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Mise en abyme

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La mise en abyme (o anche mise en abîme o mise en abysme, in francese "messa in abisso"), è un'espressione usata inizialmente da André Gide per indicare un espediente narratologico che prevede la reduplicazione di una sequenza di eventi o la collocazione di una sequenza esemplare che condensi in sé il significato ultimo della vicenda in cui è collocata e a cui rassomiglia.[1]

Nell'arte e nella fotografia

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Nell'arte occidentale, l'espressione indica una tecnica nella quale un'immagine contiene una piccola copia di sé stessa, ripetendo la sequenza apparentemente all'infinito. Il termine ha origine in araldica, dove descrive uno stemma che appare come uno scudo al centro di uno scudo più grande. Ad un analogo accorgimento ricorsivo fa riferimento il cosiddetto "effetto Droste".

Nel teatro e in letteratura

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Un esempio classico di mise en abyme è la rappresentazione teatrale che, nell'Amleto di Shakespeare, riproduce l'uccisione del re.[1]

Nella critica letteraria, la mise en abyme indica un particolare tipo di "storia nella storia", in cui la storia raccontata (livello basso) può essere usata per riassumere o racchiudere alcuni aspetti della storia che la incornicia (livello alto). Il termine viene usato nel decostruzionismo e nella critica decostruzionista come paradigma della natura intertestuale del linguaggio, del modo in cui il linguaggio non raggiunge mai i fondamenti del reale, perché sempre si riferisce ad altro linguaggio, che a sua volta si riferisce ad altro linguaggio, all'infinito.

Nel cinema la funzione della mise en abyme è simile a quella che ha nelle arti figurative, ma include anche il concetto di "sogno nel sogno". Per esempio, un personaggio si sveglia da un sogno e più tardi scopre che sta ancora sognando. Attività simili al sogno, come stati di incoscienza e realtà virtuale, vengono anch'esse definite mise en abyme.

Tale tecnica si può trovare in alcune storie scritte da Tiziano Sclavi per Dylan Dog, come Morgana e Storia di nessuno.

  1. ^ a b Angelo Marchese, Dizionario di retorica e di stilistica, Arnoldo Mondadori Editore, Milano, 1991, ISBN 88-04-14664-8, p. 203.
  2. ^ Christian Metz, Essais sur la signification au cinéma.

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