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* Possiamo trovare tracce Maya anche in [[Assassin's Creed]]. Nel finale si cita la divinità Quetzcoal collegandola eventuale fine del mondo nel 2012, ritenendolo il salvatore che, attraverso il "sacrificio", porterà alla salvezza. Si parla anche del calendario Maya, mettendo luce una data importante quale "13.00.0.0" (corrispondente al 21/12/2012) e collegandola poi una delle teorie del caos (teorie fisiche matematiche) quale "l'effetto farfalla" che spiega come sia importante ogni azione compiuta da un essere umano che potrebbe avere conseguenze disastrose. Si dice che un minimo battito d'ali di una farfalla possa scatenare un uragano dall'altra parte del mondo (The Butterfly Effect). |
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Versione delle 17:34, 21 apr 2010
Il termine Maya può riferirsi sia alla cultura archeologica sia ai popoli moderni che vivono nel sud del Messico e nella parte settentrionale dell'America Centrale e facenti parte della famiglia linguistica maya.
La cultura maya
La civiltà maya fiorì nella zona del Centroamerica che si estende attualmente dal sud del Messico (penisola dello Yucatan) fino all’Honduras e El Salvador passando per Guatemala e Belize. Gli archeologi dividono questa vasta area in due regioni: una a sud denominata “terre alte”, costituite dal sistema montuoso presente sul territorio guatemalteco, e una regione a nord o “terre basse”, che comprendono la foresta tropicale del Guatemala e Belize del nord e le zone più aride della penisola dello Yucatan.
- Il Periodo Preclassico (1800 a.C.-250 d.C.)
- Il Periodo Classico (250 d.C.-987 d.C.)
- Il Periodo Postclassico (987 d.C.-1530 d.C.)
La scrittura
Quella dei Maya è l'unica civiltà precolombiana che abbia lasciato numerose ed estese iscrizioni. La scrittura maya era una scrittura logosillabica, nella quale cioè ciascun simbolo, o grafema, poteva sia rappresentare una parola o comunque avere un significato a sé stante, sia indicare foneticamente una sillaba. L'inizio dell'uso di una lingua scritta da parte dei Maya si può far risalire all'inizio dell'era cristiana. Una grande quantità di iscrizioni maya sono incise su stele, e contengono riferimenti alle date principali della loro storia. La comprensione di questi testi era peraltro limitata alla casta sacerdotale e ai dignitari d'alto rango.
Il tempo
La cronologia dei maya era calcolata da un punto fisso del passato , proprio come il cristiano parte dalla nascita di Gesù, il greco dai primi giochi olimpici e il romano dalla fondazione di Roma. Il loro calendario viene ancorato a una data (il Lungo computo), tradotta come 3114 a.C., forse correlata a un ipotetico evento come una nuova creazione del mondo dopo qualche immane catastrofe. Dai primi secoli dell'era cristiana, i loro sacerdoti astronomi predissero le eclissi con grande precisione e stabilirono accuratamente il corso di Venere.
Il calendario
Il giorno era il k'in; 20 kin costituivano un uinal; 18 uinal l'haab, cioè l'anno di 360 giorni, più un 19° brevissimo, di soli 5 giorni uayeb, ed erano 5 giorni che portavano male e durante i quali la gente se ne stava chiusa in casa facendo i debiti scongiuri. I 18 uinal avevano ciascuno il proprio nome, così come i 20 kin, e ognuno era indicato con un proprio glifo.
Vi era inoltre un calendario secondario concatenato al precedente che serviva a scopi rituali e divinatori composto da 260 giorni, 13 mesi di 20 giorni.
Il secolo durava 52 anni. 20 anni di 360 giorni rappresentavano un K'atun, ciclo destinato a ripetersi senza variazioni significative, ed è il katun ad essere rappresentato nelle steli che sono erette nelle città più importanti all'inizio o al termine di un ciclo significativo di 20 anni.
I ritmi dell'eterno fluire di giorni, mesi e stagioni è un miracolo che spinge i maya ad attribuire ad ogni alba e ogni tramonto una sacralità profonda.
Ogni gesto, ogni attività umana si modella sui segni che il giorno porta con sé, sugli umori del sole che torna ogni alba dal regno degli inferi per raggiungere il cielo.
La matematica
I Maya utilizzavano un sistema di numerazione a base vigesimale (tipo di numerazione avente per base il numero 20). Un punto "." rappresentava l'unità, mentre una barretta "_" veniva utilizzata per rappresentare il 5; al numero venti entrava in campo lo zero. Il numero zero era concepito come posizione vuota : 0. 1,2,3,5,6,12,15,20
Per la civiltà maya la matematica faceva parte della sfera religiosa e rappresentava forme di conoscenza e di controllo delle energie sacre emanate principalmente dagli astri, considerate divinità o epifanie dell'essenza divina.
Fonti e temi della cultura maya
La scrittura maya, costituita da segni ideografico-fonetici, è stata in parte decifrata dagli studiosi, ma ciò non è bastato fino ad oggi per interpretare tutte le numerose iscrizioni dipinte e scolpite su monumenti, suppellettili e codici. Tra i testi scritti più importanti che ci tramandano alcuni importanti miti, leggende e avvenimenti storici dei Maya Quiché è il Popol Vuh, letteralmente collezione di foglie scritte, è una raccolta di documenti scritti scoperta agli inizi del 700 da un frate domenicano, questo si fece consegnare dagli indiani l'originale, lo trascrisse e lo tradusse poi in spagnolo. Popol Vuh è diviso in quattro parti, le prime tre dedicate alle vicende mitiche, il quarto alle vicende storiche Quiché. Quest'opera venne scritta circa nel 1550 da un ignoto o da ignoti autori come opera di salvataggio del prezioso documento della sua antica cultura. Si narra della nascita del mondo, degli avi, il Creatore (formatore) del mondo, madre e padre della vita, si parla della cultura maya e della sua visione del mondo; infatti è considerata come la bibbia maya.
Architettura
Nell'urbanistica generale maya troviamo nel centro delle città i monumenti civici e religiosi, i templi, le residenze di corte e i luoghi d'incontro; alla periferia si sparpagliavano i villaggi e le case dei contadini. Tikal fu una delle più grandi ma sicuramente non la più antica, se si pensa a centri come El Mirador e ai centri preclassici presenti nell'attuale Belize o anche a Kaminaljuyu in Guatemala. Il suo centro civico e religioso aveva una superficie di circa 2 Km², i centri minori erano distribuiti per un raggio di 2 o 3 miglia. La dominavano 5 templi a piramide; il più alto misurava 75 metri. Poi c'era Copán, creduta per molto tempo l'Alessandria del mondo maya a causa di una erronea lettura di un altare presente nel sito, che fu creduto rappresentasse una riunione di scienziati e degli astronomi, mentre poi venne riconosciuto come l'elenco dei sovrani della città, Chichén Itzá, città sacra dello Yucatán alla quale i pellegrini si avvicinavano con reverenza, aveva un grande pozzo naturale, sede dei sacrifici umani. All'ombra delle città si trovavano i campi di mais, tutto ciò che facevano, tutto ciò in cui credevano i maya, era messo in relazione con il mais. I templi e i sacrifici avevano il compito di assicurare abbondanti raccolti; l'elaborata teologia era uno strumento di propiziazione del potere, ma anche dei frutti della semina; il calendario era suddiviso in funzione dei lavori da compiere nei campi. Nelle città maya nei giorni di festa vi affluiva tutto il contado che assisteva ai riti, sfilava in processione, impiantava le bancarelle, giocava alla palla, pagava le tasse e poi se ne tornava alle proprie comode capanne nell'hinterland. Tornando al discorso riguardante l'architettura maya, essa sembra sia stata del tutto autoctona; ma parecchi studiosi suppongono che possa essere stata influenzata da qualche contatto con la civiltà asiatica, il materiale abbondava. La pietra calcarea veniva estratta ancora fresca dal terreno, la si trattava nelle fornaci per ricavare la calcina. Gli stucchi servivano per correggere gli errori di costruzione. Anche se i blocchi di pietra erano finemente tagliati e selezionati. Tratti caratteristici dell'architettura maya furono il tetto sporgente, la volta e l'arco (volta a mensola, arco finto). Frequenti nell'architettura maya sono i grandi mascheroni in stucco che rappresentano generalmente le divinità, che derivano probabilmente dalle maschere di uomo-giaguaro degli Olmechi. La maestosità dell'architettura serviva per impressionare la folla dei fedeli.
La pittura
Al pari di molte civiltà del passato, i maya come altri popoli dell'America Centrale erano soliti caratterizzare sculture ed edifici mediante il colore, sia che questi ultimi avessero pareti lisce o fossero decorati a rilievo. Decorazione policrome all'interno di tombe di templi e palazzi come in rosso indio puro, azzurro di fondo. Temi: musicisti, danzatori, servitori con parasoli ricoperti di piume, personaggi con maschere di animali acquatici, sacerdoti e maestri di cerimonie, i signori e i nobili detentori del potere delle città, donne che si acconciano e si struccano, processioni di cortigiani, mascheroni di divinità, battaglie, il trapasso dalla vita alla morte, celebrazioni della vittoria, rituali scene di violenza e sacrifici umani, serpenti, giaguari. Una delle più spiccate doti artistiche dei maya è dunque, senza dubbio, l'inclinazione particolare per il disegno, una sensibilità sotto molti aspetti a quella dell'arte asiatica. La scultura si sviluppò senza influenze esterne nel periodo classico tra 550-900 d.C., e fu molto fiorente.
Arti minori
La sensibilità artistica di un popolo si riflette sempre fedelmente nella produzione di quelle che vengono chiamate arti minori. Esempio nella ceramica, vasi in onice e alabastro, sculture in legno, osso e pietra; inoltre usavano una lega speciale per la scultura e le armi, composta da oro puro e diversi materiali(tra cui l'argento). La maggior produzione di statuette in ceramica proviene dall'isola di Jaina, sono una serie di personaggi molti dei quali intenti ad attività quotidiane come la tessitura con il caratteristico telaio appeso per una estremità della cintura. Vi sono rappresentati sacerdoti o capi militari, sacerdotesse scrivani, maghi, stregoni, giullari e buffoni, ballerini, attori, giocatori di palla, suonatori, mercanti, servi, storpi e vecchi che amoreggiano. S'avverte in queste figurine la preoccupazione costante di riprodurre fedelmente i dettagli dell'abbigliamento e degli ornamenti del corpo cercando di rappresentare il più realisticamente gli atteggiamenti più significativi, il carattere e i sentimenti.
L'aldilà e gli dei
I Maya, come ovunque i loro contemporanei, diedero una spiegazione all'origine del mondo. C'erano stati parecchi mondi: ognuno era perito in un diluvio e si attendeva un altro diluvio. L'universo maya, come quello contemporaneo cristiano, era travagliato dalla perenne lotta fra le potenze del male e del bene. Il bene portava la pioggia, la fertilità e l'abbondanza; il male portava la siccità, gli uragani e le guerre. Sopra la terra esistevano 13 cieli di beatitudine e dietro di essi 9 d'inferno. Nel paradiso finale non esistevano più né dolore né povertà, né pesanti carichi da sopportare.
Nell'inferno finale c'erano fame, freddo e miseria. I Maya credevano in una copiosa rosa di divinità che sembra avesse origine da un culto più antico, la fede in un supremo Dio creatore. Ma questo Dio era troppo remoto dalla vita, cosicché i Maya inventarono degli intermediari, in grado di curare ogni aspetto e fase della vita: il figlio di un dio vero divenne il capitano della corte degli Dei con gli uomini dovevano trattare. C'erano gli dei del mais e della morte, c'era un dio onnipresente della stella del nord che vigilava sui viaggi dei mercanti. A parecchie divinità era attribuito il compito di vegliare sulla guerra, sul sacrificio umano e sulla morte violenta. C'era poi il dio del vento e le dee che presiedevano alle inondazioni, alla gravidanza e alla tessitura; c'era anche la dea dei suicidi, tenuta in alta considerazione poiché i suicidi erano favoriti nella rapida ascesa al più alto dei cieli. Altre divinità avevano una speciale giurisdizione sui periodi cronologici in cui era diviso il tempo, altre ancora erano riservate a ciascun giorno separatamente, e, per buona misura, ogni numerale aveva il suo dio. C'era un dio per ogni emergenza, un dio per ogni necessità, un dio per ogni periodo di tempo. Il dio a cui il semplice coltivatore di mais si rivolgeva con la più sincera devozione era Chac, il dio della pioggia, la cui benevolenza arrecava vita e felicità, la cui ira era portatrice di morte.
Le divinità maya
Quelle che possiamo definire come le divinità della religione maya, sono rappresentazioni plastiche di esseri sovrannaturali composte in tratti altamente stilizzati di svariati animali ed elementi vegetali, talvolta combinati con forme umane. Gli dei per i maya erano capaci di manifestarsi, a seconda delle circostanze, sia attraverso fenomeni naturali e tramite animali, sia nei simulacri eretti dagli uomini che permettevano la materializzazione delle energie sacre durante i rituali, al fine di ricevere le offerte degli uomini. Li veneravano per ciò che rappresentavano e il significato glielo avevano dato loro per questo non potevano essere idoli. Erano entità imperfette che nascevano e morivano, quindi bisognose d'essere alimentate per sopravvivere. Per i maya non esistono esseri immutabili, di conseguenza gli dei erano costantemente soggetti a cambiamenti in una iconografia vastissima. Per distinguerli però vi sono elementi simbolici costanti nel tempo. Tra le divinità più rappresentate v'è il Drago che simboleggia : il creatore del mondo, l'energia sacra suprema presente nell'intero cosmo. Sotto forma di serpente-uccello (il 1° simboleggia la terra ed è un serpente a sonagli, il 2° è il quetzal e simboleggia l'incarnazione del cielo). Inoltre è in relazione con il sole, l'acqua, il sangue, e il mais; s'arricchisce con elementi del giaguaro, del caimano e del cervo per dare vita al Drago Celeste. Diviene Drago bicefalo, serpente piumato e alato, serpente bicefalo, mascherone serpentiforme. Nel Postclassico Kukulcàn assunse il nome di Quetzalcoatl e venne rappresentato come serpente piumato o con sembianze di uomo-uccello-serpente; o come un anziano dagli occhi serpentiformi, grandi, rotondi o quadrangolari, bocca con un solo dente, o con tratti femminili. Quest'ultimo è il dio D.
Il Sole è la deità suprema, asse intorno al quale si sviluppava la vita, generatore del tempo, l'origine del divenire ingenerale 4 stagioni e la quadruplicità del cosmo.
È il signore numero quattro e il glifo che gli corrisponde consiste in un fiore con quattro petali.
È luce (ossia vita, giorno, ordine, bene) quando sorge, è giaguaro quando è il tramonto.
Ha grandi occhi quadrangolari e strabici, dente limato, lingua sporgente, zanne spiraliformi agli angoli della bocca e presenta una forma a 8 sulla fronte rappresentante il corpo di un serpente.
Rappresenta gli animali sacri = giaguaro, cervo, colibrì, aquila, gazza, ara.
Il dio Chaac (o Chac) è una variante del dio drago e presenta un naso cascante, pupille a forma di spirale, zanne ricurve e serpentine, impugna un'ascia o una torcia (da lui dipende la pioggia o la siccità). Nello Yucatán lo troviamo sotto forma di mascherone geometrico.
Dio K e Dio del Mais da essi esce dagli occhi una serie di foglie della suddetta pianta, privo di tratti animali e la testa che termina in una pannocchia.
Signore del numero otto, senza attributi zoomorfi visto che l'uomo nasce da un impasto di granoturco.
Vi sono varie dee: la dea lunare forza propizia della fertilità, la dea della pittura, della tessitura.
Quando è giovane la dea della luna rappresenta la medicina e il parto, quando è vecchia la terra, vegetazione e tessitura.
Siti archeologici
Le popolazioni di lingua maya
«Non siamo un mito del passato, rovine nella giungla o negli zoo. Siamo persone e vogliamo essere rispettate, non essere vittime dell'intolleranza e del razzismo.»
Si stima che vi siano 6 milioni di Maya viventi in questa regione all'inizio del XXI secolo; alcuni sono abbastanza integrati nella cultura moderna delle nazioni nelle quali risiedono, altri conservano uno stile di vita differente e più legato alle proprie tradizioni, spesso parlando i linguaggi maya.
Le più vaste popolazioni maya sono negli stati messicani di Yucatán, Campeche, Quintana Roo, Tabasco e Chiapas, nonché nelle nazioni centroamericane di Belize, Guatemala e a occidente in Honduras e in El Salvador.
Yucatán
Il gruppo più vasto di Maya moderni si trova nello stato messicano dello Yucatán. Il nome Yucatán si narra derivi da Yectean, esclamazione che significa più o meno "non ho capito". Così rispondevano le popolazioni cui gli spagnoli chiedevano il nome della propria terra: Yectean, non ho capito. Comunemente si identificano come "Maya", senza nominare alcuna tribù (diversamente da quelli che vivono negli altopiani occidentali del Guatemala) e parlano una lingua che gli antropologi definiscono "maya yucateco", ma è chiamato semplicemente "maya" da chi lo parla e dagli altri yucatechi; parlano comunque anche lo spagnolo. Specialmente nelle regioni occidentali, anche quelli che parlano maya in casa spesso si definiscono meticci, il che mostra una certa assimilazione alla cultura dominante messicana.
Storicamente, la popolazione della metà occidentale della penisola era meno integrata con la cultura ispanica e meno assoggettati ai coloni rispetto agli abitanti della metà orientale.
Vi fu una grande rivolta dei maya yucatechi, nel XIX secolo, che fu una delle più riuscite rivolte moderne degli Indios. Essa portò tra l'altro alla temporanea esistenza di uno stato maya di Chan Santa Cruz, riconosciuto come nazione indipendente dall'Impero Britannico.
Lo sviluppo del turismo nel Mar dei Caraibi ha incoraggiato uno spostamento demografico da altre regioni del Messico. Questo fenomeno però, secondo molti critici, è stato motivato almeno in parte dal desiderio del governo centrale messicano di diminuire l'identità maya della regione a favore di una generica "messicanità".
Questo processo ha creato forti scompensi nella identità culturale dei discendenti del popolo maya.
Chiapas
Il Chiapas fu lo stato del Messico meno toccato dalle riforme della Rivoluzione messicana. Molti Maya qui supportano l'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN).
I maggiori gruppi etnici chiapanechi sono tzotzil e i tzeltal, che si trovano sugli altopiani; i tojolabal,i ch'ol, i lacandoni.
Guatemala
In Guatemala le popolazioni maya più vaste e più legate alle antiche tradizioni si trovano negli altopiani occidentali.
In questo stato la politica seguita dai coloni spagnoli è stata quella di mantenere le popolazioni indigene separate e sottomesse e continua ancor oggi nel XXI secolo. Questo ha portato alla conservazione di molti costumi tradizionali, unico stile di vita possibile per i Maya.
Continua ancor oggi una notevole identificazione con le tribù, che spesso corrispondono agli stati-nazione precolombiani. Molte persone indossano tutt'oggi abiti che distinguono i gruppi locali specifici da tutti gli altri. I vestiti delle donne tendono a essere più tradizionali rispetto a quelli maschili, poiché gli uomini hanno avuto una maggior interazione con la cultura ispanica e maggiori rapporti commerciali.
Fra i popoli maya degli altopiani vi sono i quiché, i mam, i pocomam, i caqchikel, gli ixil, i kekchi, i tzutuhil, i jacaltechi.
Temi nei videogiochi
- Nel videogioco Tomb Raider: Underworld, l'archeologa Lara Croft parte in missione per il Messico indagando sulla leggenda del martello di Thor, e sul suo cammino trova un sito maya, dove è situato un Calendario maya.
- Possiamo trovare tracce Maya anche in Assassin's Creed. Nel finale si cita la divinità Quetzcoal collegandola a un'eventuale fine del mondo nel 2012, ritenendolo il salvatore che, attraverso il "sacrificio", porterà alla salvezza. Si parla anche del calendario Maya, mettendo in luce una data importante quale "13.00.0.0" (corrispondente al 21/12/2012) e collegandola poi a una delle teorie del caos (teorie fisiche matematiche) quale "l'effetto farfalla" che spiega come sia importante ogni azione compiuta da un essere umano che potrebbe avere conseguenze disastrose. Si dice che un minimo battito d'ali di una farfalla possa scatenare un uragano dall'altra parte del mondo (The Butterfly Effect).
Voci correlate
- Abaco maya
- Aztechi
- Civiltà precolombiane
- Classificazione dei nativi americani
- Lingua maya
- Mitologia maya
- Nativi americani
- Storia dei Maya
- Fine del mondo
- 21 dicembre 2012
Bibliografia
- J. Eric S. Thompson, La civiltà Maya, Einaudi, 2006, ISBN 88-06-17764-8.
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