Dragon Age Wiki
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Questa è una delle storie brevi dei compagni di Dragon Age II. Questa in particolare è una traduzione non ufficiale del racconto di Sebastian che è stato scritto da Jennifer Hepler e pubblicato esclusivamente in inglese nel 2013.

Storia[]

I principi non sono tagliati per la castità.

Così mi sono detto, quando sono stato trascinato dalla milizia dei miei genitori e lasciato marcire in questo monastero. Dicono che sono una vergogna per il nome della famiglia Vael, che sarò di peso a mio fratello quando verrà a governare Porto Brullo. Io dico che se sei un principe senza potere, tanto vale usare il titolo per divertirsi un po'.

“Sebastian?” La voce del mio carceriere, il Capitano Leland della guardia personale dei miei genitori, fedele a loro fino alla morte. In questo caso, la mia morte. “Ha bisogno di altro per stasera, vostra altezza?”

“Sto bene”. Lo lascio andare via. Voglio stare da solo. Un momento di silenzio, ed ecco che i suoi passi eccheggiano in fondo al corridoio. Ripetiamo la stessa scena ogni notte; dovrebbe avere fiducia nel fatto che resterò nella mia cella, obbediente, addormentato.

Tiro fuori il biglietto che era sotto il mio piatto nella sala da pranzo:

Sebastian, so che odi questo posto. Se vuoi andartene, raggiungi l'ingresso posteriore a mezzanotte. Mi assicurerò che nessuno ci disturbi.

È il tratto di una donna, sottile e delicatamente tondeggiante. Mi chiedo ancora chi potrebbe averlo scritto. Un altro novizio, sicuramente. C'era una bella ragazza che ho visto pregare presso l'altare, l'altro giorno, magari era stata portata qui contro la sua volontà.

Controllo la porta. Sono stato bravo, non mi hanno ancora chiuso a chiave. Sussurro una breve preghiera: “Andraste, aiutami a uscire di qui e...”

L'ironia mi colpisce e mi ferma. Non è che io non ci creda. Sono stato fedele al culto, a modo mio. Ho appreso il Canto da ragazzo e posso ancora ricordare ogni versetto. Ho pagato la decima fedelmente, con delle monete che potevo davvero definire "mie". Ho lottato per ciò che è giusto: ho affrontato gli schiavisti del Tevinter che calpestavano Porto Brullo, sono stato gentile con i nostri elfi. E in cambio, Andraste mi ha preservato da un bel po' di guai. Non mi è mai parso strano prima di oggi chiedere il suo aiuto per conquistare il cuore di una donna o vincere una rissa da bar. Eppure, posso veramente chiederle di aiutarmi a sfuggire dal suo stesso servizio?

Adesso lasciami andare, imploro in silenzio, e qualunque cosa mi verrà chiesta l'avrai più tardi. Quando sarò vecchio. In pensione prenderò volentieri i voti, come il nonno, ma fammi vivere la vita adesso.

La sala è vuota. Nessun segno evidente che Lei abbia sentito o no.

Il mio arco è nelle mie mani. La Somma Sacerdotessa Elthina ha insistito perché mi fosse permesso di tenere le mie cose, grazie al Creatore.

C'è una candela accesa in fondo al corridoio. Prendo una freccia, e la scocco attraverso lo stoppino, lasciandomi nell'oscurità. Aspetto, ma non viene nessuno. Sono solo.

Corro silente e leggero lungo il tappeto di tessuto antivano. Sono abituato a muovermi nel buio. Alla fine dell'ingresso, una grande finestra è chiusa e protegge dal freddo invernale. Il legno è rigido per l'umidità ed è difficile da smuovere, ma un secco colpo di spalla mi apre un passaggio nella notte. Non ci sono alberi all'esterno della chiesa di Kirkwall, ma è il mio momento. Uno delle piccole costruzioni è di legno, ed è abbastanza alta da poter essere usata.

C'è un rotolo di corda al mio fianco, un dono del mio misterioso complice. Faccio un nodo stretto nell'impennaggio di una freccia e la lancio. Tornandomi alla mente la preghiera di prima penso: Va bene, Andraste, se hai intenzione di farmi catturare dalle sacerdotesse, fallo, ma ti prego fai che questa freccia mi regga. Non riesco a pensare a un modo peggiore di morire che rompermi il collo mentre cerco di uscire dalla finestra della chiesa.

E Lei deve essere in ascolto, perché la corda è tesa, la freccia è forte, la mia presa è buona, e nel tempo di un battito del cuore, le mie gambe balzano sul legno e faccio scorrere la corda lentamente, scendendo giù.

Un'ombra si muove sotto. Per un momento maledico il bisogno di tenere la corda con entrambe le mani, mentre il mio arco rimane inutilmente appeso alla schiena. Scuoto la testa. Se qualcuno mi scopre, non voglio combattere. Non odio nessuno di questa chiesa, sono brave persone, servono il Creatore come possono. La mia denuncia è contro i miei genitori, per avermi mandato qui come punizione, per avermi costretto al celibato per proteggere i miei fratelli da possibili eredi rivali che potrei generare.

Non voglio uccidere nessuno in cambio della mia libertà. È mia, da valutare come voglio, e non vale una singola vita.

Cado a terra sbattendo gli stivali nella creta e vedo quello che non ho potuto vedere prima. Più di una persona mi attende nel buio del muro della chiesa. Non può essere il mio misterioso collaboratore, sarebbe stata sola, non affiancata dai templari. Per un attimo, penso a fuggire, ma il mio addestramento iniziale è ancora vivo. Se ho perso questa battaglia, almeno la perderò con dignità. I principi non scappano.

Una delle sagome fa un passo avanti. Si tratta di una donna, dai capelli grigi e vestita color cremisi.

“Vedo che hai il mio biglietto.”

Il mio cuore sussulta, può essere lei, dopotutto, la mia compagna di noviziato ribelle? Ma poi riconosco la voce. L'ho sentita, in fondo, per la maggior parte della mia vita, mentre portava il Canto a Kirkwall, a Porto Brullo, e in tutti i Liberi Confini. La Somma Sacerdotessa Elthina, la madre di noi tutti.

“V-vostra grazia....” balbetto. Poi mi riprendo. “Siete stata voi a inviarmi questa nota?”

Si rivolge ai templari. “Lasciateci”, dice bruscamente e senza esitazione, “non corro alcun pericolo da Sua altezza.”

I templari ci lasciano e siamo soli nel buio.

“Mi avete inviato voi la nota?” Lei annuisce. “E la corda?” Ripete il gesto. Ora sale la rabbia in me. “Perché? Per dimostrare a me stesso quanto sono disperato? Pensate che questo sia divertente?”

“Ti ho scritto perché capisco come ti senti.”

“Sono alla vostra mercé qui. È davvero necessario prendermi in giro?!”.

“Sebastian!”. La sua voce è forte abbastanza da farmi incontrare i suoi occhi. Sono grigi, morbidi, compassionevoli. “Ho giurato di pormi al servizio di Andraste, ma questo non significa che non capisco ciò che avviene nel mondo. Io so che non è per tua scelta che sei qui.”

“Non è che io non abbia fede...” Sento il bisogno di spiegare.

“Lo so.” La sua voce è bassa, triste, ed ho il sospetto che stia dicendo la verità. “I tuoi genitori desiderano usare la Chiesa per favorire i loro obiettivi politici.” Fa una pausa. “Questo non è un atto di fede”.

Lei prende la mia mano nella sua e la gira. Vi mette dentro un sacchetto, con pesanti monete. Guardo al suo interno e vedo che sono tutte d'oro. “Questa è la donazione che hanno fatto per te. Se questa non è la vita che vuoi, usala per viverne un'altra”. La guardo, attonito, e lei chiude delicatamente le mie dita intorno al sacchetto. “La gente serve il Creatore in molti modi, Sebastian. Non c'è bisogno di prendere i voti per servirlo”.

Lei mi fa un sorriso storto, accentuando le rughe del viso, poi si gira e torna all'interno della chiesa. Mentre la sua mano tocca la porta, ritrovo la mia voce.

“Ma perché?”.

Elthina si gira, la luce della luna le riflette addosso un alone luminoso che sono sicuro non sia casuale. “Perché nessuno dovrebbe mai entrare nella Chiesa dalla porta di servizio”, dice lei. “L'unico che può compiere questa scelta sei tu, Sebastian. La porta d'ingresso sarà sempre aperta”.

Detto questo, lei è dentro, e io sono solo nella notte. Guardo il sacchetto di monete, che sono abbastanza per essere libero dalla mia famiglia, i miei titoli, per sempre. Abbastanza per iniziare la vita che ho sempre voluto, libero di seguire i miei capricci, di ridere e di seguire gli amori che ho scelto. Abbastanza per essere...

Le parole si ammassano nella mia testa: inutile, senza scopo, egoista, solo.

Mi trovavo in una taverna quando il Capitano Leland mi ha trovato. È lì che penso di incontrare il mio Creatore?

Prima ancora di conoscere la risposta, i miei piedi si stanno muovendo, tirandomi fuori dall'ombra, nella piena luce delle torce e della luna. “Grazie”, sussurro ad Andraste, prima che la mia mano tocchi il bronzo liscio del manico della porta, ed entro nella Chiesa. Dalla porta d'ingresso.

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