Lorsqu’il découvre le meurtre de sa femme, Wahhch Debch est tétanisé : il doit à tout prix savoir qui a fait ça, et qui donc si ce n’est pas lui ? Éperonné par sa douleur, il se lance dans une irrémissible chasse à l’homme en suivant l’odeur sacrée, millénaire et animale du sang versé. Seul et abandonné par l’espérance, il s’embarque dans une furieuse odyssée à travers l’Amérique, territoire de toutes les violences et de toutes les beautés. Les mémoires infernales qui sommeillent en lui, ensevelies dans les replis de son enfance, se réveillent du nord au sud, au contact de l’humanité des uns et de la bestialité des autres. Pour lever le voile sur le mensonge de ses origines, Wahhch devra-t-il lâcher le chien de sa colère et faire le sacrifice de son âme ? Par son projet, par sa tenue, par son accomplissement, ce roman-Minotaure repousse les bornes de la littérature. Anima est une bête, à la fois réelle et fabuleuse, qui veut dévorer l’Inoubliable.
Né au Liban le 16 octobre 1968, Wajdi Mouawad est contraint d’abandonner sa terre natale à l’âge de huit ans, pour cause de guerre civile. Débute une période d’exil qui le conduit d’abord avec sa famille à Paris. Une patrie d’adoption qu’il doit à son tour quitter en 1983, l’État lui refusant les papiers nécessaires à son maintien sur le territoire. De l’Hexagone, il rejoint alors le Québec.
C’est là qu’il fait ses études et obtient en 1991 le diplôme en interprétation de l’École nationale de théâtre du Canada à Montréal. Il codirige aussitôt avec la comédienne Isabelle Leblanc sa première compagnie, Théâtre Ô Parleur. En 2000, il est sollicité pour prendre la direction artistique du Théâtre de Quat’Sous à Montréal pendant quatre saisons. Il crée cinq ans plus tard les compagnies de création Abé Carré Cé Carré avec Emmanuel Schwartz au Québec et Au Carré de l’Hypoténuse en France.
Depuis septembre 2007, il est directeur artistique du Théâtre français du Centre national des Arts d’Ottawa et parallèlement s’associe avec sa compagnie française en janvier 2008 à l'Espace Malraux, scène nationale de Chambéry et de la Savoie.
Il est en 2009 l’artiste associé du Festival d’Avignon, où il avait présenté Littoral dix ans auparavant et Seuls en 2008.
Spectacles Comédien de formation, il joue sous la direction d’artistes comme Brigitte Haentjens dans Caligula d’Albert Camus 1993, Dominic Champagne dans Cabaret Neiges noires 1992 ou Daniel Roussel dans Les Chaises d’Eugène Ionesco 1992, mais interprète aussi des rôles dans sept de ses propres spectacles.
Sa carrière de metteur en scène s’amorce au sein du Théâtre Ô Parleur, avec deux pièces de son frère Naji Mouawad : Al Malja 1991 et L’Exil 1992. Son parcours lui donne à explorer aussi d’autres univers : Voyage au bout de la nuit de Louis-Ferdinand Céline, Macbeth de Shakespeare 1992, Tu ne violeras pas de Edna Mazia 1995, Trainspotting de Irvine Welsh 1998, Œdipe Roi de Sophocle 1998, Disco Pigs de Enda Walsh 1999, Les Troyennes d’Euripide 1999, Lulu le chant souterrain de Frank Wedekind 2000, Reading Hebron de Jason Sherman 2000, Le Mouton et la baleine de Ahmed Ghazali 2001, Six personnages en quête d’auteur de Pirandello 2001, Manuscrit retrouvé à Saragosse opéra de Alexis Nouss 2001, Les trois Sœurs de Tchekhov 2002, Ma mère chien de Louise Bombardier 2005.
C’est à la même époque du Théâtre Ô Parleur qu’il commence à signer les mises en scène de ses propres textes : Partie de cache-cache entre deux Tchécoslovaques au début du siècle 1991, Journée de noces chez les Cromagnons 1994 et Willy Protagoras enfermé dans les toilettes 1998, puis Ce n’est pas de la manière qu’on se l’imagine que Claude et Jacqueline se sont rencontrés coécrit avec Estelle Clareton 2000. Il écrit également un récit pour enfants Pacamambo, un roman Visage retrouvé, ainsi que des entretiens avec André Brassard : Je suis le méchant !
Il monte Littoral 1997 (qu’il adapte et réalise au cinéma en 2005), puis Rêves 2000, Incendies 2003 (qu’il recrée en russe au Théâtre Et Cetera de Moscou) et Forêts 2006. En 2008, il écrit, met en scène et interprète Seuls.
En 2009, il se consacre au quatuor Le sang des promesses. Celui-ci rassemble Littoral dans une version recréée la même année, Incendies, Forêts et le spectacle Ciels.
En 2010, il joue sous la direction de Stanislas Nordey dans Les Justes d'Albert Camus.
Come prendere una materia bassa (l’ennesimo serial killer, l’eterno psicopatico, perennemente superomistico), truculenta, splatter, e nobilitarla.
Si introducono un po’ di epifanie e di agnizioni, di quei colpi di scena che lasciano a bocca aperta, sembrano incredibili, e piacciono tanto a Marouwan, che è cresciuto a pane e Sofocle (‘Incendies’ docet) – pure se questa volta ho sgamato la rivelazione tenuta in serbo per il finale, mio malgrado e senza sforzo alcuno, un bel pezzo prima che Marouwan la esplicitasse.
”Incendies” pièce teatrale scritta e diretta da Mouawad, qui nella versione cinematografica, “La donna che canta” diretta da Denis Villeneuve nel 2010. Da allora il regista canadese ha inserito il turbo ed è diventato il nome più hot di Hollywood: tra mille miliardi di candidati speranzosi, è stato scelto per dirigere il sequel del Film dei film, ‘Blade Runner’.
Si innesta il racconto su radici storiche. Radici dolorose, universalmente riconosciute strazianti: la sorte dei palestinesi dei campi, qui Sabra e Chatila, i maledetti sanguinosi giorni del settembre 1982, il massacro iniziato alle 6 del mattino del 16 e concluso alle 8 del mattino del 18, cinquanta ore durante le quali le Falangi cristiano maronite e l’esercito del Libano del Sud, con la protezione dell’esercito israeliano, massacrarono tra i 1500 e i 3500 civili palestinesi, ma anche sciiti libanesi, nel quartiere di Sabra e nel campo profughi di Chatila, alla periferia ovest di Beirut – gli israeliani illuminarono le due notti a giorno con razzi traccianti di modo che lo sterminio potesse proseguire indisturbato a ritmo sostenuto. Per la cronaca Marouwan e la sua famiglia sono cristiano-maroniti.
Una fotografia scattata a Sabra o Chatila dopo quel secondo terribile ‘settembre nero’ (16-18 settembre 1982).
Si evita il percorso classico del thriller afflitto dai serial killer. Qui Marouwan è proprio bravo, perché il primo confronto arriva più o meno a metà del cammino, invece che nell'epilogo come avviene di solito, per giocarsi alla fine invece un asso tenuto nella manica. Marouwan trasforma il suo romanzo in una ‘quest’ più che nella classica scontata caccia all’uomo: il protagonista, Wahhch Debch (in libanese significa ‘mostro brutale’, nomen omen), cerca, più che inseguire. Wahhch cerca se stesso, cerca di capire cosa è successo, qualche giorno prima e molti anni prima, cerca di ricostruire la sua infanzia, la sua storia, e quella della sua famiglia.
Il massacro di Sabra e Chatila in uno splendido film di animazione, “Valzer con Bashir” di Ari Folman, 2008.
Si cambia il punto di vista. E qui Marouwan si rivela geniale, più che bravo: perché tutta la storia, a parte il breve capitolo finale (le venti pagine della parte IV intitolata ‘Homo Sapiens Sapiens’), tutta la storia è vista e raccontata attraverso il punto di vista degli animali presenti al momento in cui i fatti accadono. Si parte dal gatto domestico, quello di casa dello stesso Wahhch, che scrive l’intro, cruda e delicata al contempo, davvero magistrale. Si prosegue per brevi capitoli raccontati da insetti, uccelli, rettili, mammiferi. Per esempio, la scena ambientata in una stalla, è descritta in parte dal mulo, in parte dall’asino, e dal cavallo. Gli animali prestano il titolo ai capitoli che si susseguono incalzanti: felis sylvestris catus, passer domesticus, canis lupus familiaris, e via andare. Anche un boa constrictor nella sua gabbia di vetro.
Un altro splendido film che affronta gli orrori delle invasioni israeliane in Libano: “Lebanon”, scritto e diretto da Samuel Maoz nel 2009, vincitore del Leone d’Oro per il miglior film al festival di Venezia. Racconta la cosiddetta prima guerra del Libano, nello stesso anno di Sabra e Chatila, vista attraverso gli occhi di alcuni soldati israeliani chiusi all'interno di un carro armato.
Questa particolarità, più unica che rara, è un notevole punto di forza del romanzo. Che però si può trasformare qua e là in boomerang, diventando elemento che indebolisce la narrazione, diventandone il suo handicap, perché dare voce agli animali, così tanti e così diversi, rallenta la lettura, e per certi versi la allontana dal cuore del racconto, la raffredda. Infatti, la terza parte, le centotrenta pagine raccontate tutte dallo stesso punto di vista del cane-mostro (Mason-Dixon Line), sono quelle che scorrono più fluide e compatte. Infatti il meccanismo qui e là è artificioso: gli animali sono in grado di ascoltare e riportare tutte le lingue del globo terracqueo (bizzarria: l’editore Fazi lascia in inglese parecchi dialoghi, senza peritarsi di tradurli neppure in nota), ma per chiamare un oggetto, tipo il telefono o il televisore, usano lunghi giri di parole.
Perché gli animali? Perché rappresentano la visione totemica della realtà dei nativi americani, per i quali esiste una parte invisibile del mondo nella quale ogni uomo ha uno spirito in forma di animale. Perché gli uomini presenti in queste pagine sono nel bene e nel male anch'essi animali, e la ferocia appartiene a tutto il regno animale, bene e male scompaiono, c’è solo un unico canto animale, chi racconta non è più innocente di chi è raccontato. Ma certo, molti uomini in queste pagine si comportano da bestie più delle bestie, raggiungono una ferocia che gli animali sembrano non conoscere, perché le bestie umane la scelgono liberamente mentre gli animali le sottostanno per istinto. Perché l’anima è una e unica, animale e ‘umana’. Perché, in fine, la giustizia è portata e amministrata dagli animali, avvoltoi o cane-mostro che sia, mentre per gli umani non c'è più distinzione tra un sacco della spazzatura e un loro congenere.
Altro bel film che racconta le prodezze israeliane in Libano: “Beaufort” di Joseph Cedar, del 2007. Beaufort è una fortezza crociata nel sud del Libano.
Marouwan aggiunge altri aspetti intriganti: parte della storia è ambientata nella comunità Mohawk. I Mohawk sono nativi americani del Québec, Ontario e Nord dello stato di New York, da non confondere con i più celebri mohicani, contro i quali hanno combattuto, ma sono quelli che veramente acconciavano i capelli a cresta, a differenza dei mohicani, che invece li portavano molto lunghi. I Mohawk, e i nativi americani in generale, sono reietti confinati in riserve proprio come i palestinesi nei loro campi. Tutta l’ambientazione geografica del romanzo è affascinante e molto curata, e culmina con la torva scena nel deserto del New Mexico.
Il cane-mostro che racconta la terza parte del romanzo è chiamato Mason-Dixon Line.
Marouwan usa e riusa descrizioni violente, crude e crudeli, sanguinolente oltre lo splatter, ci insiste, le ripete (io mi astengo da dettagli, ma segnalo che ben tre donne sono ammazzate con la stessa orrenda pratica, mai incontrata prima). Probabilmente è questo che spinge Goffredo Fofi a dire che ‘Anima’ è parte di una sorta di genere letterario che possiamo chiamare delle atrocità. Sono centinaia i libri che denunciano le orrende tragedie contemporanee (e altrettanti denunciano quelle di ieri), poco ragionando su cause e rimedi e cercando invece il consenso del lettore con la descrizione del male, della sua inarrestabile azione…Si è da un lato spaventati da quel che ci viene narrato e dall’altro come esasperati – e forse è questo che voleva Mouawad – da una ricerca di originalità che non sappiamo quanto sia sincera. Il mondo in cui viviamo è certamente orribile, ma fare di quest’orrore un modo per affermarsi come autori lascia perplessi, e sono in troppi a farlo. Non sappiamo più dove sia l’anima di chi ne ha viste troppe ma cerca il modo più originale di farne un libro.
Se su Google si digita mouawad+anima ci si imbatte in questa immagine che mi pare renda ben chiaro quanto ho appena sostenuto.
Il finale, con il trio in viaggio fuga, mi ha ricordato molto il tanto discusso finale di “Blade Runner”.
‘Anima’ è un noir mitologico, un tragedia thriller, un romanzo sciamanico possente e sontuoso, feroce e nero, grondante sangue.
Chi urla di continuo il proprio dolore non ne vedrà mai il volto, proprio come quelli che si ostinano a tacerlo. È la lezione dei pipistrelli: per vedere il volto di ciò che ti fa soffrire, devi fare del tuo dolore una collana che alterna perle di silenzio alle perle delle tue grida.
La Mason-Dixon Line è una linea di demarcazione tra quattro stati degli Stati Uniti d'America, che forma parte dei confini della Pennsylvania, del Maryland, del Delaware e della Virginia Occidentale. Fu tracciata tra il 1763 e il 1767 dagli astronomi inglesi Charles Mason e Jeremiah Dixon, per risolvere una disputa di confine tra le colonie britanniche della Pennsylvania e del Maryland dell'America coloniale. Dopo l'abolizione della schiavitù da parte della Pennsylvania nel 1780, la linea Mason-Dixon servì come linea di demarcazione tra la cattività e la libertà. Oggi nell'uso popolare la linea viene usata per indicare simbolicamente il confine culturale tra il Nordest e il Sud (Dixie) degli Stati Uniti.
"Gli umani si ostinano ad andare laddove la loro anima si strazia"
Difficile iniziare a leggere questo romanzo e non rimanerne immediatamente avvinghiati, stupiti, disorientati. Si entra subito in una storia disturbante, narrata in modo strano e che non risparmia nulla: emozioni e atrocità sono esposte fin nei minimi dettagli con perizia chirurgica.
Due cose mi hanno colpito della lettura, di cui non svelo nulla per ovvi motivi. La prima cosa è il punto di osservazione; la narrazione viene condotta dapprima da animali di varia natura, poi da un cane e solo alla fine da un uomo. Ogni animale ha il suo breve capitolo che si intitola con il nome latino della specie di animale che racconta: columba livia, canis lupus, felis sylvestris catus, procyon lotor etc. Questi raccontano ciò che vedono e sentono; ognuno ha un suo modo di narrare, a tratti molto essenziale, schematico, a tratti poetico. Gli animali non vedono e sentono come noi; sono esseri istintivi e si muovono con obiettivi diversi dai nostri. Sentono e vedono dunque le emozioni dei protagonisti, non si fermano a ciò che fanno. La narrazione è quindi interiore, come se evidenziasse una storia diversa da quella che i protagonisti sembrerebbero mostrare.
La seconda cosa che mi ha colpito è il fatto che durante la lettura mi sono chiesto più volte che libro esattamente avessi tra le mani. Un giallo? Un horror? Un fantasy? Solo terminando il libro mi è risultato chiaro che lo scrittore aveva ben chiaro dove portare il lettore, raccordando il romanzo con la Storia vera, ossia con il Libano e il massacro di Sabra e Shatila (i massacri nel mondo sono stati così tanti che purtroppo tendiamo a dimenticarli; dobbiamo ringraziare libri come questo per ricordarcene qualcuno).
"L’umano è un corridoio stretto, bisogna andarci dentro per sperare di conoscerlo. Bisogna avanzare nel buio, sentire gli odori di tutti gli animali morti, udire gli urli, i pianti e lo stridore di denti. Bisogna camminare, affondare le zampe in una melma di sangue e risalire lungo un filo d’oro abbandonato lì dall’umano stesso, quando non era altro che infanzia e non aveva nessun tetto sulla testa a impedire il volo dei suoi pensieri. Animale fra gli animali, non conosceva ancora la sofferenza. L’umano è un corridoio e ogni umano piange il suo cielo scomparso. Un cane sa tutto questo ed è per questo che il suo affetto per l’umano è infinito."
Alla fine restano sul campo la malinconia, la solitudine, la follia, l'orrore. Originale, bello lo stile, libro molto interessante, anche se, a tratti, per stomaci forti.
"Crediamo di essere salvi, ma ci sbagliamo sulla logica, sul modello da seguire, sull’equazione. Alle Olimpiadi ci sono umani che lanciano il giavellotto. Altri lo raccolgono e lo riportano indietro, e i lanci ricominciano. Non finisce mai. C’è sempre qualcuno o qualcosa pronto a riportare indietro il giavellotto degli orrori e qualcun altro pronto a rilanciarlo."
Wahhch Debch descubre el cuerpo de su mujer, brutalmente violada y asesinada, en el salón de su casa. Empujado por el dolor, se lanza a la caza del asesino: necesita ver su rostro, pero no por venganza, sino por supervivencia. Durante su odisea a través de América, solo y sin esperanza, brutales recuerdos escondidos en los pliegues de su infancia despiertan poco a poco.
Para evocar la parte monstruosa del ser humano, Wajdi Mouawad hace callar al hombre y da voz a los animales: son ellos quienes nos narran la escalofriante búsqueda de la verdadera bestia.
"Ánima" nos lleva por un camino desconocido a un territorio entre el thriller, el western y la tragedia griega, un lugar inhóspito y de una violencia feroz que sin embargo no queremos abandonar y que somos incapaces de olvidar cuando hemos acabado el libro: ese espacio nuevo, amenazante y a la vez redentor de la gran literatura.
Aviso, no es para todos los públicos. Este libro deja a "Dientes Rojos" como un sencillo paseo por un campo lleno de unicornios y belleza.
Una lectura impresionante, devastadora que te marca. Con escenas espeluznantes que aún con el aguante que tengo para estos libros me hizo tener que parar para poder seguir.
Escenas que te quedan grabadas a cuchillo en el cerebro.
Horribles, pero lo más terrible de todo es que no se aleja de la realidad. Son cosas que pasan y han pasado.
Pensar que hay "seres humanos" capaces de hacer cosas así..
Difícil empezar a leer esta novela y no quedar inmediatamente asombrado y desorientado.
Nos adentramos en una historia inquietante, narrada de forma extraña y despreocupada: emociones y atrocidades expuestas hasta el más mínimo detalle con mano quirúrgica.
La narración es original, conducida primero por animales de varios tipos y solo al final por un hombre. Cada animal tiene su propio capítulo breve titulado con el nombre en latín de la especie de animal que cuenta. Vemos también la parte oscura de estos seres.
Con la diferencia de que ellos es una cadena alimenticia. Sobrevivir.
Parece una locura pero joder que bien funcionó.
Estos cuentan lo que ven y oyen, cada uno tiene su particular manera de narrar, a veces es muy esencial, esquemática. Otras hasta poética.
Pero es un libro desgarrador, sin filtros ni remordimientos.
Los animales no ven ni oyen como nosotros; son seres instintivos, vidas distintas en una cadena que son movidos con objetivos muy diferentes a los nuestros. Un enfoque perfecto.
Thriller, horror y fantasía quizás. No sabría aún después de terminarlo en que género lo encasillaría.
Tiene el misterio de los mejores thrillers que te hace seguir, una trama que te da escalofríos por mucho que creas haber visto o leído. La prosa de los mejores, rebosante de la originalidad de una gran mente y el horror y los actos de la más macabra.
Te mantiene pegado al libro queriendo saber a la par que queriendo dejarlo, porque no puedes más.
El autor tiene claro hacia dónde llevar al lector, y joder que bien lo ha hecho, pues vinculando la novela con la historia de nuestro mundo, en este caso, con el Líbano y las masacres que en este mundo si algo no sobran son masacres y actos tan indescriptibles como terroríficos.
Esta novela es un verdadero y cruel puñetazo en el estómago. Una aguja en el corazón. Leer esto da verdaderas ganas de desviar la mirada.
Conmigo lo ha hecho y mira que tengo aguante.
Brutal, no deja indiferente y te deja pensando en muuuuuchas cosas. Y que puto final mas acojonante. Llegué sudando y con escalofríos.
Una de las cosas que te preguntas, es si podrás seguir y aguantar. Gracias Maika por este descubrimiento. Está a otro nivel.
Esta ha sido la novela elegida por mi compi Devoradora de libros para la conjunta del mes de junio 🔝📖
Terrible. Magnífica. Aviso ⚠ No es apta para lectores sensibles.
Un asesinato brutal. Un marido hecho pedazos, desesperado por saber la verdad. Por ponerle cara al hombre que le ha arrebatado lo que más quería y que le hará emprender un largo viaje en busca de sí mismo, de redención, respuestas a este asesinato atroz y a esos lapsus de memoria que lo asolan desde que tiene cuatro años. A simple vista no parece una trama novedosa pero aquí lo original radica en los narradores. Y no serán otros que animales, de todo tipo y condición. Unos animales que darán voz a muchas atrocidades. Y a la vez harán las revelaciones más grandes de nuestra especie. Nos harán reflexionar, retorcernos de dolor, rabia e impotencia. Serán ellos quienes nos muestren nuestra verdadera naturaleza, ya que ellos actúan por mero instinto de supervivencia. Serán observadores pasivos, otros no tanto y crearán asombrosos vínculos con Wahhch en su épico viaje a través de paisajes hermosos y sombríos. El resultado de vernos a través de los ojos de todo tipo de criaturas no será agradable. Créanme.
Salvo la cuarta y última parte (Homo Sapiens Sapiens) reservada a la voz de Aubert Chagnon, el médico coroner (si, han leído bien, no coronel, será él quien se ocupe de los hechos, no lleva armas ni investiga, como el propio coroner dice; es el guardián de los hechos), el resto se irá alternando entre las voces de distintos y variopintos animales; desde cárabos, grullas, murciélagos, perros, gatos, mulas, arañas y hasta las molestas moscas o las asquerosas cucarachas 😝 No puedo con ellas. ¿Quién no?. El asco ha sido supremo al toparme con ese capítulo, pero tranquilos, se pasa rápido al ser de corta extensión.
Un último apunte para quien no se maneja muy bien con el inglés; la novela está plagada de diálogos en este idioma pero se entienden relativamente bien. Yo que tengo un nivel básico no he tenido problema, gracias al contexto se traducen sobre la marcha, aunque reconozco que en algún momento puntual hacían perder la fluidez de la narración al tener que detenerme a buscar alguna palabra suelta.
🔝💔 En definitiva, "Ánima" es una novela para leer con calma, y aún así me ha dejado mentalmente extenuada. En múltiples ocasiones he tenido que parar, apartar la mirada y coger aire por las barbaridades que se estaban narrando. Unas barbaridades muy reales y que no están ahí porque sí, solo para crear morbo. Todo tiene su razón de ser. Su peso en la historia. Son una denuncia real de lo que el propio autor y su familia han vivido y de lo que sigue ocurriendo a día de hoy. Una novela que solo puede escribir alguien que ha sufrido el exilio. Wajdi es capaz de destrozarte narrando las peores aberraciones y luego deleitarte y embelesarte con un lenguaje bellísimo. Ahí radica la magia de esta obra. Lo dicho, se suceden muchas situaciones escabrosas, descritas con el máximo detalle, por lo cual no es una novela que pueda recomendar a cualquiera. Demasiada realidad. Demasiada crueldad. Y con un final de infarto, apoteósico, cargado de reflexiones y simbolismo que me ha parecido magistral.
UNA OBRA DE ARTE 💜
🐀 "Tenía una espalda imponente. Los músculos de ese hombre, me dije, los ha forjado la cólera, ese hombre, me dije, no es inocente: es de mi raza. Un roedor, un parásito."
👤"Necesitaba irse, lanzarse a una persecución desenfrenada e intentar atrapar a una sombra como uno intenta atraparse a sí mismo."
👤 "Los humanos están bajo el yugo de una maldición que los aleja sin cesar de la felicidad."
👤 "Sólo las bestias que están solas saben de verdad lo que necesitan para vivir."
📖 Próxima lectura: "Las doncellas de óxido" - Gwendolyn Kiste.
"L’umano e’ un corridoio e ogni umano piange il suo cielo scomparso."
Atterrita. Sconvolta. Disgustata. Ammirata. Ma cosa ho letto? Raccontare in maniera vivida e crudele la modalità di dettaglio della tortura dell'uomo sull'uomo (e sugli altri animali) era davvero necessario? Era proprio indispensabile entrare nei minimi particolari? Questo romanzo è un pugno nello stomaco. Leggendo vien da distogliere gli occhi come davanti a un video le cui immagini sono di una crudeltà insopportabile.
Un groviglio di violenza e prosa sublime, questo romanzo. Eh sì. Perché alla violenza più efferata, si impasta una prosa altissima. Quasi a dimostrare che anche se “il cielo non ha visto niente di piu’ brutale dell’uomo”, l'uomo può anche non essere immondo.
Mouawad inganna il lettore con un incipit che fa pensare di trovarsi dinnanzi ad un thriller noir, mentre è di fronte ad una finestra sui delitti multipli, sugli stermini, sulle guerre civili. Finestra attraverso cui assiste l'aggiungersi del dramma del protagonista al dramma collettivo e corale di una generazione: il massacro di Sabra e Chatila, l’eccidio che nei campi palestinesi trenta anni fa circa ha straziato il Libano e la sua gente.
Ma la cosa più originale e interessante è l'espediente narrativo escogitato da Mouawad per raccontare questa storia. A descrivere la scena e le sensazioni dei protagonisti, secondo i propri metri di percezione, in una prosa lirica emotiva e turpe, un'alternanza di animali: vi saranno raggruppate le bestiae verae, le bestiae fabulosae, il canis lupus lupus che nelle sue pagine tesse un inno ferreo all’amicizia – e infine, l’homo sapiens sapiens, anch'esso è 'congenere' animale. Di più: il più oscuro degli animali. Quello capace dei gesti più crudeli.
“gli umani sono soli. Malgrado la pioggia, malgrado gli animali, malgrado i fiumi e gli alberi e il cielo e malgrado il fuoco. Gli umani sono sempre sulla soglia. Sperano nella venuta delle divinità, ma non vedono gli occhi degli animali che li guardano. Non sentono il nostro silenzio che li ascolta. La maggior parte di loro non fa mai il grande passo dell’irragionevolezza, e quando le loro mani sono vuote, se le portano al viso e piangono. Sono fatti cosi’”.
E’ una lettura che non molla: si infila sotto pelle, in testa, colpisce e sveglia. Ma dov'ero quando c'è stato il massacro di Sabra e Chatila? Eppure avevo 12 anni: possibile che a scuola si sia parlato solo (doverosamente) dell'olocausto? Ma Mouawad non fornisce coordinate morali o etiche di dimensione umana (e in questo la scelta dei narratori del mondo animale è geniale), è lì per metterti di fronte agli aspetti più turpi dell’animo umano, è lì per farteli incontrare nel mentre in cui tu serri gli occhi per non guardare. Come a dire, tu sei stata distratta, ma io lì ti voglio portare. Tu devi sapere.
Nell'oscurità più oscura, piccole lucette, ataviche, ancestrali, sprazzi infinitesimi di luce a cui riferirsi: le lucciole. "polveri antiche di innocenze dimenticate. Esistiamo ancora. Ci saranno sempre delle tenebre dove poter tracciare le nostre linee evanescenti, e questo durera’ finche’ dureranno le notti oscure. Se scompariranno, scompariremo anche noi. Sara’ la fine dei tempi primitivi.”
È una lettura da somministrarsi con cautela. Astenersi impressionabili.
Brutalísimo, durísimo, impresionante. Me ha hecho sufrir mucho y hasta pensar en dejarlo para no sentir tanta angustia pero, al final, no he podido y he tenido que devorarlo. Creo que no es para todos los públicos, o yo soy demasiado sensible, ya no por la descripción de los crímenes sino por lo que te hace sentir.
Pues sentimientos encontrados por un lado a habido partes muy buenas y duras, por lo que describía y los detalles, pero por otra, ha habido partes algo tediosas. También me ha descolocado las partes en diferentes idiomas que no tenían nota de traductor, así nos encontramos con fragmentos en inglés, francés, árabe..., lo cual me sacaba un poco de la historia. Punto a favor, me ha gustado mucho el POV de los distintos animales, pero... el fondo de esta historia de búsqueda del protagonista, me ha dejado algo frio, por todo por lo que pasa!!! y cuando encuentra a esa persona hace eso!!
La parte del perro, me ha ocurrido lo mismo, tramos o partes buenas, con otros de introspección y divagaciones, menos interesantes.
La parte de la búsqueda del origen de su nombre, pues lo mismo.
El final me ha gustado, no ha estado mal.
Así que puede que sea la forma de escribir lo que me ha generado sensaciones de sube y baja. Valoración: 7.75/10 Sinopsis: Wahhch Debch descubre el cuerpo de su mujer, brutalmente violada y asesinada, en el salón de su casa. Empujado por el dolor, se lanza a la caza del asesino: necesita ver su rostro, pero no por venganza, sino por supervivencia. Durante su odisea a través de América, solo y sin esperanza, brutales recuerdos escondidos en los pliegues de su infancia despiertan poco a poco. Para evocar la parte monstruosa del ser humano, Wajdi Mouawad hace callar al hombre y da voz a los animales: son ellos quienes nos narran la escalofriante búsqueda de la verdadera bestia.
Ánima nos lleva por un camino desconocido a un territorio entre el thriller, el western y la tragedia griega, un lugar inhóspito y de una violencia feroz que sin embargo no queremos abandonar y que somos incapaces de olvidar cuando hemos acabado el libro: ese espacio nuevo, amenazante y a la vez redentor de la gran literatura. # 12. Un libro desde el punto de vista de un animal. Reto Popsugar 2024.
«¿Tú eres indio? —le preguntó Shelly. —indio, sí… pero de una nueva especie. —¿Vienes de una reserva? —Sí. —¿De cuál? —De una reserva sin territorio.»
Magnífica novela con momentos trágicos impactantes, una forma de escribir fuera de lo normal, con decenas de narradores que están... por todas partes. Un asesinato, una tragedia, una búsqueda.
Wahhch Debch descubre el cadáver de su mujer brutalmente asesinada.
«Habían jugado tantas veces a morirse el uno en los brazos del otro, que al encontrarla ensangrentada en mitad del salón se echó a reír, convencido de estar asistiendo a una representación, a algo grandioso que consiguiera sorprenderlo esta vez, anonadarlo, pasmarlo, hacerle perder la cabeza, quedarse con él.»
Sentido, en parte, culpable, decide buscar al asesino, no por venganza, sino por supervivencia, necesita ver su rostro. Así comienza un viaje por las reservas indias de Norteamérica con la búsqueda del asesino de su mujer en su mente y con la carga de tragedia arrastrada desde su infancia.
«Quitadme la tierra de encima, quiso gritar, como el día ya lejano en que unos hombres lo enterraron vivo. No debo llorar, se había dicho, si lloro, si grito, empezarán de nuevo, me sacarán, me matarán y volverán a meterme dentro.»
Novela narrada por las decenas de voces que acompañan a Wahhch desde su trágica niñez, nos lleva a emprender un viaje sin dirección fija. Los emplazamientos por los que pasa el protagonista están perfectamente elegidos, atención a los nombres, no son casuales.
La novela, bajo mi punto de vista es extraordinaria, se sale de lo corriente, está magistralmente escrita en tres actos que se retroalimentan. La vida del escritor tiene mucha influencia en la historia, no digo que sea autobiográfico, solo hay que ver el recorrido del autor para darse cuenta. Siempre que uno ha sido arrancado de sus raíces prematuramente queda ese lugar en una parte de tu mente sin descanso.
«Hay seres que nos conmueven más que otros, sin duda porque, sin que nos demos cuenta ni nosotros mismos, poseen una parte de lo que a nosotros nos falta.»
Quizás no sea un libro para todo el mundo, no para gente sensible a ciertas descripciones. Esta historia está cargada de tragedia y sufrimiento; la tragedia viene acompañada de violencia y el autor no se muestra ambiguo ni hipócrita. Las descripciones son crudas, detallistas. Quieren impactar.
Quitando esto, no deja de ser una novela de esas que estamos esperando, algo nuevo, original, imprevisible. Una de esas novelas que te hacen apretar el libro para asegurar que no se caiga en ese momento, no equivocarse de pasar página, o tomar un respiro para asimilar lo que estas leyendo.
Wajdi Mouawad es escritor, actor y director de teatro canadiense. Nacido en Beirut, Líbano, en 1968, sus padres huyeron a Paris en 1977 a causa de los conflictos civiles que asolaron al país en esos años. Luego se trasladaron a Canadá. Wajdi ha escrito innumerables obras de teatro recibiendo varios premios. Esta novela, Ánima, le llevó diez años escribirla, obtuvo varios premios también.
Conjunta más que potente que elegí para la lectura de este mes con La loca de los libros.
Llevo rumiando la novela desde que la terminé anoche. Ha sido un no parar de leer y si bien es cierto que al principio me costó entrar en la trama, una vez dentro ya fue imposible salir.
Ha sido una lectura muy potente, nunca imaginé que la propuesta funcionara tan bien, porque la verdad sin este aspecto clave sería una novela más (en cuanto a la trama se refiere).
Wahhch, nuestro protagonista, llega a casa y se encuentra a su mujer brutalmente asesinada. Durante su proceso de aceptación se embarcará en un largo camino en el que quiere por todos los medios ver la cara del asesino. Necesita verla para poder pasar página. Como vemos, no es una propuesta novedosa pero si su narración, serán los animales los que pongan voz y nos desvelen los sentimientos que perciben de los humanos. Y esta ha sido la parte más dura y maravillosa. Perros, gatos, moscas, peces, arañas....serán los encargados de desvelarnos los sentimientos que emergen de Wahhch, verán su inocencia, su tristeza y su miseria y lo acompañarán en su viaje. Seremos espectadores de esa mosca que está dentro de una cabina telefónica o de esos cuervos que sobrevuelan el cementerio. Desde esta perspectiva nos muestran la crueldad del ser humano. Tiene partes muy, muy duras. Tan duras que he necesitado un respiro. No es apta para todo el mundo, es escabrosa, cruel y no escatima en ningún tipo de detalle.
En más de una ocasión las lágrimas han aflorado, no sólo por lo que le ocurría al protagonista sino por las reflexiones de los animales.
Para mi hay un pequeño pero y es que hay un aspecto que no logro conectar con la trama, no termino de ver la conexión. Me la imagino e intento cuadrarla dentro del contexto, lo he comentado con mis diógenes ❤ y más o menos hemos llegado a una conclusión.
Aún con este pero que haría que le bajara la nota, el conjunto es tan soberbio que no lo merece. Una historia que me ha sorprendido y aplastado a partes iguales.
Para empezar diré que este libro tiene una de las formas de narrar más originales que he visto. La historia está contada desde el punto de vista de los animales que se van cruzando en el camino del protagonista. La historia es muy dura, empezamos con el asesinato de la esposa del prota y a partir de ahí la historia se retuerce hasta acabar en la guerra del Líbano. En el momento en que te das cuenta de que la historia es cíclica se te encoje el corazón. Todo está descrito tan detalladamente que las imágenes te vienen a la cabeza y hasta te entran ganas de vomitar; desde un animal lamiendo una herida hasta un monstruo asesinando niños. He tenido la "suerte" de no cogerle cariño a ningún personaje y así me he ahorrado sufrimiento, pero este libro es muy duro. Y más sabiendo que cosas así han pasado y probablemente seguirán pasando.
Lo que me ha chirriado es que prácticamente todos los animales "hablasen" de la misma forma, vamos, que muchas veces si no buscaba el nombre el google ni me acercaba a adivinar el animal que me estaba contando la historia en ese momento.
No va a estar entre mis libros favoritos pero no me arrepiento de haberlo leído.
Cuando Wahhch llega a su casa y encuentra a su esposa en el suelo brutalmente violada y asesinada comenzará para él un viaje hacia los recovecos más oscuros de la humanidad y su propia existencia. Ya no habrá vuelta atrás, tiene que descubrir a su asesino y tenerle frente a frente para tratar de comprender su malignidad llevada al extremo, quiere entender qué puede llevar a un ser humano a actuar así. Quizá no sea esto lo único que descubra nuestro protagonista. Junto a Wahhch recorreremos un senda dolorosa, brutalmente bella de principio a fin. Pero ¡ojo! No va a ser placentero y en más de una ocasión vas a querer cerrar el libro y dejar de leer lo que se nos presenta por su crudeza extrema, una violencia tan explícita que dolerá y te hará sentirte incómodo. No se escatiman en detalles sórdidos y macabros. Una prosa marcada por sus personajes sobre todo en su primera parte, en la que éstos son animales, y a través de sus ojos nos contarán cómo ven a los seres humanos y los actos que cometen, sus voces serán las que leerás. Te adelanto que nunca volverás a mirar a un animal de la misma manera. Aprovecho para comentaros que hay bastantes diálogos en inglés y no vienen traducidos, si no hablas algo de inglés tenlo en cuenta.También aparecerán diálogos en árabe que afortunadamente sí se entenderán sin tener que recurrir a un traductor. Concluyendo: NO, es una novela para cualquier público pero si eres capaz de entrar en la propuesta del autor, la disfrutarás mucho. Una vez concluida no pararás de pensar en lo que has consumido y estarás completamente devastado y necesitarás un tiempo para recapacitar. Estoy sin palabras.
Qualche tempo fa, qualche mese fa, sono finalmente riuscita a vedere lo splendido e doloroso “Incendies” del regista canadese Denis Villeneuve - “La donna che canta”, in italiano; il film è tratto dall'opera teatrale di Wajdi Mouawad, autore di questo romanzo. Sembrano gemelli diversi, film e romanzo, per ambientazione e storia, mentre invece sono uniti non solo dalla medesima scrittura, perché figli dello stesso scrittore, ma anche dalle radici, profonde, che sono quelle dell'autore (classe 1968), che è naturalizzato canadese ma libanese per nascita e origini. E il Libano, con le sue ferite e le sue cicatrici profonde mai rimarginate, con i suoi fantasmi sempre presenti nei sogni e negli incubi orrorifici dei protagonisti di entrambe le storie - nonostante, ci tengo a precisare, si tratti di due storie completamente diverse (“Incendies” non è la riduzione cinematografica di “Anima”, ma dell'opera teatrale omonima) - il Libano, dicevo, ribalta imprevedibilmente la scena sia in “Incendies” che in “Anima” diventando, lentamente e naturalmente nel film, prepotentemente e improvvisamente nel romanzo, cuore pulsante della storia, centro e origine delle vicende. È un romanzo durissimo, “Anima”, a partire dall'efferatissimo delitto che dà l'avvio alla storia, che già nelle modalità (che mi concedo di non raccontare proprio perché anche solo leggerle o ricordarle mi provoca malessere) avvisano il lettore che non sarà una lettura facile. Ma quello che caratterizza la storia, e che accompagna Waach Debch, l'uomo che si mette in cammino sulle tracce del brutale assassinio della moglie attraverso i territori del Québec, è il punto di vista: a narrare il suo percorso, che non è solo geografico, ma soprattutto interiore, sono gli animali che Waach incontra lungo la strada: a partire dal gatto unico testimone ne dell'assassinio, poi via via, in successione e alternandosi l’uno all’altro nella narrazione, cani, uccelli, topi, mosche, farfalle, insetti, larve. Ognuno di loro ha uno spirito di osservazione dato dalla propria indole, ognuno di loro ha un senso acuito dall'istinto e dal proprio istinto alla sopravvivenza, e ognuno di loro sarà capace di sfiorarlo, toccarlo, o accompagnarlo lunga una strada che attraverso le ferite e le cicatrici che dal Canada ripercorreranno quelle dei nativi indigeni massacrati arriverà a unirsi e a confondersi con quelle del massacro libanese di Saabra e Chatila, dove il trauma originario di Waach ha avuto origine e inizia ad affiorare pagina dopo pagina fino a rivelarsi e a esplodere nel finale del romanzo. È un agghiacciante viaggio andata e ritorno dall'inferno per Waach Debt e per i lettori, quello che Wajdi Mouawad consegna alla narrativa, un viaggio in cui, a qualsiasi latitudine, gli uomini si riveleranno, sempre, più bestiali e brutali delle bestie. Un romanzo che non mi sentirei di consigliare a nessuno, proprio a causa della sua crudezza (anche se, ci tengo a sottolineare che si tratta di un giallo - un thriller? - che mantiene vivo per tutta la durata del romanzo il suo aspetto), ma che sono contenta di aver letto.
Il dolore per la barbara uccisione della moglie fa riaffiorare in Waahhch ricordi imprecisi di un'infanzia stroncata dall'orrore. Inizia così un viaggio alla ricerca dell'assassino che è uno sprofondare nei luoghi più oscuri dell'animo umano nella speranza di trovare risposte e, di conseguenza, pace. La morte della moglie si sovrappone al massacro della sua famiglia, a tutti i massacri della Storia, in un percorso in cui la violenza dell'uomo sembra superare continuamente se stessa. Le tappe del viaggio sono scandite da animali diversi, testimoni silenziosi ma partecipi di quel dolore che stravolge il protagonista. E via via che Waahhch va avanti, attraversando una riserva indiana e poi gli Stati Uniti, la distanza tra lui e gli animali si riduce, mettendo a nudo un'anima comune, che lega l'universo al di là del bene e del male, senza giudizi di sorta. Il protagonista affonderà nel terribile segreto che avvolge la sua infanzia, e la risalita sarà altrettanto agghiacciante. Un libro geniale, scritto magistralmente, in cui le voci animali narranti finiscono col sottolineare la profonda solitudine dell'uomo, che cammina schiacciato da un peso che gli impedisce di godere della dolcezza del cielo sopra la sua testa.
Le mie tre stelle, a differenza di altre, non sono dovute alle eccessive scene sanguinolente. Anzi, ho acquistato il romanzo solo perché online avevo trovato un video in cui lo si definiva “il libro più crudo che abbia mai letto”. E qui sono rimasto deluso: non mi è risultato particolarmente violento; non quanto mi aspettassi, perlomeno. Certo ci sono scene forti, ma solo in due pagine, verso la fine, ho sentito qualcosa.
Le tre stelle sono dovute proprio a questo: al fatto che per la maggior parte del tempo non ho provato niente. Il racconto tramite lo sguardo animale, per quanto originale, ha spesso rallentato la lettura, l’ha raffreddata, a tratti l’ha resa noiosa. È stato sicuramente un lavoro incredibile e geniale ma non ben sviluppato, lacunoso. Alcuni animali hanno un modo di osservare del tutto fedele alla loro natura (interessante); altri animali hanno una legittima ignoranza animale (ok) e descrivono alcuni oggetti ad uso umano con lunghe parafrasi, mentre altri oggetti li chiamano direttamente per nome. Insomma, a tratti subentrava lo sguardo umano e consapevole dell’autore, o si perdeva per strada l’autenticità animale.
Non sono stato coinvolto dalla ricerca che il personaggio fa durante il libro (ricerca di sé, dell’assassino, della propria storia, della propria famiglia ecc), e anche questo non è un punto a favore. Non essere stato catturato dalla storia - nonostante sia forte - mi ha reso la lettura difficile.
Nulla da dire sulla scrittura, anche io sono (tento di essere) un autore e preferisco che i giudizi critici sullo stile e la forma siano affidati a persone più competenti. È sicuramente una penna esperta e matura, a tratti forse un po’ ampollosa ma potrebbe anche essere “colpa” della traduzione.
La cosa che più ho apprezzato è la base storica sulla quale si fonda tutto il romanzo (il Massacro di Sabra e Shatila).
Molto più duro e difficile di quanto mi aspettassi. Mi aveva attirato l’idea di base di una narrazione dal pdv degli animali che giravano intorno alla vicenda, ma il contenuto è stato una sorpresa, da cui mi sono ripresa con difficoltà. Ho stoppato, infatti, la lettura per un bel po’ di tempo, perché sapevo che sarebbe stata faticosa, non solo per i temi che tratta, ma anche per le scene descritte, di una violenza che non avevo mai affrontato in un libro. Consigliato sicuramente, ma bisognerebbe avvertire il lettore dei contenuti forti. Mi ha messo addosso agitazione, rabbia, sgomento... non si può dire che sia brutto, è scritto magistralmente, ma è uno stritolatore di visceri.
Este hombre tardó 10 años en escribir este libro. Yo tardaré una eternidad en olvidarlo.
Me deja una huella muy fuerte porque la historia es fuerte y la escritura es desgarradora y cruda, crudísima. Cada capítulo es escrito por un animal, y desde ahí surge la historia. Algo muy original.
Ojalá fuese sólo ficción, ficción exagerada, pero no lo es. Existe este grado de destrucción, de brutalidad, de rencor.
Elegiría este libro para releerlo, si es que me gustara releer. Pero no me gusta hacerlo.
Lo que si, es que tengo que seguir leyendo a este autor.
(4,5) Creo, que una de las mejores novelas que he leído en mucho tiempo. Brutal, desgarradora pero hermosa en sí. La forma en que está narrada, los personajes, la trama,... todo me ha embelesado. Quizás, puede, que por mi afinidad y aprecio a los animales me he apasionado más de lo normal, pero no deja de ser una gran novela (desde mi punto de vista). El único “pero” que le encuentro, y en eso estoy de acuerdo con Aramys, es que el editor tendría que haber tenido en cuenta los texto en otros idiomas y haber anotado su traducción, pues hacen que (en mi caso por culpa de mi bajo nivel de inglés) pierdas un poco el hilo de la lectura.
“Los humanos están solos. A pesar de la lluvia, a pesar de los animales, a pesar de las flores y los árboles y el cielo ya pesar del fuego. Los humanos se quedan en el umbral. Se les ha dado la pura verticalidad en el presente y, sin embargo, van, toda su existencia, doblados bajo un peso invisible”, pensaba el chimpancé amante de la coca light.
Entramos en este libro mientras caminamos a través de un túnel oscuro, las luces borrosas iluminan los pasajes, pero el conjunto a menudo permanece invisible. Las diferentes perspectivas son visibles a través de los ojos de los animales, de las bestias, y poco a poco se van desvelando los misterios. Nuestro protagonista, Wahhch Debch se embarca en una búsqueda profunda, lúgubre y mortal que lo devuelve a otra parte, a otra dimensión, a los primeros años de su vida. Advertencia, las imágenes son crudas y sumamente violentas, hay seres caídos en la oscuridad y otros de luz sublime. Wahhch Debch descubre a su esposa, Léonie, asesinada atrozmente cuando el motivo parece ser solo por una casualidad. Luego se hunde en una estupefacción total en la que la realidad y los recuerdos enterrados de la infancia se mezclan hasta el punto de sentirse culpable. Al frente de su investigación, Wahhch Debch persigue la sombra del monstruo, no por un deseo de venganza, sino para enfrentarse a la bestialidad y asegurarse de su propia humanidad. Esta búsqueda lo lleva por las tierras indias de los mohawks y por los caminos de América del Norte. Wajdi Mouawad ha escrito uno de los libros más oscuros que he leído, oscuro en contenido pero también oscuro en forma. La visión a través de los ojos de los animales es de una auténtica originalidad, y refuerza esta impresión de oscuridad, de estar en lo borroso y de andar a tientas. Su lectura es toda una verdadera experiencia literaria.
Nella mia vita ho abbandonato pochi libri, Anima di Wajdi Mouawad ha l'onore di essere uno di questi. Pur avendo letto molte recensioni entusiaste, avevo già capito che si trattava di un libro impegnativo. In realtà, è stato ancora più impegnativo di quanto immaginassi, o meglio, forse sono una lettrice troppo "tradizionalista" per apprezzare davvero una lettura così particolare. L'idea di POV animali mi intrigava ma sono veramente troppi: ogni breve capitolo (di solito lungo qualche pagina appena) ha un POV animale diverso! Il protagonista viene visto sempre attraverso uno sguardo molto esterno, quello animale, e rimane incomprensibile per il lettore. Il linguaggio talvolta mi è sembrato troppo artificioso e alcune riflessioni mi hanno lasciato un po' così. Dopo aver finito di lavorare, pensare di leggerne anche solo qualche pagina era per me un tale peso che non posso che abbandonarlo al 30%.
Lo más raro, los narradores de esta novela. Se me ha hecho inquietante y a veces hasta incómodo. Como simples espectadores nos van narrando todo lo que acontece y las sensaciones que van teniendo. La prosa va cambiando según la complejidad cerebral del animal narrador, siendo a veces muy simple y corta y otra más parecida a la humana. Me ha dejado mal cuerpo el cómo nos ven los animales en esta historia. Bastante penoso.
"Los humanos están solos. A pesar de la lluvia, a pesar de los animales, y de los ríos y de los árboles y del cielo, a pesar del fuego. Los humanos se quedan en el umbral. Han recibido el don de la verticalidad y, sin embargo, se pasan la vida encorvados por un peso invisible. Algo les aplasta. Llueve: y se ponen a correr."
Nunca había consultado tanto nombre en Google para ver la imagen de la especie que se cita, ya que cada capítulo se titula con el nombre científico del animal que lo va a narrar, por ejemplo “Coccinella septempuncata” o séase la Mariquita de toda la vida. Muy curioso todo…
Eso sí, es una historia intensa, muy cruda, brutal y con algunos pasajes bastante estremecedores, sobre todo al final de la historia. Ahora me cuesta pensar en algún otro libro con escenas tan duras como este...
Un brutale capolavoro. Trovo difficoltà a riassumere cosa mi lascia..
L'inizio bomba col ritrovamento del cadavere martoriato della moglie da parte del nostro protagonista e la sua spasmodica ricerca del colpevole coinvolgono sin dalle prime pagine. Ma soprattutto perché a narrare gli eventi sono i vari, e più disparati, animali che si ritrovano partecipi degli accadimenti. Entriamo così nel vivo e nel privato di specie sempre differenti, con i propri punti di vista e bisogni primordiali. Ed ad una sensibilità e umanità che affascinano rispetto alla sempre più aberrante bestialità dell'uomo. Ho ancora impresse nella mente alcune scene descritte così truci, cruenti e spietate che risulta impensabile anche solo concepire come nate dall'essere umano (se siete sensibili in materia saltatele o evitate proprio lo scritto). E poi la ricerca profonda delle proprie radici, il venire a patti col passato, con i misfatti dei familiari e col nostro Io più intimo.
Per quanto molti hanno trovato difficile impersonarsi nei vari animali narranti e capire così le varie vicende, io ho molto apprezzato questo espediente narrativo, così come i brevi capitoli e la scrittura semplice ed avvincente..anche se spesso splatter.
Cani, gatti, topi, serpenti e ogni altro animale possibile e immaginabile a comporre un autentico bestiario, per raccontare un assassinio dove l’animale più bestiale si scopre, infine, essere proprio l’uomo.
Un romanzo cupo, tormentato, violento, distruttivo ai limiti del voltastomaco. Costantemente volto alla ricerca del male che sia nelle storie del quotidiano o nelle grandi Storie dell’uomo. Che ti graffia, ti morde, ti strappa e ti sbrana come solo gli animali sanno fare.
Lettura molto impegnativa camuffata da macabro thriller, a tratti un vero e proprio pugno nello stomaco, ma che merita come pochi altri di esser letto per stile, trama e inventiva.
Lo cierto es que negaría que este libro me ha decepcionado un poco, venía tan bien recomendado que esperaba encontrar una obra maestra y para mi no lo ha sido. De hecho iba a ponerle 3 estrellas, pero al final he pensado que igual era injusto porque si es cierto que esta lectura tiene cosas muy interesantes.
Destacaría como esta narrado, de forma muy original y desde el POV de diferentes animales e insectos, que ayudan a darle una visión peculiar y generan una atmosfera diferente y porque no decirlo dura, ya que al final los animales no ven las cosas como las ve un ser humano. Bajo esta tesitura y con una trama con momentos bastante duros, nos queda un mix desapacible que bordea el lado más cruel y oscuro del ser humano.
Por otro lado, me ha gustado menos el ritmo. Con una narrativa muy a tirones y donde muchas veces vas a salto de mata y no terminas de pillarle el puntillo. Luego todo este ambiente violento que su autor nos quiere imponer, terminar por volverse tedioso, no es que uno llegue a acostumbrarse a la maldad humana per se, pero al final deja de sorprenderte y con esta historia pasa algo parecido.
¿Recomendable? Si te gustan las lecturas duras, con una narrativa original, diría que sí, que para ti va a ser un MUST. Si no es tu caso y no te gusta leer sobre violencia desmedida, pues mejor búscate otra cosa.
Ci sono libri folgoranti, quelli che invadono totalmente mente e corpo e ti portano a sondare te stesso e riflettere sulla condizione umana. Questo è stato per me Anima di Wajdi Mouawad. Wahhc Debch rientra a casa e trova la moglie, incinta, trafitta da numerose coltellate, morta. Accecato da dolore ma intenzionato a trovare il colpevole non tanto per vendicarsi, quanto per capire perché è consegnarlo alla giustizia, Debch inizia un viaggio incredibile del quale abbiamo nozione tramite lo sguardo degli animali che lo incontrano. Sono voci narranti che si alternano in ogni capitolo e ai quali viene dato il loro nome latino scientifico come Procyon Lotor oppure Canis Lupus rendendo la storia originale e ancora più emozionante. Ogni animale vede gli eventi e si comporta secondo la sua intrinseca natura: alcuni sono curiosi, altri hanno paura, altro ancora empatizzano con lui. Una storia cruda, dolorosa e violenta che man mano lascia trasparire il vero evento evento: il massacro di Sabra e Shatila avvenuto in Libano nel 1982 durante l'invasione israeliana. Un romanzo ipnotico, dall'atmosfera mistica, una scrittura impetuosa, trascinante, a tratti miracolosa. Una delle più belle letture mai fatte insieme a L'estate che sciolse ogni cosa di Tiffany McDaniel. " La desolante verità che si delinea è una sola: il cielo non ha visto niente di più bestiale dell'uomo"
Ho avuto una reazione un po’ viscerale a questo libro: da thriller casereccio si trasforma in epopea, il viaggio di un uomo perso che non sa come ritrovare la sua anima: vuole guardare negli occhi l’uomo che ha ucciso sua moglie per essere sicuro di non essere stato lui. Il suo viaggio lo porta in giro per il Canada e gli Stati Uniti, e indietro nel tempo in Libano, avvicinandolo a un passato dimenticato, riaperto dalla ferita squarciata nel ventre della moglie. Il tutto raccontato attraverso gli occhi degli animali che Wahhch, il protagonista, incontra nel suo pellegrinaggio.
È da qui che parte la violenza che andrà a scandire il ritmo di questo libro, con un crescendo che trova il suo climax nel passato di Wahhch, quando aveva appena quattro o cinque anni. Scopriamo da quasi subito che sua moglie è stata uccisa per puro caso, e che la polizia del Quebec è riluttante ad arrestare il colpevole, in quanto informatore utilizzato per colpi più grossi. Inizia quindi così, con il trope donna-nel-frigorifero, un libro che non ha a cuore l’umanità dei suoi personaggi, dove le donne sono quasi tutte vittime e gli uomini sono schiavi di un sistema che non può essere cambiato. Il mettere i personaggi a confronto con i narratori animali sottolinea ancora di più la bestialità umana.
Le ultime scoperte del protagonista riguardo al suo passato danno un nuovo significato al libro intero, ma non stabiliscono un collegamento vero e proprio - non è un serpente che si morde la coda (e il serpente nella copertina ora acquista un senso maggiore) ma un verme tagliato a metà.
Wahhch, libanese ma trasferito in Canada da bambino, parla abbastanza arabo per avere conversazioni basilari ma non per capire (o chiedersi) cosa vogliano dire il suo nome o cognome. Le sue sorelle più grandi almeno avrebbero dovuto saperlo. Dico questo perché il suo nome diventa la chiave per scoprire un passato orribile - e il suo unico collegamento all’umanità spazzato via e rinnegato per il gusto di un nom de plume ereditato.
In un vortice di violenza gratuita troviamo anche comunità nelle riserve di nativi americani alle prese con il contrabbando in Canada, combattimenti tra cani e traffico umano negli Stati Uniti, e violenze inumane contro gli arabi in Libano.
Avevo iniziato il libro con piacere, pensando avrei finito per amarlo in quanto molto intrigata dall’espediente narrativo particolare, ma più la storia andava avanti più mi sono resa conto che certi ragionamenti che cercavo di giustificare non erano abbastanza per rendere il libro abbastanza lodevole. Mi sono ritrovata alle ultime pagine coperta in un alone di disgusto che faccio ancora fatica a lasciar andare.
Forse si potrebbe dire che il vero scopo dell’arte sia di far provare emozioni, ma la catarsi raggiunta attraverso il viaggio di Wahhch non è stata abbastanza per appagarmi; la sua storia per me rimane incompleta.
Una novela brutal y sin embargo tan hermosa sobre bestialidad y fragilidad humana.Toda la historia está bellamente escrita de forma única, con palabras tan crudas, inquietantes e intrigantes al mismo tiempo. La novela tiene muchas capas, desde el significado del nombre del protagonista, pasando por sus viajes por ciudades estadounidenses con nombres árabes, hasta el conflicto entre los indios americanos y sus perseguidores blancos, la recreación de la Guerra Civil estadounidense y la comparación con los libaneses. La historia es contada por varios animales como el gato, mosquito, zorrillo, hormiga, murciélago o boa constrictor, que fue testigo del viaje de Wahhch. Los animales dotados de diferentes sentidos perciben a los humanos, sus actos, su sufrimiento y su crueldad de diferentes maneras. Las voces de los animales le dan una fuerza particular a la historia. Al mirarnos y sentirnos a nosotros, los humanos, los animales nos revelan y cuestionan nuestros comportamientos. No creo que sea una novela para cualquiera es un libro crudo y duro.
Il libro più sconcertante che io abbia mai letto dove la violenza più efferata si mescola ad una prosa sublime, a tratti poetica. Sono gli animali a raccontare questa storia, quella moltitudine di vita di cui spesso non ci accorgiamo è testimone della “bestialità” dell’uomo, ma anche della sua redenzione. Nonostante le molteplici descrizioni brutali e violente che spesso ti fanno distogliere gli occhi dalla pagina per riprendere fiato, il “sapore” che ti lascia questo libro non è quello della violenza, ma quello della capacità dell’uomo di rinascere. “Inventeremo nuove parole” dice uno dei personaggi nel momento in cui la solitudine è stata consolata e l’io è diventato ... noi.