Omicidio di Germana Stefanini
Omicidio Stefanini | |
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Germana Stefanini in una foto scattata dai sequestratori | |
Tipo | Rapimento e omicidio |
Data | 28 gennaio 1983 |
Luogo | Roma |
Stato | Italia |
Obiettivo | Germana Stefanini |
Responsabili | Militanti dei Nuclei per il potere del proletario armato |
Motivazione | Terrorismo |
Conseguenze | |
Morti | 1 |
Feriti | 0 |
L'omicidio di Germana Stefanini venne commesso il 28 gennaio 1983 a Roma dall'organizzazione terroristica delle Brigate Rosse, ai danni di Germana Stefanini — nata a Roma il 9 luglio 1926 — vigilatrice penitenziaria del carcere di Rebibbia.
Storia
[modifica | modifica wikitesto]Agli inizi degli anni ottanta, la lotta delle Brigate rosse e delle altre organizzazioni fiancheggiatrici si allargò all'area delle carceri italiane, a causa della presenza in queste di numerosi terroristi detenuti. A Roma le azioni iniziarono con il ferimento del medico del carcere di Rebibbia Giuseppina Galfo.
Il 28 gennaio 1983 una cellula romana delle Brigate Rosse, inizialmente denominatasi Nuclei per il potere del proletario armato, rapì Germana Stefanini, di 56 anni, vigilatrice del reparto femminile, e la sottopose a un 'processo' da parte del "tribunale rivoluzionario" nel suo appartamento al quartiere romano del Prenestino, per estorcerle informazioni sull'organizzazione carceraria.
Il suo interrogatorio venne registrato su audiocassette, rinvenute successivamente durante le indagini della polizia. Il processo si concluse con la condanna a morte della donna, motivata dalla sua «funzione repressiva … a spese dei prigionieri proletari comunisti», ed eseguita con un colpo di pistola alla nuca. Il suo corpo fu rinvenuto quella sera stessa nel bagagliaio di una Fiat 131 parcheggiata in una strada del Tiburtino.
Reazioni politiche e sociali
[modifica | modifica wikitesto]Il suo omicidio fu ripudiato da 180 recluse del carcere, che firmarono un documento di condanna per denunciarne l'aberrazione. Fu inoltre oggetto di più interpellanze parlamentari sulle condizioni della gestione delle carceri e sulla sicurezza del corpo di vigilanza carceraria.[1][2][3]
Processo
[modifica | modifica wikitesto]Per l'omicidio, l'11 aprile 1987 la corte d'assise d'appello di Roma condannò all'ergastolo Francesco Donati, Carlo Garavaglia e Barbara Fabrizi.[4]
Donati, facente parte della terza generazione delle Brigate Rosse, sarà coinvolto successivamente anche nelle indagini sull'omicidio D'Antona[5] avvenuto 16 anni dopo a opera delle Nuove Brigate Rosse.
Commemorazioni
[modifica | modifica wikitesto]- Il 7 novembre 2007, durante la festa della polizia penitenziaria le è stata attribuita la medaglia d'oro al valor civile[6] alla memoria.
- Il 4 luglio 2012 Roma Capitale intitolò a Germana Stefanini una strada in zona Tomba di Nerone, tra via dei Due Ponti e via di Grottarossa.
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ VIII Legislatura - Discussioni - seduta del 2 febbraio 1983 (PDF), su legislature.camera.it.
- ^ VIII Legislatura - Discussioni - seduta del 3 febbraio 1983 (PDF), su legislature.camera.it.
- ^ VIII Legislatura - Discussioni - seduta del 16 marzo 1983 (PDF), su legislature.camera.it.
- ^ Caso Moro: novità 1987, su almanaccodeimisteri.info.
- ^ Massimo D'Antona, su digilander.libero.it.
- ^ Medaglia d'oro al merito civile Stefanini Germana, vigilatrice penitenziaria, su quirinale.it.
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- David Barra, Nicola Ventura, Maledetti '70, storie dimenticate degli anni di piombo, Roma, Gog, 2018
- Alain Finkielkraut, La sagesse de l'amour, Gallimard, Parigi, 1984 (The Wisdom of Love, University of Nebraska Press, 1997, ISBN 0803269048)
- Elías Nandino, 1983 Une année de femmes, Editorial Domés, 1984
Collegamenti esterni
[modifica | modifica wikitesto]- Zitta e buona - Germana Stefanini e le donne vittime del terrorismo rosso di Elisabetta Fusconi - Podcast Radio 24
- Il «processo proletario» a Germana Stefanini, su spazio70.net. URL consultato il 7 settembre 2017 (archiviato dall'url originale l'8 settembre 2017).
- Germana Stefanini, su vittimeterrorismo.it.