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Fattore di allungamento

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Un fattore di allungamento è una proteina che coopera insieme al ribosoma e facilita l'allungamento del processo di traduzione delle proteine, che parte dalla formazione del primo legame peptidico fino all'ultimo.

Ruolo biologico

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La famiglia del fattori di allungamento della traduzione è formata da diverse proteine, ognuna delle quali ha ruoli specifici nella sintesi proteica[1] (le cosiddette funzioni canoniche), ma anche ruoli secondari in altri processi biologici (le cosiddette funzioni non canoniche o moonlight functions[2][3]). Inoltre, molti di questi fattori di allungamento sono delle proteine G (G-proteins), ovvero proteine con attività GTPasica che verificano la corretta complementarità (fitting) tra codone (codon) e anticodone (anticodon) quando l'RNA transfer (tRNA) entra nel sito A del ribosoma[4]. Negli eucarioti hanno localizzazione cellulare citosolica, anche se alcuni di questi fattori possono essere individuati in altri compartimenti cellulari, come il nucleo, dove esercitano altre funzioni.

L'allungamento è il passaggio più rapido della sintesi proteica:

  • nei procarioti si procede a una velocità da 15 a 20 amminoacidi aggiunti per secondo (circa 60 nucleotidi per secondo)
  • negli eucarioti la velocità è di circa due amminoacidi al secondo.

I fattori di allungamento giocano un ruolo nel regolare gli eventi di questo processo e per garantire la precisione della traduzione a questa velocità.

I fattori di allungamento nei procarioti

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La famiglia dei fattori di allungamento, nei procarioti, è composta dalle seguenti proteine:

  • eF-Tu[2][4][5] (elongation factor Tu), guida i tRNA sui ribosomi sfruttando una molecola di GTP;
  • eF-Ts[2] (elongation factor Ts), proteina più abbondante nei batteri, si lega ad ogni tRNA;
  • eF-G[6], in sua assenza regola lo spostamento del ribosoma lungo l' mRNA e la successiva espulsione del tRNA libero dalla catena polipeptidica.

I fattori di allungamento negli eucarioti

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La famiglia dei fattori di allungamento, negli eucarioti, è composta dalle seguenti proteine:

  • famiglia EF1[7][8], che raggruppa:
    • il fattore di allungamento della traduzione 1A, o eEF1A[8] (eukaryotic translation elongation factor 1 alpha), il quale è presente in due isoforme principali: eEF1A1 e eEF1A2
    • il fattore di allungamento della traduzione 1B, o eEF1B2[8] (eukaryotic translation elongation factor 1 beta 2)
    • il fattore di allungamento della traduzione 1D, o eEF1D[8] (eukaryotic translation elongation factor 1 delta)
    • il fattore di allungamento della traduzione 1G, o eEF1G[8] (eukaryotic translation elongation factor 1 gamma)
  • il fattore di allungamento della traduzione 2, o eEF2[9][1][7] (eukaryotic translation elongation factor 2)

Le proteine eEF1A, eEF1B2, eEF1D, eEF1G interagiscono tra di loro a formare un complesso macromolecolare transitorio chiamato complesso eEF1B2GD[2] (eEF1B2GD complex). L'interazione del complesso anche con il fattore valil t-RNA sintetasi (Val-RS) va a creare il complesso macromolecolare noto come eEF1H[10][11][3], o EF1 (eEF1H complex).

Interazioni biologiche

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I fattori di allungamento sono anche un bersaglio per gli agenti patogeni. Corynebacterium diphtheriae produce una tossina che altera la funzione della proteina nell'ospite inattivando il fattore di allungamento EF-2.

  1. ^ a b C. G. Proud, Peptide-chain elongation in eukaryotes, in Molecular Biology Reports, vol. 19, n. 3, 1994-5, pp. 161–170. URL consultato il 18 luglio 2019.
  2. ^ a b c d Shin-ichiro Ejiri, Moonlighting functions of polypeptide elongation factor 1: from actin bundling to zinc finger protein R1-associated nuclear localization, in Bioscience, Biotechnology, and Biochemistry, vol. 66, n. 1, 2002-1, pp. 1–21, DOI:10.1271/bbb.66.1. URL consultato il 18 luglio 2019.
  3. ^ a b Arjun N. Sasikumar, Winder B. Perez e Terri Goss Kinzy, The many roles of the eukaryotic elongation factor 1 complex, in Wiley interdisciplinary reviews. RNA, vol. 3, n. 4, 2012-7, pp. 543–555, DOI:10.1002/wrna.1118. URL consultato il 18 luglio 2019.
  4. ^ a b R. K. Agrawal, P. Penczek e R. A. Grassucci, Visualization of elongation factor G on the Escherichia coli 70S ribosome: the mechanism of translocation, in Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States of America, vol. 95, n. 11, 26 maggio 1998, pp. 6134–6138, DOI:10.1073/pnas.95.11.6134. URL consultato il 18 luglio 2019.
  5. ^ H. Stark, M. V. Rodnina e J. Rinke-Appel, Visualization of elongation factor Tu on the Escherichia coli ribosome, in Nature, vol. 389, n. 6649, 25 settembre 1997, pp. 403–406, DOI:10.1038/38770. URL consultato il 18 luglio 2019.
  6. ^ Gregers R. Andersen, Poul Nissen e Jens Nyborg, Elongation factors in protein biosynthesis, in Trends in Biochemical Sciences, vol. 28, n. 8, 2003-08, pp. 434–441, DOI:10.1016/S0968-0004(03)00162-2. URL consultato il 13 ottobre 2021.
  7. ^ a b B. Riis, S. I. Rattan e B. F. Clark, Eukaryotic protein elongation factors, in Trends in Biochemical Sciences, vol. 15, n. 11, 1990-11, pp. 420–424. URL consultato il 18 luglio 2019.
  8. ^ a b c d e Gareth J. Browne e Christopher G. Proud, Regulation of peptide-chain elongation in mammalian cells, in European Journal of Biochemistry, vol. 269, n. 22, 2002-11, pp. 5360–5368, DOI:10.1046/j.1432-1033.2002.03290.x. URL consultato il 18 luglio 2019.
  9. ^ Gautam Kaul, Gurulingappa Pattan e Towseef Rafeequi, Eukaryotic elongation factor-2 (eEF2): its regulation and peptide chain elongation, in Cell Biochemistry and Function, vol. 29, n. 3, 2011-4, pp. 227–234, DOI:10.1002/cbf.1740. URL consultato il 18 luglio 2019.
  10. ^ G. M. Janssen, H. T. van Damme e J. Kriek, The subunit structure of elongation factor 1 from Artemia. Why two alpha-chains in this complex?, in The Journal of Biological Chemistry, vol. 269, n. 50, 16 dicembre 1994, pp. 31410–31417. URL consultato il 18 luglio 2019.
  11. ^ Francisco Mansilla, Irene Friis e Mandana Jadidi, Mapping the human translation elongation factor eEF1H complex using the yeast two-hybrid system, in The Biochemical Journal, vol. 365, Pt 3, 1º agosto 2002, pp. 669–676, DOI:10.1042/BJ20011681. URL consultato il 18 luglio 2019.
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