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Copromorphidae

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Copromorphidae
Ordrupia friserella
Classificazione scientifica
DominioEukaryota
RegnoAnimalia
SottoregnoEumetazoa
SuperphylumProtostomia
PhylumArthropoda
SubphylumTracheata
SuperclasseHexapoda
ClasseInsecta
SottoclassePterygota
CoorteEndopterygota
SuperordineOligoneoptera
SezionePanorpoidea
OrdineLepidoptera
SottordineGlossata
InfraordineHeteroneura
DivisioneDitrysia
SuperfamigliaCarposinoidea
FamigliaCopromorphidae
Meyrick, 1905
Generi

I Copromorfidi (Copromorphidae Meyrick, 1905)[1] sono una famiglia di lepidotteri diffusa con oltre 60 specie in tutti i continenti tranne l'Europa e l'Antartide.[2][3][4][5]

Il nome della famiglia si forma da quello del genere tipo, Copromorpha Meyrick, 1886,[6] che a sua volta trae origine dai termini greci κόπρος (cópros=sterco), e μορϕή (morphé=forma, figura), con riferimento alle sembianze di queste falene, che allo stadio adulto attuano una forma di criptismo per difendersi dai predatori.[7]

I membri di questa famiglia sono falene eteroneure appartenenti ai Ditrysia, con taglia da piccola a media (apertura alare di 12-30 mm) e abitudini principalmente notturne.[4][5][8] Secondo Minet (1986),[9] le principali caratteristiche autapomorfiche, così come per i Carposinidae, sarebbero fondamentalmente due: 1) ala anteriore con "ciuffi" di scaglie sollevate sulla pagina superiore; 2) ala posteriore con un "pettine" cubitale (una sorta di frangia di scaglie piliformi disposte in prossimità della base della cubito). In alcuni gruppi il secondo carattere è presente solo nelle femmine o addirittura assente in entrambi i sessi.[4][5]

Un possibile carattere distintivo tra le due famiglie dei Carposinoidea è rappresentato dalla presenza di una venulazione alare pressoché completa nei Copromorphidae, mentre nei Carposinidae, che probabilmente si sono evoluti in un secondo tempo, è spesso più ridotta.[4][8]

Il processo anterolaterale sul II sternite è sovente allungato e ricurvo,[10] e la sua quasi completa assenza in taluni generi è da considerarsi un'evoluzione secondaria. L'edeago è munito di un coecum penis. Nella larva, di regola gli stigmi sono lievemente protrusi, e quelli sull'VIII somite addominale appaiono un po' più grandi e spostati verso la superficie dorsale.[8] Anche questi particolari anatomici potrebbero essere considerati autapomorfici per entrambe le famiglie di Carposinoidea.[4]

Il capo presenta piccole scaglie frontali, non molto sollevate e tutte rivolte verso il basso, nonché ciuffi di scaglie più o meno sollevate ai lati del vertice.[4][5]

Gli ocelli possono essere presenti, ma mancano i chaetosemata.[4][5][8]

Nell'apparato boccale, i palpi mascellari presentano da uno a quattro articoli. La spirotromba è presente e priva di scaglie. I palpi labiali sono sviluppati e diritti oppure rivolti verso l'alto.[4][5][8]

Le antenne sono di forma variabile, ma con lo scapo privo di un pecten.[4][5]

Nelle zampe, l'epifisi è presente e la formula degli speroni tibiali è 0-2-4; la metatibia può essere liscia oppure provvista di lunghe scaglie piliformi alquanto arruffate.[4][5][8]

Nell'ala anteriore, lo pterostigma è più o meno sviluppato a seconda del gruppo. La spinarea è sempre presente. Nella femmina, il frenulum è costituito di regola da due o tre setole. In alcuni casi tutte le nervature sono separate, ma talvolta, al contrario, si osserva la confluenza tra Rs2 ed Rs3, oppure tra Rs3 ed Rs4, o ancora tra M3 e CuA1. CuP può essere robusta e libera oppure fortemente ridotta, mentre 1A+2A presenta una breve biforcazione basale. Sono ben distinguibili i caratteristici "ciuffi" di scaglie sollevate. Nella cellula discale, la chorda e la base di M sono assenti o vestigiali.[4][5][8][11][12][13]

Nell'ala posteriore, M3 e CuA1 possono essere unite completamente o solo parzialmente, oppure correre separate per tutta la propria lunghezza. CuP è sempre presente e ben definita. A ridosso della base di CuA, si osserva una sorta di "pettine", costituito da una frangia di scaglie piliformi. 1A+2A può mostrare una breve biforcazione basale, mentre 3A è presente.[4][5][8][11][12][13]

Nell'addome dei maschi si osserva una coppia di coremata, posti in prossimità del margine posteriore, talvolta situati anche nella parte anteriore.[4] Il secondo sternite non presenta scaglie nella parte anteriore.[8]

Nell'apparato genitale maschile l'uncus è ben sviluppato e in alcuni gruppi può essere bifido. I socii sono assenti, mentre lo gnathos può essere presente e avere una struttura complessa e dentellata. Le valve possono essere semplici oppure alquanto allungate e ricurve. Il vinculum risulta privo di saccus. L'edeago presenta un coecum penis, sebbene non allungato quanto quello dei Carposinidae, e uno o più cornuti.[4][8]

Nel genitale femminile, l'ovopositore non appare allungato, a differenza di quanto si osserva nei Carposinidae. Le apofisi posteriori sono più lunghe di quelle anteriori. Il ductus bursae è membranoso e il corpus bursae è provvisto di un signum.[5][11][12][13]

Dati non disponibili.[4][5][12]

Le larve possiedono di regola una cuticola densamente rivestita di spinule smussate, ma non si osserva la presenza di setole secondarie. A maturazione completa raggiungono solitamente i 10 mm di lunghezza, benché alcune specie tropicali possano arrivare anche a 45 mm.[5][8][14]

Il capo è ipognato oppure semiprognato.[4][5][8][14] Il frontoclipeo appare più allungato che largo. Sono presenti sei stemmata, di cui i primi cinque su un semicerchio e il sesto un po' più distante. Le setole anteriori A1, A2 ed A3 sono disposte a triangolo ottuso, con A2 più lontana dagli stemmata. Possono essere presenti setole rette da tubercoli, nonché processi ben sviluppati e bifidi sul submento.[4][8][14] I suddetti processi variano considerevolmente a seconda del gruppo preso in considerazione, da semplici protuberanze poco ramificate, fino a vere e proprie appendici con funzione non ancora chiarita; un'analisi più dettagliata ha rivelato, in alcune di queste strutture, la presenza di tessuto muscolare, sebbene potrebbero anche avere una funzione sensoriale o ghiandolare; resta valida l'ipotesi che possano essere in relazione funzionale con l'attività della filiera; probabilmente solo l'osservazione del comportamento degli esemplari in vita potrà risolvere la questione.[14]

Nel protorace, alquanto sviluppato, le setole laterali L sono due e solo in pochi generi si trovano sullo stesso pinaculum, mentre di regola sono retti da pinacula diversi. Gli spiracoli protoracici sono un po' più ingranditi.[4][8][14]

La setola subventrale SV è singola sul meso- e metatorace.[8]

Nell'addome, nei primi otto segmenti, la setola laterale L2 è disposta anterodorsalmente rispetto a L1, ma non molto lontana da quest'ultima. La setola subdorsale SD1 è collocata anterodorsalmente rispetto agli spiracoli. La setola dorsale D1 è assente sul IX segmento.[8][14]

Il gruppo SV è a singola setola sui segmenti I, II, VIII e IX, a doppia setola sul VII e a tripla nei segmenti da III a VI.[8]

L'VIII segmento può avere spiracoli più sviluppati, e talvolta posizionati su un tubercolo.[5][8][14]

Le pseudozampe non sono molto robuste, ma appaiono più allungate di quelle dei Carposinidae; sono presenti sui segmenti III-VI e X, con uncini disposti su un singolo ordine, benché in taluni casi siano parzialmente biseriali e disposti lungo un'ellisse incompleta.[4][5][8][14]

La pupa è relativamente tozza e di tipo obtecto, con appendici fuse tra loro e col resto del corpo, ma possiede un tegumento fragile e traslucido, da cui si scorgono i profili del capo e del torace. Sul capo è presente una sutura epicraniale. Il labrum è ben sviluppato e fiancheggiato da lobi piliferi triangolari o più in generale dalle mandibole. I palpi mascellari sono ridotti, mentre quelli labiali sono esposti, così come i profemori. Il protorace è breve. I segmenti addominali V-VII (nel maschio) e V-VI (nella femmina) sono mobili. Non sono presenti spinule sulla superficie dei tergiti addominali. Il cremaster è rappresentato da gruppi di setole dall'estremità uncinata.[4][5][8][14]

Ciclo biologico

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La biologia di parecchie specie è poco conosciuta, tuttavia, in linea generale, gli adulti hanno principalmente abitudini notturne e durante il giorno restano in posizione di riposo, sulla corteccia delle piante o sulle pietre.[4][8]

Le larve sono per la maggior parte minatrici fogliari o comunque si alimentano in zone nascoste, al riparo dai potenziali predatori, in mezzo a foglie unite tra loro, oppure sopra o dentro a un frutto.[4][5][8][14]

L'impupamento può avvenire all'interno della galleria scavata dalla larva, oppure lontano dalla pianta nutrice, in un bozzolo di solito ricoperto con frammenti del detrito, sul terreno oppure all'interno di una fessura. Non si ha fuoriuscita della pupa dal bozzolo o dal riparo, prima dell'emersione dell'adulto.[4][5][8][14]

Alimentazione

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Le larve appartenenti a questo taxon si alimentano su un discreto numero di piante nutrici; tra queste ricordiamo, a titolo di esempio:[4][5][8][14][15]

Parassitoidismo

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Non sono noti fenomeni di parassitoidismo ai danni delle larve dei Copromorphidae.[16]

Distribuzione e habitat

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L'ecozona australasiana ha la maggior ricchezza in specie tra i Carposinoidea

Il taxon è presente in tutti i continenti tranne l'Europa e l'Antartide, nonché in tutte le ecozone tranne il Paleartico e l'ecozona antartica; la maggiore ricchezza in specie si riscontra tra l'ecozona indomalese e quella australasiana.[4][5][8]

L'habitat è rappresentato da zone verdi, boschi e foreste, a partire dalle fasce temperate fino a quella tropicale.[5]

Copromorphidae Meyrick, 1905 - J. Bombay Nat. Hist. Soc. 16: 606[1] - genere tipo: Copromorpha Meyrick, 1886 - Trans. Ent. Soc. Lond. 1886: 281.[6]

La famiglia conta 62 specie, riunite in 19 generi diffusi in tutti i continenti, escluse l'Europa e l'Antartide; di questi, 8 sono presenti in Oceania, 8 in Sudamerica, 4 in Asia, 2 in Africa e 2 in Nordamerica:[3][4][5][17]

È controversa l'appartenenza del genere aberrante Isonomeutis ai Copromorphidae, considerando una serie di caratteristiche che lo differenziano rispetto a tutti gli altri; tra queste possiamo citare la larva predatrice che si nutre di Coccoidea Margarodidae (Hemiptera), l'edeago privo di coecum, il gruppo L con tre setole sul protorace, la diversa struttura del II sternite addominale e del submento; potrebbe trattarsi di una errata collocazione oppure di un taxon evolutosi come sister group rispetto a tutti gli altri Copromorphidae.[4]

Il genere Phaulophara, in precedenza incluso nei Copromorphidae,[18] fu spostato negli Psychidae da Robinson & Nielsen nel 1993, quale sinonimo di Napecoetes;[19] tuttavia, secondo il parere di Sobczyk (2011), la specie tipo Phaulophara belogramma Turner, 1916, potrebbe essere un Copromorphidae.[20]

Nell'attesa che si rendano disponibili dati più certi, non viene qui riportato il genere Araeolepia Walsingham, 1881, di collocazione controversa e solitamente incluso nei Plutellidae, benché Sohn (2016) abbia suggerito una possibile appartenenza ai Copromorphidae.[21]

Non sono stati riportati sinonimi.[3]

Qui sotto è mostrato un albero filogenetico ricavato da quello proposto da Kristensen nel 1999 (il nome utilizzato per la superfamiglia è ancora Copromorphoidea):[4]


  Ditrysia  

Simaethistoidea

Tineoidea

Gracillarioidea

Yponomeutoidea

Gelechioidea

     Apoditrysia  

Galacticoidea

Zygenoidea/Cossoidea/Sesioidea

Choreutoidea

Tortricoidea

Urodoidea

Schreckensteinioidea

Epermenioidea

Alucitoidea/Pterophoroidea

     Obtectomera  

Whalleyanoidea

Immoidea

Copromorphoidea

Hyblaeoidea

Pyraloidea

Thyridoidea

Macrolepidoptera

Di seguito viene invece riportato un albero filogenetico ricavato dallo studio di Heikkila et al. (2015),[22] successivo al cambio di nome stabilito da Van Nieukerken et al. (2011):[2]


  Obtectomera  

Alucitoidea

Epermenioidea

  Carposinoidea  
  Copromorphidae  

Phycomorpha metachrysa

Copromorpha sp.

  Carposinidae  

Heterocrossa iophaea

Carposina sp.

Heterocrossa eriphylla

Sosineura mimica

Gelechioidea

Altre superfamiglie

Conservazione

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Nessuna specie appartenente a questa famiglia è stata inserita nella Lista rossa IUCN.[23]

  1. ^ a b (EN) Meyrick, E., Descriptions of Indian Micro-Lepidoptera (PDF), in Journal of the Bombay Natural History Society, vol. 16, Bombay, Bombay Natural History Society, 1905, p. 606, ISSN 0006-6982 (WC · ACNP), LCCN 48032581, OCLC 847552064. URL consultato il 20 maggio 2017.
  2. ^ a b (EN) van Nieukerken, E. J., Kaila, L., Kitching, I. J., Kristensen, N. P., Lees, D. C., Minet, J., Mitter, C., Mutanen, M., Regier, J. C., Simonsen, T. J., Wahlberg, N., Yen, S.-H., Zahiri, R., Adamski, D., Baixeras, J., Bartsch, D., Bengtsson, B. Å., Brown, J. W., Bucheli, S. R., Davis, D. R., De Prins, J., De Prins, W., Epstein, M. E., Gentili-Poole, P., Gielis, C., Hättenschwiler, P., Hausmann, A., Holloway, J. D., Kallies, A., Karsholt, O., Kawahara, A. Y., Koster, S. (J. C.), Kozlov, M. V., Lafontaine, J. D., Lamas, G., Landry, J.-F., Lee, S., Nuss, M., Park, K.-T., Penz, C., Rota, J., Schintlmeister, A., Schmidt, B. C., Sohn, J.-C., Solis, M. A., Tarmann, G. M., Warren, A. D., Weller, S., Yakovlev, R. V., Zolotuhin, V. V., Zwick, A., Order Lepidoptera Linnaeus, 1758. In: Zhang, Z.-Q. (Ed.) Animal biodiversity: An outline of higher-level classification and survey of taxonomic richness (PDF), in Zootaxa, vol. 3148, Auckland, Nuova Zelanda, Magnolia Press, 23 dicembre 2011, pp. 212-221, ISSN 1175-5334 (WC · ACNP), OCLC 971985940. URL consultato il 20 maggio 2017.
  3. ^ a b c (EN) Beccaloni G., Scoble M., Kitching I., Simonsen T., Robinson G., Pitkin B., Hine A. & Lyal C., Copromorphidae [collegamento interrotto], su The Global Lepidoptera Names Index, Londra, Natural History Museum, ISSN 2405-8858 (WC · ACNP), OCLC 223993023. URL consultato il 20 maggio 2017.
  4. ^ a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u v w x y z aa ab (EN) Dugdale, J. S.; Kristensen, N. P.; Robinson, G. S. & Scoble, M. J., Cap. 13 - The Smaller Microlepidopteran-Grade Superfamilies, in Kristensen, N. P. (Ed.) - Handbuch der Zoologie / Handbook of Zoology, Band 4: Arthropoda - 2. Hälfte: Insecta - Lepidoptera, moths and butterflies, Kükenthal, W. (Ed.), Fischer, M. (Scientific Ed.), Teilband/Part 35: Volume 1: Evolution, systematics, and biogeography, ristampa 2013, Berlino, New York, Walter de Gruyter, 1999 [1998], pp. 217 - 232, ISBN 978-3-11-015704-8, OCLC 174380917. URL consultato il 20 maggio 2017.
  5. ^ a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u v w (EN) Scoble, M. J., Cap. 11 - Lower Ditrysia, in The Lepidoptera: Form, Function and Diversity, seconda edizione, London, Oxford University Press & Natural History Museum, 2011 [1992], pp. 225-289, ISBN 978-0-19-854952-9, LCCN 92004297, OCLC 25282932.
  6. ^ a b (EN) Meyrick, E., Descriptions of Lepidoptera from the South Pacific (PDF), in Transactions of the Entomological Society of London, vol. 1886, n. 3, Londra, The Society, ottobre 1886, p. 281, DOI:10.1111/j.1365-2311.1886.tb01626.x, ISSN 0035-8894 (WC · ACNP), LCCN sn88024445, OCLC 183140024. URL consultato il 20 maggio 2017.
  7. ^ Schenkl, F.; Brunetti, F., Dizionario Greco-Italiano/Italiano-Greco, a cura di Meldi, D., collana La creatività dello spirito, Berrettoni G. (nota bibliografica), La Spezia, Casa del Libro - Fratelli Melita Editori, dicembre 1991 [1990], pp. 481; 571, ISBN 978-88-403-6693-7, OCLC 797548053.
  8. ^ a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u v w x y (EN) Common, I. F. B., Moths of Australia, Slater, E. (fotografie), Carlton, Victoria, Melbourne University Press, 1990, pp. vi, 535, 32 con tavv. a colori, ISBN 978-0-522-84326-2, LCCN 89048654, OCLC 220444217.
  9. ^ (FR) Minet, J., Ébauche d'une classification moderne de l'ordre des Lépidoptères, in Alexanor, vol. 14, n. 7, Parigi, P. André, 1986, pp. 291-313, ISSN 0002-5208 (WC · ACNP), OCLC 3739431.
  10. ^ (EN) Kyrki, J., Adult abdominal sternum II in ditrysian tineoid superfamities - morphology and phylogenetic significance (Lepidoptera) (abstract), in Annales entomologici Fennici / Suomen hyönteistieteellinen aikakauskirja, vol. 49, Helsinki, Suomen Hyönteistieteellinen Seura, 1983, pp. 89-94, ISSN 0003-4428 (WC · ACNP), LCCN 91649455, OCLC 2734663. URL consultato il 20 maggio 2017.
  11. ^ a b c (EN) Munroe, E.G., Lepidoptera, in Parker, S. B. (Ed.). Synopsis and classification of living organisms, vol. 2, New York, McGraw-Hill, 1982, pp. 612-651, ISBN 978-0-07-079031-5, LCCN 81013653, OCLC 7732464.
  12. ^ a b c d (EN) Davis, D. R., A revision of the American moths of the family Carposinidae (Lepidoptera: Carposinoidea) (PDF), in Bulletin of the United States National Museum, vol. 289, Washington, DC, Smithsonian institution Press, 1969, pp. 1-105, ISSN 0096-2961 (WC · ACNP), LCCN 16000686, OCLC 163366519. URL consultato il 20 maggio 2017.
  13. ^ a b c (EN) Diakonoff, A., Revision of the Palaearctic Carposinidae with descriptions of a new genus and new species (Lepidoptera: Pyraloidea) (PDF), in Zoologische Verhandelingen, vol. 251, n. 1, Leida, E.J. Brill, 1989, pp. 1-155, ISSN 0024-1652 (WC · ACNP), LCCN 52020931, OCLC 848525739. URL consultato il 20 maggio 2017.
  14. ^ a b c d e f g h i j k l (EN) Heppner, J. B., Copromorphidae. Alucitidae. Carposinidae. Epermeniidae (Coprornorphoidea); Glyphipterigidae. Plutellidae (Yponomeutoidea), in Stehr, F. W. (Ed.). Immature Insects, vol. 1, Dubuque, Iowa, Kendall/Hunt Pub. Co., 1987, pp. 399-405, ISBN 978-0-8403-3702-3, LCCN 85081922, OCLC 311572089.
  15. ^ (EN) Robinson, G. S.; Ackery, P. R.; Kitching, I. J.; Beccaloni, G. W. & Hernández, L. M., Copromorphidae, su HOSTS - A Database of the World's Lepidopteran Hostplants, Londra, NHM - Natural History Museum, 2010. URL consultato il 20 maggio 2017.
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