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Attila

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Disambiguazione – Se stai cercando informazioni sul nome proprio, vedi Attila (nome).
File:Invasione degli unni in Italia.jpg
Invasione degli Unni in Italia

Attila (circa 406 - 453) fu un re del popolo degli Unni.
Per la sua ferocia fu soprannominato flagellum dei (flagello di Dio).

Nacque intorno all'anno 406. Non si conosce quasi nulla della sua infanzia: se la supposizione che già da giovane fosse un capo ed un capace guerriero è ragionevole, non è però possibile sapere se ciò corrisponda effettivamente alla realtà dei fatti.
Succeduto allo zio Rua, fratello di suo padre, ucciso durante un combattimento, regnò dapprima assieme al fratello Bleda, ma, morto questo nel 445, rimase da solo sul trono.

Attila fu l'ultimo ed il più potente re europeo degli Unni governando sul più grande impero europeo unno dal 434 fino alla sua morte. Il suo impero andava dall'Europa centrale, ad est, fino al Mar Nero, ad ovest, e dal Mar Baltico, a nord, fino al Danubio, a sud.

Durante il suo regno fu il principale nemico dell'Impero Romano d'Occidente e di quello d'Oriente: invase due volte i Balcani, cingendo d'assedio Costantinopoli nella seconda invasione.

Marciò attraverso la Francia spingendosi fino a Orleans prima di essere respinto nella battaglia di Chalons. Nel 452 si spinse fino a Ravenna costringendo Valentiniano III, imperatore dell'Impero Romano d'Occidente, a lasciare la sua residenza abituale e a rifugiarsi a Roma.

L'impero che aveva costruito terminò con la sua morte ma Attila diventò ben presto una figura leggendaria nella storia europea: nella maggior parte dell'Europa Occidentale è ricordato come condottiero crudele, anche se per alcuni storici fu un grande e nobile re; la figura di Attila svolge inoltre un ruolo principale in tre saghe norvegesi.

Gli Unni

(vedi articolo principale Unni)

Gli Unni europei sembrano siano stati un'estensione occidentale dello Xiongnu (Xiōngnú, 匈奴), un gruppo di proto-mongoli o proto-Turkic, tribù nomadi provenienti dalla parte nord-orientale della Cina e dell'Asia Centrale. Queste popolazioni avevano una superiorità militare sui loro rivali (la maggior parte dei quali erano molto acculturati e civilizzati) dovuta alla loro prontezza per il combattimento, all'impressionante mobilità delle loro armate e alle armi utilizzate (come ad esempio l'arco unno).

Condivisione del regno

File:Cartina massima espansione impero unno.png
Massima espansione dell'impero unno

Nel 432 gli unni vennero uniti sotto il comando di Rua. Nel 434 Rua morì, lasciando il controllo di tutte le tribù unne ai nipoti Attila e Bleda, figli di suo fratello Mundzuk. Al momento della loro ascesa gli unni stavano negoziando con Teodosio II il ritorno delle numerose tribù disertrici che si erano rifugiate all'interno dell'Impero Bizantino. L'anno successivo Attila e Bleda si incontrarono con la delegazione imperiale a Margus (l'attuale Požarevac) e rimanendo seduti sui cavalli, secondo le modalità unne, riuscirono a negoziare un trattato: i Romani non solo acconsentirono a lasciar tornare le tribù unne (le quali erano state un aiuto propizio contro i Vandali), ma Attila e Bleda ottennero anche il raddoppio dei precedenti tributi che arrivarono a 350 libbre romane (circa 114,5 Kg) d'oro, l'apertura dei mercati ai commercianti unni ed il pagamento di un riscatto di otto solidi per ogni prigioniero romano catturato.

Gli Unni, soddisfatti del trattato, levarono i loro accampamenti spostandosi verso i territori interni, probabilmente per consolidare e rinforzare il loro impero. Teodosio sfruttò questa occasione per rinforzare le mura di Costantinopoli costruendo le prime mura della città verso il mare e sviluppando le difese longo il bordo del Danubio.

Gli Unni non ebbero scontri con i Romani nei successivi cinque anni: durante questo periodo stavano, infatti, invadendo la Persia. Tuttavia in Armenia un contrattacco persiano causò una pesante sconfitta per Attila e Bleda che fece loro abbandonare le loro mire sulla regione. Nel 440 riapparvero sui confini dell'impero attaccando i commercianti sull'argine nord del Danubio costruito in seguito al trattato. Attila e Bleda minacciavano un'ulteriore guerra, sostenendo che i Romani non avevano rispettato gli obblighi imposti dalla tregua e che il vescovo di Margus (non lontano dalla moderna Belgrado) aveva attraversato il Danubio per saccheggiare e profanare le tombe reali unne situate sull'argine nord del Danubio. Con queste scuse attraversarono il Danubio minacciando varie città e forti dell'Illiria ed iniziando la loro avanzata da Margus, dal momento che i Romani avevano deciso di consegnare agli Unni il vescovo che li aveva offesi, ma quest'ultimo era scappato in segreto verso l'accampamento barbaro consegnando la città.

Teodosio aveva rimosso le difese del fiume in risposta alla presa di Cartagine da parte dei Vandali di Gianserico nel 440 e dell'invasione dell'Armenia nel 441 da parte di Yazdegerd II della dinastia dei Sassanidi. Tale fatto garantiva ad Attila e Bleda un varco sicuro attraverso l'Illiria verso i Balcani, che infatti furono invasi nel 441. L'esercito Unno, dopo aver saccheggiato, Margus e Viminacium, prese Sigindunum (la moderna Belgrado) e Sirmium prima di fermare le operazioni. Seguì un periodo di calma, nel corso del 442, del quale Teodosio approfittò per richiamare le proprie truppe dal Nord'Africa ed ordinare una vasta emissione di nuova moneta con la quale finanziare le operazioni contro gli Unni. Fatti tali preparativi Teodosio pensò fosse sicuro respingere le richieste dei capi Unni.

Attila e Bleda risposero rinnovando la loro campagna nel 443. Combattendo lungo il Danubio invasero il centro militare di Ratiara e, successivamente, assediarono Naissus (la moderna Nis) con l'uso di arieti e torri d'assedio — sofisticazioni militari del tutto nuove nel repertorio degli Unni — quindi proseguendo lungo il fiume Nisava, nell'odierna Serbia presero Serdica (Sofia), Philippopolis (Plovdiv), e Arcadiopolis. Gli Unni si scontrarono con le armate romane, vincendole, alle porte di Costantinopoli e furono fermati esclusivamente dalla mancanza di attrezzature per l'assedio capaci di far breccia nelle massicce mura della città. Teodosio ammise la sconfitta e mandò un'ambasceria (condotta dal cortigiano Anatolio) per negoziare i termini della pace, termini che furono più severi che nel precedente trattato: l'Impero acconsentiva a cedere 6000 libre romane (circa 1963 chilogrammi) d'oro come sanzione per aver contravvenuto ai termini del precedente trattata, il tributo annuale da pagare agli Unni fu triplicato arrivando a 2100 libre romane (circa 687 kili) in oro ed il riscatto per ciascun prigioniero salì a 12 solidi.

Soddisfatti, gli Unni si ritirarono all'interno del loro impero. Secondo Giordano (che riporta quanto riferito da Prisco), durante questo periodo di pace che seguì la ritirata degli Unni da Bisanzio (probabilmente attorno al 445), Bleda morì ed Attila salì al trono da solo. Molto si è speculato sul fatto che Bleda sia stato o meno assassinato dal fratello; fatto sta che Attila divenne l'indiscusso signore degli Unni, e, di nuovo, decise di rivolgersi contro l'Impero d'Oriente.

Condottiero solitario

Costantinopoli soffrì grandi disastri naturali (e dolosi) negli anni seguenti l'allontanamento degli Unni: disordini sanguinosi tra le fazioni in gara all'Ippodromo; epidemie di peste nel 445 e nel 446, la seconda verificatasi dopo una carestia; e una serie durata quattro mesi di terremoti che distrusse gran parte delle mura difensive e uccise migliaia di persone, causando un'altra epidemia. Quest'ultima colpì nel 447, proprio mentre Attila, avendo consolidato il suo potere, si diresse nuovamente a sud dell'impero attraverso la Mesia. L'Esercito romano, sotto il Goto magister militum Arnegisclo, lo incontrò sul fiume Vid e fu sconfitto (non senza aver inflitto pesanti perdite). Gli Unni furono lasciati incontrastati e si fecero strada attraverso i Balcani fino alle Termopili; Costantinopoli stessa fu salvata dall'intervento del prefetto Flavio Costantino, che organizzò con la cittadinanza la ricostruzione delle mura danneggiate dai terremoti (e, in alcuni punti, la costruzione di nuove linee di fortificazione di fronte alle vecchie). Una parte di un racconto di questa invasione:

Il regno barbaro degli Unni, basato in Tracia, diventò così grande che più di un centinaio di città furono catturate, e persino Costantinopoli si trovò in pericolo, tanto che molte persone se ne scapparono . . . Si verificarono tanti assassini e spargimenti di sangue che non fu possibile contare il numero di morti. Furono occupati chiese e monasteri e furono uccisi molti monaci e donne nubili.
— Callinico, nella sua Vita di Sant'Ipazio
Il banchetto di Attila quadro di Mór Than basato su un frammento di Prisco (quest'ultimo è ritratto sulla destra, vestito di bianco, con in mano la sua storia):
"Quando la sera comminciò ad appressarsi furono accese le torce e due barbari vennero di fronte ad Attila contando canzoni da loro composte, inneggiando alle sue vittorie ed alle sue grandi gesta nella guerra. I partecipanti al banchetto li fissavano, alcuni dilettati dalle canzoni, altri eccitati al ricordo delle guerre ma altri ancora proruppero in pianto—quelli i cui corpi erano affaticati dal tempo ed il cui spirito era forzato al riposo."

Attila chiese ai Romani, come condizioni di pace, la continuazione del pagamento del tributo in oro — e la liberazione di una striscia di terra che andava da trecento miglia a est da Sigindunum (Belgrado) fino ad un centinaio di miglia a sud del Danubio. Le trattative fra Romani e Unni continuarono per circa tre anni. Lo storico Prisco fu inviato come emissario nell'accampamento di Attila nel 448, e frammenti dei suoi resoconti, conservati dallo storico Giordano, forniscono una descrizione di Attila, tra le sue numerose mogli, il suo buffone sciita, il nano moro, impassibile e privo di ornamenti nello splendore dei cortigiani:

Un pranzo ricchissimo, servito su piatti di argento, fu preparato per noi e gli ospiti barbari, ma Attila mangiò solo carne su un tagliere di legno. In ogni altra cosa si mostrò moderato; la sua coppa era di legno, mentre agli ospiti furono offerti calici d'oro e d'argento. Anche i suoi abiti erano molto semplici, ma puliti. La spada, che teneva di lato, i lacci delle sue scarpe sciite, le briglie del suo cavallo non erano adornate, come quelle degli altri Sciiti, con oro, gemme o altro materiale prezioso.
Il pavimento della stanza era coperto da tappeti di lana su cui si camminava,

annotò Prisco.

Durante questi tre anni, secondo una leggenda raccontata da Giordano, Attila scoprì la "Spada di Marte":

Lo storico Prisco racconta che fu scoperta nelle seguenti circostanze: "Un pastore vide una giovenca della sua mandria zoppicante, e non riuscì a trovare la causa di questa ferita. Con ansia seguì la traccia di sangue e alla fine raggiunse una spada che era stata involontariamente calpestata dall'animale mentre mangiava l'erba. Egli scavò, la estrasse e la portò ad Attila. Questi fu molto contento per il dono, e, ambiziosamente, pensò di essere stato nominato a capo del mondo intero, e che attraverso la spada di Marte gli sarebbe stata assicurata la supremazia in tutte le guerre.
— Giordano, Le origini e le imprese dei Goti cap. XXXV (Vedi testo in inglese)

Più tardi gli studiosi avrebbero identificato questa leggenda con un culto della spada diffuso fra i nomadi delle steppe dell'Asia centrale.

Attila in occidente

Poco dopo il 450, Attila proclamò il suo intento di voler attaccare il potente regno visigoto di Tolosa in alleanza con l'imperatore Valentiniano III. Era stato in precedenza in buoni rapporti con l'Impero d'Occidente e il suo comandante de facto Flavio Ezio—Ezio aveva trascorso un breve esilio presso gli unni nel 433, e le truppe che Attila mise a disposizione contro i Goti e Burgundi l'avevano aiutato a conquistare il prestigioso titolo di magister militum nell'Occidente. I regali e le attenzioni diplomatiche di Geiserico, che temeva i Visigoti, potrebbero aver influenzato i piani di Attila.

Comunque la sorella di Valentiniano Onoria, con l'intento di sfuggire a una forzata promessa ad un senatore, aveva spedito un messaggio d'aiuto al re unno—e il suo anello—nella primavera del 450. Sebbene Onoria non volesse necessariamente proporre un matrimonio, Attila interpretò in quel senso il messaggio; accettò, chiedendo metà dell'impero d'Occidente per dote. Quando Valentiniano scoprì la situazione, solo l'influenza di sua madre Galla Placidia lo convinse ad esiliare piuttosto che uccidere Onoria; inoltre scrisse ad Attila negando strenuamente la legittimità di tale promessa di matrimonio. Attila, non convinto, spedì un'ambasciata a Ravenna per proclamare l'innocenza di Onoria, che la proposta era legittima e che proclamava il suo diritto.

Nel frattempo, morto Teodosio in un incidente a cavallo, il suo successore Marciano tagliò il tributo agli unni dopo il 450.

Il re dei Franchi morì e lo scontro per la successione fra i suoi due figli, creò un divario fra Attila ed Ezio: Attila si schierò dalla parte del figlio maggiore, mentre Ezio parteggiò per il più giovaneTemplate:Rif. J.B. Bury sostiene che l'intento di Attila, con la sua marcia versio occidente, fosse quello di estendere il suo regno, già allora il più forte del continente, fino a raggiungere, attraverso la Gallia, le coste dell'AtlanticoTemplate:Rif. Nel frattempo Attila aveva già radunato i propri vassalli (Gepidi, Ostrogoti, Rugi, Sciri, Eruli, Turingi, Alani, Burgundi ed altri) ed aveva iniziato la sua marcia verso occidente, dichiarando la sua intenzione di allearsi sia coi Visigoti che coi Romani.

Attila arrivò in Belgica nel 451 con un'armata che, secondo Giordano, contava 500.000 uomini ed il 7 Aprile conquistò Metz. Nel frattempo Ezio, dopo aver raccolto aiuti da Franchi, Burgundi e Celti, si mosse per fermarlo. L'inarrestabile avanzata di Attila versio ovest convinse il re dei Visigoti Teodorico I ad allearsi coi Romani; i loro eserciti congiunti raggiunsero Orleans prima di AttilaTemplate:Rif, costringendo gli Unni alla ritirata. Ezio li inseguì e li raggiunse in un luogo che solitamente si assume essere nei pressi di Châlons-en-Champagne. La battaglia di Chalons si concluse con la vittoria dell'alleanza Romano-Gotica anche se Teodorico rimase ucciso nello scontro. Attila si ritirò oltre il confine e l'alleanza fu presto sciolta.

L'invasione dell'Italia e la morte

Raffaello - L'incontro tra Leone Magno e Attila mostra Leone I, con San Pietro e San Paolo sopra di lui, che va a incontrare Attila

Attila tornò nel 452 per reclamere nuovamente le sue nozze con Onoria, invadendo e devastando l'Italia lungo la via; il suo esercito saccheggiò numerose città e rase al suolo Aquileia, senza lasciare più nessuna traccia della sua esistenza. Valentiniano fuggì da Ravenna a Roma; Ezio rimase sul campo ma mancava della potenza necessaria per ingaggiare battaglia. Attila si fermò finalmente sul Po, dove incontrò un ambasciata formata dal prefetto Trigezio, il Console Avienno e Papa Leone I (la leggenda vuole che proprio il papa abbia fermato Attila mostrandogli il Crocifisso). Comunque, dopo l'incontro Attila tornò indietro con le sue truppe senza pretese né sulla mano di Onoria né sulle terre in precedenza reclamate. Sono state date diverse interpretazioni della sua azione. La fame e le malattie che accompagnavano la sua invasione potrebbero aver ridotto la sua armata allo stremo, oppure le truppe che Marciano mandò oltre il Danubio potrebbero avergli dato ragione di retrocedere, o forse entrambe le cose sono concausali alla sua ritirata. Prisco riporta che la paura superstiziosa della fine di Alarico - che morì poco dopo aver saccheggiato Roma nel 410 - diede all'Unno una battuta di arresto. La "favola che è stata rappresentata dalla matita di Raffaello e dallo scalpello di Algardi" (come l'ha chiamata Edward Gibbon) di Prospero di Aquitania dice che il Papa, aiutato da San Pietro e San Paolo, lo convinse a girare al largo dalla città. Vari storici (tra cui Isaac Asimov) hanno supposto che l'ambasciata portasse un ingente quantità d'oro al leader unno e che lo abbia persuaso ad abbondonare la sua campagna. Qualunque fossero le sue ragioni, Attila lasciò l'Italia e ritornò al suo palazzo attraverso il Danubio. Da lì pianificò di attaccare nuovamente Costantinopoli e reclamare il tributo che Marciano aveva tagliato. Comunque, morì nei primi mesi del 453; la tradizione, secondo Prisco, dice che la notte dopo un banchetto che celebrava il suo ultimo matrimonio (con una gota di nome Ildico), egli ebbe una copiosa epistassi e morì soffocato. I suoi guerrieri, dopo aver scoperto la sua morte, si tagliarono i capelli e e si sfregiarono con le loro spade in segno di lutto così che, dice Giordano, "il più grande di tutti i guerrieri dovette essere pianto senza lamenti femminili e senza lacrime, ma con il sangue degli uomini". Fu seppellito in un triplo sarcofago d'oro, argento e ferro con il bottino delle sue conquiste e il corteo funebre fu ucciso per mantenere segreto il suo luogo di sepoltura. Dopo la sua morte, continuò a vivere come figura leggendaria: i personaggi di Etzel nella Saga Nibelunga e di Atli nella Saga Volsunga e nell'Edda poetica sono (seppur in maniera vaga e decisamente alterata) basati sulla sua vita.

Una storia alternativa della sua morte, registrata per la prima volta ottant'anni dopo il fatto dal cronista romano il Conte Marcellino, riporta: "Attila rex Hunnorum Europae orbator provinciae noctu mulieris manu cultroque confoditur" ("Attila, Re degli Unni e devastazione delle province d'Europa, fu trafitto a morte dalla mano e dalla lama di sua moglie")Template:Rif. La saga Volsunda e l'Edda Poetica raccontano che Re Atli morì per mano di sua moglie GudrunTemplate:Rif. La maggioranza degli studiosi rifuta comunque queste versioni come racconti leggendari, preferendo invece la versione data da Prisco, contemporaneo di Attila.

I suoi figli Ellak (il successore designato), Dengizik ed Ernak comabatterono per la successione e, divisi, furono sconfitti e dispersi l'anno seguente nella Battaglia di Nedao (in Pannonia). L'impero di Attila non sopravvisse al suo fondatore.

L'aspetto, il carattere, il nome

File:Attila the Hun.jpg
Un ritratto di Attila - prob. XIX secolo

La fonte principale di informazioni su Attila è Prisco, uno storico che viaggiò con Massimino in un'ambasciata mandata da Teodosio II nel 448. Egli descrive il villaggio che i nomadi Unni hanno costruito e in cui si sono insediati come una grande città dalle solide mura di legno. Descrisse lo stesso Attila così:

"basso di statura, con un largo torace a una testa grande; i suoi occhi erano piccoli, la sua barba sottile e brizzolata; e aveva un naso piatto e una carnagione scura, che metteva in evidenza la sua origine."

L'aspetto fisico di Attila era probabilmente più sul tipo asiatico orientale o mongolo, o forse un misto di questo tipo e quello delle popolazioni turche centrasiatiche. Comunque egli probabilmente aveva i lineamenti tipici orientali, che gli Europei non erano abituati a vedere, e questi quindi lo descrissero spesso con termini amari.

Attila è conosciuto nella storia occidentale e nella tradizione come il "Flagello di Dio", e il suo nome è diventato sinonimo di crudeltà e barbarie; a questa fama può aver contribuito il fatto che la sua figura sia stata nel tempo assimiliata a quella di altri condottieri della steppa: Mongoli come Genghis Khan e Tamerlano, noti come signori della guerra abili in combattimento, crudeli e sanguinari, e dediti al saccheggio; la figura di Attila, in realtà, è più complessa.

Gli Unni all'epoca di Attila avevano avuto modo di interagire con la civiltà romana, principalmente tramite i Germani che abitavano al confine tanto che Prisco, all'epoca dell'ambasciata di Teodosio nel 448, identificò il gotico, l'unno ed il latino come i tre principali idomi del popolo di Attila. Prisco riferisce anche di un suo incontro con un prigioniero Romano che si era così integrato nello stile di vita degli Unni da non voler più ritornare a casa, ed il resoconto che lo storico fa di Attila, della sua semplicità ed umiltà è chiaramente intriso di ammirazione.

Il contesto storico in cui Attila visse fu determinante per la sua immagine pubblica, così come si venne a creare in seguito: nell'epoca di declino dell'Impero d'Occidente i suoi conflitti con Ezio (spesso chiamato "l'ultimo dei Romani") uniti alla stranezza della sua cultura, favorirono l'immagine del barbaro feroce e nemico della civiltà che è stata rappresentata in seguito in innumerevoli opere d'arte. Le saghe epiche in cui egli appare ci danno invece un'immagine più sfumata: un nobile e generoso alleato, come l'Etzel dei Nibelunghi, o il crudele Atli della Saga Voslunga e dell'Edda poetica. Alcune storie nazionali comunqe lo dipingono sempre in modo positivo: in Ungheria e Turchia i nomi di Attila (o "Atilla" in turco) e della sua ultima moglie Ildikó sono tutt'ora popolari. Sullo stesso piano si inserisce l'opera A láthatatlan ember (pubblicata in inglese come Slave of the Huns) dell'autore turco Géza Gárdonyi, ampiamente basata sull'opera di Prisco, che fornisce un'immagine di Attila come capo saggio ed amato.

Il nome "Attila" molto probabilmente origina da atta ("padre") e il ("nazione") e significare quindi "padre della patria"; il nome potrebbe anche essere di origine pre-turca (lo si confronti con Atatürk: "padre dei turchi" ed Alma-Ata, ora Almaty). Atil in lingua altaica è il nome del Volga, da cui Attila potrebbe aver preso il nome. "Attila" potrebbe significare in lingua gotica "piccolo padre" (atta: "padre" più il suffisso diminutivo -la), dato che molti Goti servirono sotto di lui.

Note

  1. Template:Note Il figlio più giovane avrebbe potuto essere Merovech, capostipite dei Merovingi anche se le fonti (Gregorio di Tours e i resoconti successivi della Battaglia di Chalons) non sono certi a riguardo.
  2. Template:NoteJ.B. Bury, The Invasion of Europe by the Barbarians, lecture IX (e-text)
  3. Template:Note Resoconti successivi della battaglia sostengono che gli Unni fossero già entrati in città, o la stessero già saccheggiando, quando arrivò l'esercito dei Romani e dei Visigoti. Giordano non fa menzione della cosa. Cfr. Bury, ibid.
  4. Template:NoteConte Marcellino, Chronicon (e-text), citato in Hector Munro Chadwick: The Heroic Age (London, Cambridge University Press, 1926), p. 39 n. 1.
  5. Template:Note Saga Voslunga, Chapter 39; Edda poetica, Atlamol En Grönlenzku, The Greenland Ballad of Atli

Voci correlate

Riferimenti bibliografici

Testi di epoca classica:

Testi moderni raccomandati (in inglese):

  • Blockley, R.C.: The Fragmentary Classicising Historians of the Later Roman Empire, vol. II (ISBN 0905205154) (collezione di frammenti testuali da Prisco, Olimpiodoro ed altri, con testo originale a fronte)
  • C.D. Gordon: The Age of Attila: Fifth-century Byzantium and the Barbarians (Ann Arbor, University of Michigan Press, 1960) traduzioni, con commenti ed annotazioni, di scritti antichi sull'argomento (inclusi quelli di Prisco)
  • J. Otto Maenchen-Helfen (ed. Max Knight): The World of the Huns: Studies in Their History and Culture (Berkeley, University of California Press, 1973) utile studio dottrinale
  • E. A. Thompson : A History of Attila and the Huns (London, Oxford University Press, 1948) il più autorevole studio in materia in lingua inglese. Ristampato nel 1999 con il titolo The Huns nella collana Peoples of Europe (ISBN 0631214437). Thompson non entra nelle controverise relative all'origine degli Unni e rilegge le vittorie di Attila come ottenute grazie alla mancanza di un opposizione concertata.

Collegamenti esterni