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Franco Berardelli

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Franco Berardelli

Franco Berardelli (Roma, 11 maggio 1908Roma, 10 marzo 1932) è stato un poeta italiano.

Il padre, Anton Giulio, magistrato di Cassazione, era originario di Martirano in Calabria; la madre, la marchesa Ada de Cinque Quintili, era romana. A Roma, Berardelli intraprese gli studi presso il Collegio Francese di San Leone Magno; a undici anni passò al Collegio Nazionale Galluppi di Catanzaro, dopo aver vissuto tra Martirano e Mogadiscio dove il padre per un lungo periodo fu capo di Giustizia in Somalia. A diciassette anni, nel 1925 conseguì la Maturità classica. Nell'ottobre dello stesso anno raggiunse a Roma i familiari, rientrati dalla Somalia, e si iscrisse alla Facoltà di giurisprudenza.

Nel frattempo aveva cominciato a scrivere poesie. Tradusse in versi Saffo[1], Tibullo e Catullo[2], Euripide, ma soprattutto autori di lingua inglese: Keats, Shelley, Longfellow e altri. Commemorò Luigi Siciliani[3] e collaborò a giornali e riviste come "Cronaca di Calabria","La Donna Italiana" e "Nosside". In questo periodo il poeta avvertì le prime avvisaglie della tubercolosi che lo condurrà precocemente a morte. Nel 1926 soggiornò presso il sanatorio Umberto I di Prasomaso, nel comune di Tresivio (Sondrio), dove il poeta ebbe una ripresa; durante il soggiorno in sanatorio scrisse liriche che appariranno postume nella raccolta L'altra cosa bella. Ritornato a Roma, nel 1929 a Genzano subì una ricaduta. Su suggerimento medico si recò nelle Marche, ad Arcevia. Morì il 10 marzo 1932, a soli ventiquattro anni di età.

La prima educazione letteraria del giovane Berardelli è classica. Le prime composizioni in versi risalgono al periodo del liceo Galluppi a Catanzaro: composte dai dodici e quindici anni di età, saranno ripudiate più tardi dal poeta. Alcune liriche della raccolta Voci nella notte[4] furono pubblicate sul giornale letterario Il Capriccio di Milano nel 1924. L'incontro con i poeti di lingua inglese avviene tramite la lettura dei Canti Perfetti di Luigi Siciliani. I poeti, Carducci, Siciliani, Pascoli, D'Annunzio e Gozzano lo influenzano nella solida costruzione metrica dei versi, nella cadenza, ma non nella poetica.

La raccolta L'altra cosa bella venne pubblicata postuma nel 1963 a cura di Salvatore Foderaro; è composta per quasi tre quarti da poesie apparse su riviste e giornali nel periodo che va dal 1926 al 1932[5]. Il titolo della raccolta è estrapolato da un verso della poesia Convito di Guido Gozzano: «Fratello triste, cui mentì l'Amore / che non ti menta l'altra cosa bella!»[6].

  1. ^ Sappho, Liriche; traduzione metrica di Franco Berardelli, Roma: Tip. Mantellate, 1925
  2. ^ Catullo e Tibullo: elegie, traduzione di Franco Berardelli, Roma: Tip. Mantellate, 1925
  3. ^ L' Anima di Luigi Siciliani, Roma: Biblioteca de "L'Eloquenza", 1932, Estr. della Rivista l'Eloquenza anno 22, fasc. 5-6-7-8 - Vol. 2
  4. ^ Francesco Chiesa (a cura di), Voci nella notte, Milano: A. Mondadori, 1935
  5. ^ Franco Berardelli, L'altra cosa bella; prefazione di Salvatore Foderaro, Roma: Canesi, 1963
  6. ^ Guido Gozzano, Convito, in I colloqui, Milano, Fratelli Treves, 1911, p. 33.
  • Antonio Piromalli, Storia della letteratura calabrese, Cosenza: Pellegrini editore, 1963
  • Antonio Piromalli, Franco Berardelli poeta tardo-crepuscolare, Bologna: Cappelli, 1962
  • Giampiero Nisticò, Il caso Berardelli, Serra San Bruno: Mele, 1976
  • Sebastiano Nello Maruca, Un poeta della vita, Cosenza: Pellegrini editore, 1978
  • Renato Manzini, Le opere di Franco Berardelli, Roma: SAPE, 1933
  • Frank Gillest De Gattis, Il poeta Franco Berardelli nella vita e nell'arte, Brooklyn: Gillest, 1940
  • Franco Rocco Fabiani, Pensieri e canti per Franco Berardelli; con prefazione di Alfredo Baccelli, Cosenza: Chiappetta, 1935-1936

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