elisabetta di Baviera (nota come Sissi), con cui condivideva il fascino da straniero verso l'Ungheria.[81]

Cioran stesso invitava a cercare la verità su di sè nella corrispondenza, anziché nelle opere, che possono essere una maschera. La più grande raccolta di lettere a livello mondiale[82] di Emil Cioran, è apparsa in Italia con il titolo Il nulla per tutti. Lettere ai contemporanei. In questa raccolta - che rappresenta un inedito assoluto, con lettere scoperte, trascritte e tradotte dal curatore del testo Vincenzo Fiore[83] - si scopre il rapporto epistolare di Cioran con grandi intellettuali del Novecento, fra cui: Samuel Beckett, Paul Celan, Ernst Jünger, Gabriel Marcel, François Mauriac, Carl Schmitt, Elie Wiesel, Susan Sontag, Marguerite Yourcenar e Maria Zambrano. Molte delle lettere qui pubblicate hanno trovato luce per la prima volta grazie al lavoro dello studioso e docente italiano[84][85].

Attraverso queste testimonianze è possibile approfondire, colmare lacune e addentrarsi nei retroscena delle opere e della vita di Cioran, toccando le vette più intime della sua disperazione e immergendosi nel suo disinganno quotidiano. Ricostruendo così parti oscure o poco chiare della sua biografia[86].

scritte in lingua rumena

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  • Al culmine della disperazione (Pe culmile disperării, 1934), trad. di Fulvio Del Fabbro e Cristina Fantechi, Milano, Adelphi, 1998.
  • Il libro dei deliri (Cartea amăgirilor), București, 1936.
  • Schimbarea la față a României, București, 1936.
  • Lacrime e santi (Lacrimi și sfinți, 1937), trad. di Diana Grange Fiori, a cura di S. Stolojan, Milano, Adelphi, 1990.
  • Il crepuscolo dei pensieri (Amurgul gândurilor, 1940), traduzione di Cristina Fantechi, Collana Biblioteca n.764, Milano, Adelphi, 2024, ISBN 978-88-459-3914-3.
  • Sulla Francia (Despre Franƫa [1941], 2011), trad. di Giovanni Rotiroti, Roma, Voland, 2014, ISBN 978-88-624-3164-4.
  • Breviario dei vinti (Îndreptar pǎtimaṣ [1941-1944], 1991), cura e Postfazione di Roberto Scagno, trad. di Cristina Fantechi, Roma, Voland, 2019, ISBN 978-88-624-3360-0.
  • Breviario dei vinti II. 70 frammenti inediti (Îndreptar pǎtimaṣ, II, [1941-44], in rumeno, 1991; in francese, 2011), trad. e cura di Cristina Fantechi, Roma, Voland, 2016, ISBN 978-88-624-3200-9.
  • Singurătate și destin (antologia di testi a cura di Dan C. Mihăilescu, con articoli pubblicati sulla stampa tra le due guerre mondiali), ed. Humanitas, București, 1992.
  • Scrisori către cei de-acasă, ed. Humanitas, București, 1995.
  • Divagazioni (Razne [1945-46], 2012), trad. di H. C. Cicortaș, Torino, Lindau, 2016, ISBN 978-88-670-8575-0.
  • Finestra sul Nulla (Fenêtre sur le Rien, 2019), a cura e traduzione di Nicolas Cavaillès, trad. di Cristina Fantechi, Milano, Adelphi, 2022, ISBN 978-88-459-3699-9. [edizione stabilita sul manoscritto rumeno conservato nel Fondo Cioran della Biblioteca Jacques Doucet di Parigi]

scritte in lingua francese

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  • Sommario di decomposizione (Précis de décomposition, 1949), trad. di Mario Andrea Rigoni e Tea Turolla, Milano, Adelphi, 1996.
  • Sillogismi dell'amarezza (Syllogismes de l'amertume, 1952), trad. di Cristina Rognoni, a cura di M.A. Rigoni, Milano, Adelphi, 1993.
  • La tentazione di esistere (La Tentation d'exister, 1956), trad. di Lauro Colasanti e Carlo Laurenti, Milano, Adelphi, 1984.
  • Storia e utopia (Histoire et Utopie, 1960), trad. di Mircea Popescu, Milano, Edizioni del Borghese, 1969; a cura di Mario Andrea Rigoni, Milano, Adelphi, 1982.
  • La caduta nel tempo (La Chute dans le temps, 1964), trad. di Tea Turolla, Milano, Adelphi, 1995.
  • Il funesto demiurgo (Le Mauvais Démiurge, 1969), trad. di Diana Grange Fiori, Milano, Adelphi, 1986. [col titolo I nuovi dèi, trad. di Mircea Popescu, Milano, Edizioni del Borghese, Milano, 1971]
  • Valéry face à ses idoles, 1970; « Essais et Philosophie », Paris, L'Herne, 2007.
  • L'inconveniente di essere nati (De l'inconvénient d'être né, 1973), trad. Luigia Zilli, Milano, Adelphi, 1991.
  • Saggio sul pensiero reazionario. A proposito di Joseph de Maistre (Essai sur la pensée réactionnaire. À propos de Joseph de Maistre, 1977), traduzione di R. De Benedetti, Collana Le api n.46, Milano, Medusa Edizioni, 2018, ISBN 978-88-769-8430-3.
  • Squartamento (Écartèlement, 1979), trad. di Mario Andrea Rigoni, Nota introduttiva di Guido Ceronetti, Milano, Adelphi, 1981.
  • Ébauches de vertige, 1979, pp.126.
  • Vacillamenti (Vacillations, 1979), scritto con Pierre Alechinsky, a cura di Barbara Scapolo, Milano-Udine, Mimesis, 2010, ISBN 978-88-575-0166-6.
  • Face aux instants, L'Ire des vents, 1985, pp.28.
  • Esercizi di ammirazione. Saggi e ritratti (Exercices d'admiration, 1986), trad. di Mario Andrea Rigoni e Luigia Zilli, Milano, Adelphi, 1986.
  • Confessioni e anatemi (Aveux et Anathèmes, 1987), trad. di Mario Bortolotto, Milano, Adelphi, 2007.
  • Poursuivis par nos origines, ill. Ion Nicodim, Paris, Grand Rue, 1990, pp.40.
  • Entretiens, Paris, José Corti, coll. « En lisant en écrivant », 1990, 92 p.
  • Entretiens, Gallimard, coll. « Arcades », 1995, 319 p.
  • Antologia del ritratto da Saint-Simon a Tocqueville (Anthologie du portrait. De Saint-Simon à Tocqueville, 1996), trad. di Giovanni Mariotti, Milano, Adelphi, 2017, ISBN 978-88-459-3196-3.
  • Quaderni 1957-1972 (Cahiers, 1957-1972, 1997), trad. di Tea Turolla, Adelphi, Milano, Adelphi, 2001, ISBN 978-88-459-1615-1.
  • Taccuino di Talamanca. Ibiza 31 luglio - 25 agosto 1966 (Cahier de Talamanca, 2000), trad. di Cristina Fantechi, a cura di V. Von Der Heyden-Rynsch, Milano, Adelphi, 2011, ISBN 978-88-459-2578-8.
  • Solitude et destin, Paris, Gallimard-Arcades, 2004, pp.434.
  • Fascinazione della cenere. Scritti sparsi (1954-1991), a cura di Mario Andrea Rigoni, Padova, Il notes magico, 2005, ISBN 978-88-883-4111-8.
  • Exercices négatifs : En marge du précis de décomposition, Paris, Gallimard, 2005, pp.227.
  • Œuvres, Édition de Nicolas Cavaillès avec la collaboration d'Aurélien Demars, Bibliothèque de la Pléiade n° 574, Paris, Gallimard, 17 novembre 2011, pp. 1728, ISBN 978-20-701-2625-5.[87] [contiene: Précis de décomposition - Syllogismes de l'amertume - La Tentation d'exister - Histoire et utopie - La Chute dans le temps - Le mauvais démiurge - De l'inconvénient d'être né - Écartèlement - Aveux et anathèmes - Exercices d'admiration. Appendices : Premiers textes français - En marge du «Précis de décomposition» - L'Élan vers le pire]
  • Taccuino per stenografia (1937-1938), a cura di A. Gennaro, Collana Minima, Milano-Udine, Mimesis, 2022, ISBN 978-88-575-9219-0.

Conversazioni e interviste

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  • Un apolide metafisico. Conversazioni, trad. di Tea Turolla, Adelphi, Milano, Adelphi, 2004, ISBN 978-88-459-1933-6.
  • Luoghi ritrovati- E.M. Cioran e P. Tutea a confronto, trad. dal rumeno di Cristina Fantechi, a cura di Fulvio Del Fabbro, Porretta Terme, I Quaderni del Battello Ebbro, 1995.
  • Al di là della filosofia. Conversazioni su Benjamin Fondane, trad. di Irma Carannante, a cura di Antonio Di Gennaro, postfazione di Giovanni Rotiroti, Milano-Udine, Mimesis, 2014, ISBN 978-88-575-2522-8.
  • L'intellettuale senza patria. Intervista con Jason Weiss, trad. di Pierpaolo Trillini, a cura di Antonio Di Gennaro, Milano-Udine, Mimesis, 2014.
  • Vivere contro l'evidenza. Intervista con Christian Bussy, trad. di Massimo Carloni, a cura di Antonio Di Gennaro, Napoli, La scuola di Pitagora, 2014, ISBN 978-88-654-2652-4.
  • La speranza è più della vita. Intervista con Paul Assall, trad. di Stefania Achella, a cura di Antonio Di Gennaro, Milano-Udine, Mimesis, 2015.
  • Tradire la propria lingua. Intervista con Philippe D. Dracodaїdis, trad. di Massimo Carloni, a cura di Antonio Di Gennaro, nota introduttiva di P.D. Dracodaidis, Napoli, La scuola di Pitagora, 2018, ISBN 978-88-654-2653-1.
  • I miei paradossi. Intervista con Leonhard Reinisch, trad. di Annunziata Capasso e Mattia Luigi Pozzi, a cura di Antonio Di Gennaro, Napoli, La scuola di Pitagora, 2017-2018, ISBN 978-88-654-2654-8.
  • Ultimatum all'esistenza. Conversazioni e interviste (1949-1994), trad. di Vincenzo Fiore e Marisa Salzillo, a cura di Antonio Di Gennaro, Napoli, La scuola di Pitagora, 2020, ISBN 978-88-654-2750-7.
  • L'amico lontano (L'Ami lointain: Paris, Bucarest, 1991), scritto con Constantin Noica, trad. di Roberta Ferrara, Bologna, Il Mulino, 1993, ISBN 978-88-150-3856-2.
  • Mon cher ami. Lettere a Mario Andrea Rigoni, 1977-1990, trad. di Mattia Venturato, introduzione e note a cura di Raoul Bruni, Padova, Il notes magico, 2007, ISBN 978-88-883-4115-6.
  • Lettres à Armel Guerne, 1961-1978, préf. Vincent Piednoir, Pasis, L’Herne, 2011, pp.386.
  • Lettere al culmine della disperazione, 1930-1934, a cura di Giovanni Rotiroti, trad. di Marisa Salzillo, postfazione di Antonio Di Gennaro, Milano-Udine, Mimesis, 2013, ISBN 978-88-575-1641-7.
  • L'agonia dell'Occidente. Lettere a Wolfgang Kraus (1971-1990), a cura di Massimo Carloni, trad. di Paolo Trillini, Milano, Bietti, 2014, ISBN 978-88-824-8314-2.
  • Il nulla. Lettere a Marin Mincu (1987-1989), a cura di Giovanni Rotiroti, Milano-Udine, Mimesis, 2014, ISBN 978-88-575-1997-5.
  • Ineffabile nostalgia. Lettere al fratello 1931-1985, a cura di Massimo Carloni e Horia Corneliu Cicortaş, Milano, Archinto, 2015, ISBN 978-88-776-8653-4.
  • Un'altra verità. Lettere a Linde Birk e Dieter Schlesak (1969-1986), traduzione di M. Carloni e M.L. Pozzi, a cura di A. Di Gennaro, Milano-Udine, Mimesis, 2016, ISBN 978-88-575-3572-2.
  • Tra inquietudine e fede. Corrispondenza 1967-1992, con George Bălan, trad. di Ionuţ Marius Chelariu, a cura di Antonio Di Gennaro, Milano-Udine, Mimesis, 2017, ISBN 978-88-575-4148-8.
  • L'insonnia dello spirito. Lettere a Petre Tutea (1936-1941), a cura di A. Di Gennaro, Milano-Udine, Mimesis, 2019, ISBN 978-88-575-5404-4.
  • Una segreta complicità. Lettere 1933-1983, con Mircea Eliade, a cura di M. Carloni e H.C. Cicortaş, Collezione La collana dei casi n.132, Milano, Adelphi, 2019, ISBN 978-88-459-3425-4.
  • L'orgoglio del fallimento. Lettere ad Arsavir e Jeni Acterian, a cura di A. Di Gennaro, Collana Volti, Milano-Udine, Mimesis, 2021, ISBN 978-88-575-7301-4.
  • Éparpillements épistolaires, trad. Nicolae Tafta, préf. Ionel Necula, coll. « Terre vaste », éditions Tarabuste, 2021.
  • Il nulla per tutti. Lettere ai contemporanei, a cura di Vincenzo Fiore, Milano-Udine, Mimesis, 2024, ISBN 979-12-223-1070-1.
  1. ^ La "M" di E.M.Cioran, in generale accettata come Emil Mihai (Michele/Michel) Cioran è stata messa in discussione come un vezzo dello scrittore (il cui nome vero era semplicemente Emil Cioran, come risulta dal passaporto del 1934), che utilizzò questa firma - o in alternativa E.M. Cioran, in onore di E. M. Forster cfr. Sanda Stolojan, Nori peste balcoane. Jurnal din exilul parizian, București, ed. Humanitas, 1996, p. 191.; - per la pubblicazione delle traduzioni. In francese a volte è citato come Émìle Cioran
  2. ^ Cioran: la morte dell'utopia
  3. ^ Cioran reputava fondamentale la sua scoperta giovanile di Heidegger e l'aver letto le sue opere ma, rispetto al suo stile di scrittura criptico, affermava che «Heidegger mi ha insegnato come "non" si deve scrivere».
  4. ^ L'amico italiano il saggista e scrittore Mario Andrea Rigoni gli fece conoscere i Canti e le Operette morali, che Cioran apprezzò, tanto da mettere la traduzione francese de L'infinito, in un quadretto appeso nella sua mansarda. (Cfr. Le vie parallele di Cioran e Leopardi, intervista a Mario Andrea Rigoni di Antonio Castronuovo)
  5. ^ Cioran l'antiprofeta - recensione
  6. ^ Edizione Adelphi, 2011, pp. 34-35
  7. ^ a b c d e f g h i j k l m n o p q r s Emil Cioran. La vita e la carriera, su culturaromena.it. URL consultato il 27 dicembre 2013.
  8. ^ La città, nel 1910, aveva 33.000 abitanti, di cui il 50% di origine tedesca, il 26% rumena ed il 22% ungherese. Oggi ha 170.000 abitanti, dei quali meno del 2% sono di origine tedesca, e si trova nella regione dei Siebenbürgen (Transilvania in tedesco), già dal 1211 teatro di colonizzazione tedesca detta “sassone” (in realtà con coloni provenienti dalle regioni occidentali della Germania: dal Reno-Mosa, Fiandre, Vallonia, Lussemburgo, Alsazia).
  9. ^ Metafisica dell'addio. Studi su Emil Cioran
  10. ^ Cioran, l'enigma dell'ateo-credente, Rosita Copioli
  11. ^ 8 luglio 1958
  12. ^ scriverà che "I cinici sono i santi del paganesimo"
  13. ^ Emil Cioran, Quaderni 1957-1972, Milano, Adelphi, 2001, pag. 179
  14. ^ Biography of Cioran Archiviato il 28 dicembre 2013 in Internet Archive.
  15. ^ Così l'inquieto Emil Cioran cedette al fascino del Führer
  16. ^ Il Giornale, articolo citato
  17. ^ a b Nu-mi plac falsificatorii
  18. ^ La "Guardia di Ferro" Archiviato il 25 giugno 2014 in Internet Archive.
  19. ^ In memorial Emil Cioran
  20. ^ E. Cioran, Un apolide metafisico, pp. 16-17
  21. ^ La fotografia con le didascalie: Costantinescu è il numero 2; Si confronti con la foto processuale alcuni anni dopo, in cui è il primo dei tre capi dei Nicadori (squadroni della morte della Legione): [1]
  22. ^ Si veda il carteggio: Emil Cioran: Ineffabile nostalgia. Lettere al fratello 1931-1985, Archinto, pagg.176
  23. ^ Renzo Rubinelli: «Aurel Cioran, il mio fratello rimasto a casa», in Întâlniri cu Cioran, a cura di Marin Diaconu, Mihaela Genţiana Stănişor, editore Fundaţia Naţională pentru Ştiinţă şi Artă, Bucarest, 2011.
  24. ^ in: Emanuela Costantini, Nae Ionescu, Mircea Eliade, Emil Cioran: antiliberalismo nazionalista alla periferia d'Europa, Morlacchi, 2005, pag. 180
  25. ^ a b Costantini, op. cit., pp. 180-183
  26. ^ Cultura romena
  27. ^ a b c d e f Ulderico Munzi, Cioran - L'ultimo cavaliere del nulla, Corriere della Sera, 1995, riportato su tuttocioran.com
  28. ^ a b Fabio Gambaro, Quando Cioran si infatuò del nazismo, su ricerca.repubblica.it. URL consultato il 27 dicembre 2013.
  29. ^ a b c Cioran, l'ebreo metafisico
  30. ^ Cioran: da razzista fanatico a pessimista scettico
  31. ^ Un popolo di solitari, in E.M. Cioran, La tentazione di esistere
  32. ^ Cioran, l'uomo sedotto dal nulla
  33. ^ Recensione di Storia e utopia
  34. ^ E. Cioran, Storia e utopia, capitolo II, Su due tipi di società: lettera ad un amico lontano
  35. ^ "La Francia ha cominciato a decadere da quando si è gettata nelle braccia della democrazia. Il Primo Impero è stata la sua ultima follia vitale. Da allora è finita. L'Inghilterra è arrivata prima grazie al conformismo e alla stupidità illuminata dei suoi abitanti. La Svizzera è un paese nato morto. Il virus della libertà [...] è la fine dei popoli. Finis Europae, come diceva un mago, il Sâr Péladan. Dal momento che il virus è entrato nel sangue, ils sont foutus. Absolument. [...] i barbari stessi si sono oramai contagiati al virus della libertà. Il disgelo, appunto, e col disgelo la valanga, l'apocalisse: l'invasione cinese, l'invasione africana." (Intervista del 1965)
  36. ^ "Ceausescu era un uomo spregevole […] ha distrutto la Romania, fondamentalmente, questo tizio. Moralmente e sotto tutti i punti di vista […]. Ci hanno provato [ad attirarmi], ma ho rifiutato. Neanche per sogno! Era veramente… Quest’individuo è stato una catastrofe per la Romania, l’ha corrotta moralmente… un popolo che è stato corrotto!" (E. Cioran, Ultimatum all'esistenza)
  37. ^ Emil Cioran e letteratura rumena: cultura apolide al Salone del Libro Archiviato il 28 dicembre 2013 in Internet Archive.
  38. ^ a b c Cioran, tra aforismi e nichilismo, su treccani.it. URL consultato il 27 dicembre 2013 (archiviato dall'url originale il 28 dicembre 2013).
  39. ^ a b E.M. Cioran. La rivincita dell'anti-Sartre
  40. ^ Secondo Ulderico Munzi, al Café Flore incontrò Albert Camus che gli disse: “è ora che lei entri nella circolazione delle idee”. E Cioran rispose: “Vai a farti fottere”
  41. ^ Annotazione del 5 ottobre 1970
  42. ^ "L'altro giorno, in rue Médicis, ho visto passare Sartre a braccetto di una bionda appariscente. Era tronfio, tutto in ghingheri, vestito all’italiana, con scarpe a punta e tacco alto. A vederlo così, arzillo e pimpante, ho provato un senso di disagio. Per la sua bruttezza? Non proprio, dato che, evidentemente, ha un gran fascino. Per la verità non riesco a spiegarmi questo disagio, ma immagino che sia simile a quello che dovevano provare davanti a Voltaire i suoi contemporanei, vagamente abbagliati e sicuramente esasperati dalla mostruosa notorietà del vecchietto". (E. Cioran, Quaderni 1957-1972, 28 aprile 1966)
  43. ^ Mario Ajazzi Mancini, A nord del futuro: scritture intorno a Paul Celan, Ed. Clinamen, 2009, p.46
  44. ^ «Caraco per anni mi ha inviato i suoi libri con dediche lunghe e solenni nelle quali diceva che lui e io eravamo i "grandi incompresi" del nostro tempo. In questo modo ha finito coll'esasperarmi, e un giorno li ho gettati nella spazzatura. Ho letto recentemente Madame mère est morte [ndr: testo confluito in Post mortem di Caraco]: è notevole, ma gli altri libri erano splendidamente scritti e vuoti». (E. Cioran, Mon cher ami. Lettere a Mario Andrea Rigoni, edizioni Il Notes Magico, 2007, pp. 76-77).
  45. ^ Corriere della sera, 23 maggio 1995
  46. ^ Grand Prix de Littérature Paul Morand, su academie-francaise.fr. URL consultato il 15 gennaio 2020.
  47. ^ La storia del rapporto è alla base del libro di Friedgard Thoma, Per nulla al mondo. Un amore di Cioran
  48. ^ Foto con Cioran, Simone Boué e Friedgard
  49. ^ L'apocalisse può attendere. La passione brucia ancora
  50. ^ Raccolta di scritti su Emil Cioran
  51. ^ L’ultimo amore di Cioran al culmine della disperazione
  52. ^

    «In un giorno di metà febbraio del 1993, da qual che parte nel Quartiere Latino di Parigi, un uomo anziano ed emaciato, dai capelli ondulati e dallo sguardo affilato, siede su un marciapiede. Si è perso. Non ricorda l’indirizzo della propria abitazione, e il suo stesso quartiere gli appare ora sconosciuto. Alla fine viene ricondotto a casa. Dopo pochi giorni l’uomo smette di mangiare e, dopo una caduta accidentale, viene ricoverato in ospedale: è lucido solo a tratti e ben di rado riconosce chi gli sta attorno. A un certo punto, ha cessato­ completamente di parlare. Emil Cioran muore il 20 giugno del 1995, dopo essere scivolato nel coma. Per Cioran, il filosofo crepuscolare che asserì che "il più libero di tutti è colui che è nato morto", la fine giunse senza alcun retrogusto melodrammatico, bensì in modo graduale, addirittura banale.»

  53. ^ L'ultima intervista di Cioran
  54. ^ Così il pessimista assaporava il proibito
  55. ^ In memoria di Cioran
  56. ^ Ilinca Zarifopol-Johnston et al., Searching for Cioran, 2010
  57. ^ Bourse Cioran - Centre National du Livre, su centrenationaldulivre.fr. URL consultato il 31 dicembre 2013 (archiviato dall'url originale il 1º gennaio 2014).
  58. ^ Emil Cioran , Lacrime e santi, Adelphi 1986, p.92
  59. ^ a b E.M. Cioran, Al culmine della disperazione, ed. Adelphi - Collana: Biblioteca Adelphi, 1998 - ISBN 978-88-459-1414-0
  60. ^ Intervista a Cioran di R. Arquès in M.A. Rigoni, In compagnia di Cioran, Padova, 'Il notes magico, 2004 pp.77, 79, 80-81, 86-87
  61. ^ Fabio Scotto, La voce spezzata, Donzelli Editore, p. 75
  62. ^ E. Cioran, Quaderni 1957-1972, Milano, Adelphi 2001, pag. 229
  63. ^ Emil Cioran, Il nulla per tutti. Lettere ai contemporanei, traduzione di Vincenzo Fiore, 2024
  64. ^ Rossano Pecoraro, La filosofia del voyeur. Estasi e Scrittura in Emil Cioran, Salerno/Napoli, Il Sapere, (1999)
  65. ^ R. Pecoraro, Cioran: a filosofia em chamas. Volume 179 of Coleçào Filosofia, EDIPUCRS
  66. ^ G. Ceronetti, Introduzione a E. M. Cioran, Squartamento, Adelphi
  67. ^ Roberto Balzani, Alberto De Bernardi, Storia del mondo contemporaneo, Editori Pearson, Paravia, Bruno Mondadori, 2003 pag.161
  68. ^ F. Savater, Cioran un angelo sterminatore, trad. it. C.M. Valentinetti, ed. Frassinelli (collana Noche oscura),1998, ISBN 978-88-7684-495-9
  69. ^ Filosofia. C’è vita nei meandri del Cioran tragico, su www.avvenire.it, 15 settembre 2024. URL consultato il 18 settembre 2024.
  70. ^ E.M. Cioran, Storia e utopia, a cura di M.A. Rigoni, Piccola Biblioteca, Milano, Adelphi, 1982
  71. ^ Capitolo "Désir et horreur de la gloire", in: Emil Cioran, Œuvres (1995), 45 ill., 1820 pp. ISBN 978-2-07-074166-3, pag. 1120
  72. ^ E. Cioran, L'inconveniente di essere nati, ed. Adelphi, Milano 1973, pagg.20-21
  73. ^ E, Cioran, Op. cit., p. 22
  74. ^ E. Cioran, Op. cit., pp. 186-187
  75. ^ E.M. Cioran, Il funesto demiurgo, trad.it. Grange Fiori D.,Editore: Adelphi, 1986
  76. ^ Intervista a Cioran di R. Arquès in M.A. Rigoni, In compagnia di Cioran, Padova, ed. Il notes magico, 2004
  77. ^ Ibidem
  78. ^ E. Cioran, Quaderni 1957-1972
  79. ^ "Ritengo che il saggio su De Maistre sia il mio testamento politico. De Maistre è un pretesto di cui mi sono servito, perché è uno scrittore estremo in tutto, grandissimo, ma anche assolutamente demente. La mia è una analisi che tende a una riflessione molto pessimista della storia, dove non ci sono né ipotesi né conclusioni. Un testo inutilizzabile, vuoi da sinistra che da destra. Quel che mi interessava soprattutto in De Maistre erano le sue idee sulla rivoluzione... A quell'epoca ero molto di più dalla parte della rivoluzione di quanto lo sono oggi. Poi ho fatto molte letture che mi hanno indotto a guardare la rivoluzione sotto un altro aspetto. Per esempio, per capire cos'è stata la Rivoluzione francese, non bisogna leggere i libri di storia, bisogna leggere i memorialisti del tempo, come l'abbé Morellet. È lì, nella cronaca quotidiana, che si misura tutta l'atrocità di quel che è successo" Cfr. anche Cioran e de Maistre. Riguardo alla rivoluzione, scrisse nel 1972, sulla Nouvelle Revue Française, alcune considerazioni Sur l’inutilité des révolutions: "Annientare dona una sensazione di potere, lusinga di ciò che è oscuro, originaria in noi. Non è costruendo ma polverizzando che indoviniamo le segrete soddisfazioni di un dio. Da qui l’attrazione verso il distruggere, le illusioni che suscita negli entusiasti di tutte le età. [...] ciò che mi irrita della grande Rivoluzione è che è tutta una messa in scena, i suoi protagonisti si muovono come attori nati, la ghigliottina non è che una decorazione. La storia della Francia, nel suo insieme, sembra una storia creata a comando, una storia per gioco, tutto è perfetto dal punto di vista teatrale. È una rappresentazione, una serie di gesti grandiosi, di eventi che vanno ammirati più che sofferti, lo spettacolo di dieci secoli. Da qui l’impressione di frivolezza che dà perfino il Terrore, visto da lontano"
  80. ^ "L'Inferno – esatto come un verbale. Il Purgatorio – falso come ogni allusione al Cielo. Il Paradiso – sfoggio di invenzioni e di insulsaggini… La trilogia di Dante è la maggiore riabilitazione del diavolo che un cristiano abbia intrapreso." in Sillogismi dell'amarezza
  81. ^ "L'imperatrice Elisabetta appartiene alla mia biografia spirituale". (Da una lettera a Wolfgang Kraus, Parigi, 18 dicembre 1978, ne L'agonia dell'occidente. Lettere a Wolfgang Kraus (1971-1990), a cura di George Guțu e Gertrude Kothanek, edizione italiana a cura di Massimo Carloni, traduzione di Pierpaolo Trillini e Corneliu Cicortas, Bietti, Milano, 2014. ISBN 978-88-8248-314-2); "Sissi è il simbolo di un mondo condannato. Lei stessa era troppo raffinata, troppo nobile, troppo – senza posterità. Una sorta di maledizione pesava sulla sua famiglia e quasi su tutta la cultura alla quale apparteneva. Se fosse questione soltanto della sua vita, della sua personale esistenza, già varrebbe la pena di occuparsene. Ma, dopotutto, si tratterebbe semplicemente di un caso. Sissi invece è al tempo stesso un caso e un simbolo. Per questo non la si può trascurare. Come fenomeno umano fu la figura più affascinante di una decadenza, di una rovina"
  82. ^ Emil Cioran, l’esistenza come tormento (di D. D'Alessandro), su HuffPost Italia, 16 luglio 2024. URL consultato il 2 agosto 2024.
  83. ^ Stefania Marotti, Il nulla per tutti. Fiore riscopre le lettere di Cioran, in Il Mattino, 25 luglio 2024.
  84. ^ Francesco Mattana, Scritti inediti di Cioran. Le lettere che raccontano il Novecento, in Libero, 31 luglio 2024.
  85. ^ Luigi Iannone, Lettere sul Nulla. Emil Cioran, il Male di scrivere, in Il Giornale, 16 luglio 2024.
  86. ^ Il nulla per tutti – Emil Cioran - Gli Amanti dei Libri, su gliamantideilibri.it, 2 agosto 2024. URL consultato il 2 agosto 2024.
  87. ^ Pangea, “Occorre avere un’anima che soffra”. Le lettere di Emil Cioran, su Pangea, 19 febbraio 2024. URL consultato il 21 febbraio 2024.
  • La depressione creatìva di E. Cioran Raffaello Vizzoli, Lucia Orazi (Edizioni Universitarie Romane, 2002)
  • In compagnia di Cioran Mario Andrea Rigoni (Il notes magico, 2004)
  • Emil Cioran, Piero Buscioni, in "il Fuoco", n. 3, maggio - giugno 2004, Polistampa, Firenze
  • Il demone della lucidità. Il “caso Cioran” tra psicanalisi e filosofia Giovanni Rotiroti (Rubbettino, 2005)
  • Nae Ionescu, Mircea Elide, Emil Cioran Emanuela Costantini (Morlacchi, 2005)
  • 21, rue de l'Odéon (Quando Cioran rifiutò il Premio Nobel) (da “Contrattempi”) Fernando Savater (Laterza, 2005)
  • Cioran l'antiprofeta. Fisionomia di un fallimento Fabio Rodda (Mimesis, 2006)
  • Incontro con Cioran (da “La quinta impossibilità”) Norman Manea (Il Saggiatore, 2006)
  • Sentinella del nulla. Itinerari meditativi di E.M. Cioran Aurelio Rizzacasa (Morlacchi, 2007)
  • La comunità senza destino. Ionesco, Eliade, Cioran all'ombra di Criterion Giovanni Rotiroti (2007)
  • Il fascismo rimosso: Cioran, Eliade, Ionesco Alexandra Laignel-Lavastine (Utet, 2008)
  • Per nulla al mondo. Un amore di Cioran Friedgard Thoma (L'Orecchio di Van Gogh, 2010)
  • Il segreto interdetto Giovanni Rotiroti (ETS, 2011)
  • Metafisica dell'addio. Studi su Emil Cioran Antonio Di Gennaro (Aracne, 2011)
  • Ricordando Cioran Mario Andrea Rigoni (La scuola di Pitagora, 2011)
  • Cioran in Italia. Atti del Convegno. Antonio Di Gennaro, Gabriella Molcsan, (Aracne, 2012)
  • Tempo e destino nel pensiero di E.M. Cioran Renzo Rubinelli (Aracne, 2014)
  • Antarès – Il paradosso romeno – Eliade, Cioran e la “giovane generazione” AA. VV. (Bietti, 2014)
  • Emil Cioran. La filosofia come de-fascinazione e la scrittura come terapia Vincenzo Fiore (Nulla Die, 2018)
Approfondimenti (altri testi)
  • Ananda Sunya, Cioran and other saints, Complexul, Sibiu, 1997.
  • Ananda Sunya, Cioran, Visiorama book, NYC,1999.

Voci correlate

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