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Aquileia (città antica)

Coordinate: 45°46′23.85″N 13°21′59.43″E
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Aquileia
Resti del foro
Nome originale (LA) Aquileia
Localizzazione
Stato attuale Italia (bandiera) Italia
Località Aquileia
Coordinate 45°46′23.85″N 13°21′59.43″E
Cartografia
Mappa di localizzazione: Italia
Aquileia
Aquileia
L'antica città romana di Aquileia nel suo sviluppo, periodo per periodo: dal primo periodo repubblicano (con le mura del castrum legionario quadrangolare in rosa più scuro); a quello successivo dopo la costruzione della via Annia (dopo la vittoria sui Cimbri) con le mura costruite nel 100 a.C.; fino alla città alto imperiale (con le mura costruite nel periodo compreso tra l'imperatore Marco Aurelio e Massimino il Trace); ed a quella del IV secolo di Teodosio I. Sono presenti i principali monumenti dell'epoca: dal circo, al teatro, curia, Palatium, terme, porto fluviale ecc.
 Bene protetto dall'UNESCO
Zona archeologica e Basilica Patriarcale di Aquileia
 Patrimonio dell'umanità
TipoCulturale
Criterio(iii)(iv)(vi)
Pericolonon in pericolo
Riconosciuto dal1998
Scheda UNESCO(EN) Archaeological Area and the Patriarchal Basilica of Aquileia
(FR) Scheda

Aquileia romana (l'odierna Aquileia in Friuli; in latino Aquileia) fu fondata nel 181 a.C. dai Romani,[1] nel territorio degli antichi Carni:[2]

«Nello stesso anno [181 a.C.] fu dedotta nel territorio dei Galli la colonia di Aquileia. 3 000 fanti ricevettero 50 iugeri ciascuno, i centurioni 100, i cavalieri 140. I triumviri che fondarono la colonia furono Publio Scipione Nasica, Gaio Flaminio e Lucio Manlio Acidino[3]

Importante città militare di frontiera fin dall'epoca repubblicana, divenne una delle capitali dell’Impero romano sotto Massimiano. Nel 452 d.C. fu infine distrutta dalle orde degli Unni di Attila, non tornando mai più agli antichi splendori.

«Aquileia, poi che è la più vicina al golfo dell'Adriatico è stata fondata dai Romani, fortificata contro i barbari dell'interno. Si risale con le navi verso la città salendo lungo il corso del Natiso per circa 60 stadi. essa serva ad emporio a quei popoli illirici che abitano lungo l'Istro. Essi vengono a rifornirsi di prodotti provenienti dal mare, come il vino che mettono in botti di legno caricandolo sui carri e anche l'olio, mentre la gente della zona viene ad acquistare schiavi, bestiame e pelli. Aquileia è situata oltre il confine dei Veneti. Il confine è segnato da un fiume che scorre giù dalla Alpi ed attraverso il quale, con una navigazione di 1.200 stadi si risale fino alla città di Noreia

Ecco come la descrive Erodiano, al tempo del suo assedio del 238, da parte delle truppe di Massimino il Trace:

«Prima che si verificassero questi eventi, Aquileia era una città molto grande, con una popolazione stabile molto numerosa. Situata sul mare, aveva alle sue spalle tutte le province dell'Illirico. Aquileia era utilizzata come porto d'ingresso per l'Italia. La città aveva, così, reso possibile che le merci fossero trasportate dall'interno via terra o dai fiumi, per essere scambiate con le navi mercantili. [Le merci] erano, inoltre, trasportate dal mare alla terraferma a seconda delle necessità, quando le merci non erano prodotte in zona, a causa del clima freddo, ma inviate fino alle zone montane. Dal momento che l'agricoltura dell'entroterra aveva numerosi addetti alla produzione del vino, ne esportava in grandi quantità verso i mercati che non potevano coltivarvi la vite. Il grande numero di persone che vivevano stabilmente in Aquileia, non era formato solo da residenti autoctoni, ma anche da stranieri e commercianti. In questo momento la città era ancora più affollata del solito. Tutte le persone dalla zona circostante avevano lasciato le piccole città o villaggi e si erano rifugiate [nella grande città]. Esse mettevano le loro speranze di salvezza nella città di grandi dimensioni e nelle sue mura difensive. Queste antiche mura, tuttavia, erano per la maggior parte crollate. Sotto il dominio romano le città d'Italia non avevano, normalmente, bisogno di mura o armi. Avevano sostituito una pace duratura alla guerra e avevano anche guadagnato di partecipare al governo romano.»

Periodo repubblicano (181-31 a.C.)

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Fu fondata nel 181 a.C. nei pressi del fiume Natissa come colonia di diritto latino,[1] da Lucio Manlio Acidino,[3] Publio Scipione Nasica e Gaio Flaminio, mandati dal Senato a sbarrare la strada alle popolazioni limitrofe di Carni e Istri, che minacciavano i confini orientali d'Italia.[4] Fu retta inizialmente da duumviri e poi da quattuorviri con un suo senato.[5] La città dapprima crebbe quale avamposto militare in vista delle future campagne contro Istri e Carni, più tardi come "quartier generale" per un'eventuale espansione romana verso il Danubio.

I primi coloni furono 3 000 veterani,[5] seguiti dalle rispettive famiglie provenienti dal Sannio, per un totale di circa 20 000 persone, a cui fecero seguito dei gruppi di Veneti; più tardi, nel 169 a.C., si aggiunsero altre 1 500 famiglie,[5][6] mentre in città si insediarono anche comunità orientali, come quella egizia, ebraica e siriana.

Territori della Gallia Cisalpina (evidenziati in rosso trasparente) tra la fine del II e gli inizi del I secolo a.C.. Anche Aquileia sembra appartenesse a questa provincia.

Aquileia costituì la base principale delle operazioni militari nell'Illirico dei consoli Lucio Cornelio Lentulo Lupo, Gaio Marcio Figulo e Publio Cornelio Scipione Nasica Corculo, durante gli anni 156-155 a.C., contro le tribù dei Dalmati, che portarono poi alla conquista della città di Delminium.[7] Nel 129 a.C. il console Gaio Sempronio Tuditano attaccava le popolazioni degli Istri di Iapodi e Liburni dall'Italia settentrionale (dal suo "quartier generale" di Aquileia, come risulta da un elogio che gli venne dedicato[8])[9] e successivamente sconfisse anche le popolazioni Alpine dei Carni e dei Taurisci (della zona di Nauporto), meritandosi per questi successi il Trionfo.[10] Dieci anni più tardi, nel 119 a.C. Lucio Cecilio Metello portava a termine una nuova campagna vittoriosa contro i Dalmati, utilizzando Aquileia come base delle sue operazioni,[11] celebrando l'anno seguente il trionfo[12] e meritandosi il titolo vittorioso di Delmaticus.[13] Quattro anni dopo, nel 115 a.C., il console Marco Emilio Scauro, operò in Gallia Cisalpina sia contro i Liguri a ovest, sia contro i Carni e i Taurisci a est, utilizzando in questo secondo caso Aquileia, come "quartier generale".[10][14] Ancora due anni più tardi, nel 113 a.C., il console Gneo Papirio Carbone fu inviato a fronteggiare un'invasione di genti germanico-celtiche (tra cui i Cimbri), le quali erano penetrate nell'Illirico e poi nel Norico. Carbone, a capo di un esercito che aveva come quartier generale Aquileia,[15] fu però sconfitto presso Noreia.

Dall'origine di base militare deriva la forma quadrilatera del presidio, divisa dal cardine massimo, l'attuale via Giulia Augusta, e dal decumano massimo. Pacificata e romanizzata la regione, la città, municipio dopo l'89 a.C. grazie alla lex Iulia de civitate (che conferiva la pienezza del diritto romano, assegnandola alla tribù della Velina[16]) si ingrandì in fasi successive, come attestano le diverse cinte murarie. Divenne centro politico-amministrativo (capitale della X Regione augustea, Venetia et Histria) e prospero emporio, avvantaggiata dal lungo sistema portuale e dalla raggiera di importanti strade che se ne dipartivano sia verso il Nord, oltre le Alpi e fino al Mar Baltico ("via dell'ambra"), sia in senso latitudinale, dalle Gallie all'Oriente. Fin da tarda età repubblicana e durante quasi tutta l'epoca imperiale Aquileia costituì uno dei grandi centri nevralgici dell'Impero romano.[17] Notevole fu la vita artistica, sostenuta dalla ricchezza dei committenti e dall'intensità dei traffici e dei contatti. La sua posizione faceva sì che la città fosse un crocevia del commercio di vetro, ferro e ambra; veniva anche prodotto un vino di nome Pucinum.

Aquileia proprio in questo periodo acquisì sempre più importanza strategico-militare. Doveva fungere da postazione avanzata a protezione dell'Italia settentrionale, contro eventuali invasioni da nord e da est, come accadde:

Busto del giovane Ottaviano, futuro imperatore Augusto che da Aquileia condusse alcune campagne militari contro Istri, Pannoni e Dalmati (Museo archeologico cittadino).

Sappiamo che durante il suo primo consolato del 59 a.C., Gaio Giulio Cesare, con l'appoggio degli altri triumviri (Pompeo e Crasso), ottenne con la Lex Vatinia del 1º marzo[21] il proconsolato delle province della Gallia Cisalpina[22] e dell'Illirico per cinque anni e il comando di un esercito composto da tre legioni[23]. Poco dopo un senatoconsulto aggiunse anche quella della Gallia Narbonense[24], il cui proconsole era morto all'improvviso, e il comando della X legione[25].

Il fatto che a Cesare sia stata assegnata inizialmente la provincia dell'Illirico come parte del suo imperium, e che all'inizio del 58 a.C. ben tre legioni fossero state dislocate ad Aquileia,[26] potrebbe indicare che egli intendesse cercare proprio in quest'area gloria e ricchezze con cui accrescere il suo potere e la sua influenza militare e politica. Cesare aveva infatti bisogno di importanti vittorie militari così da costruirsi un suo potere personale con il quale controbilanciare quello che Pompeo si era costruito con le vittorie ottenute in Oriente. A tal fine progettava probabilmente una campagna oltre le Alpi Carniche fin sul Danubio, sfruttando la crescente minaccia delle tribù della Dacia (corrispondente grosso modo all'odierna Romania), che si erano riunite sotto la guida di Burebista, il quale aveva poi guidato il suo popolo alla conquista dei territori dislocati a ovest del fiume Tibisco, oltrepassando il Danubio e sottomettendo l'intera area su cui si estende l'attuale pianura ungherese, ma soprattutto avvicinandosi pericolosamente all'Illirico romano e all'Italia. Le sue armate si erano però fermate all'improvviso, forse per il timore di un possibile intervento diretto di Roma nell'area balcano-carpatica. Così, invece di continuare nella sua marcia verso occidente, Burebista era tornato nelle sue basi in Transilvania, rivolgendo poi le proprie mire a Oriente: attaccò i Bastarni e infine assediò e distrusse l'antica colonia greca di Olbia (nei pressi dell'attuale Odessa).[27]

Sappiamo di numerosi soggiorni di Cesare ad Aquileia durante la conquista della Gallia: nell'inverno del 57-56 a.C., relativamente a operazioni militari/diplomatiche condotte dallo stesso proconsole nei pressi di Salona attorno al 3 marzo di quell'anno;[28] nel 54 a.C. per condurre una breve campagna contro il popolo dei Pirasti che abitavano l'Illirico meridionale;[29] ancora negli inverni del 54-53 a.C.[30] e del 53-52 a.C.;[31] qui Cesare tornò insieme alla legio XV durante l'inverno successivo, dopo che la città era stata attaccata insieme a Tergeste dagli Iapidi,[32] quando il proconsole era impegnato in Gallia contro Vercingetorige. La conseguenza fu che gli abitanti di Aquileia, non solo furono costretti a riparare le mura danneggiate,[33] ma iniziarono la costruzione di due castella difensivi: a Tricesimo (50 km a nord di Aquileia)[34] ed a Iulium Carnicum.[35]

Nel 49 a.C., allo scoppio della guerra civile, Aulo Gabinio fu richiamato da Cesare e gli fu affidato il comando delle operazioni nell'Illirico. Sembra che disponesse di tre nuove legioni ad Aquileia (la XXXIII, la XXXIV e la XXXV, pari a 30 coorti totali[36]) e che, a capo di 15 coorti e 3 000 cavalieri, marciando verso sud in direzione della Macedonia, subì un improvviso attacco da parte dei Dalmati, riuscendo a riparare a Salona solo con pochi superstiti.[37] Alla fine riuscì a unirsi a Lucio Cornificio (che aveva alle sue dipendenze le legioni XXXI e XXXII) con i pochi armati rimasti, per combattere contro queste popolazioni.[36]

Un quindicennio più tardi, tra il 35 e il 33 a.C., Aquileia rimase ancora "quartier generale" delle campagne militari di Ottaviano nell'Illirico. Si trovava al centro di tre differenti direttrici di marcia: quella più a sud-est verso le tribù della costa; quella "centrale" che portava nei territori dei Giapidi; e quella più a nord-est contro le popolazioni di Carni e Taurisci.[38]

Archeologia di Aquileia repubblicana

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Lo stesso argomento in dettaglio: Via Postumia e Via Annia.

Nel 148 a.C. da Aquileia ebbe inizio la costruzione della via Postumia che congiungeva l'Adriatico con il Tirreno presso Genova.[5][39] La strada era una via consolare romana fatta costruire dal console romano Postumio Albino nei territori della Gallia Cisalpina, l'odierna Pianura Padana, per scopi prevalentemente militari. Una quindicina di anni più tardi, nel 131 a.C., il pretore Tito Annio Rufo diede inizio alla via Annia[5][39] che collegava Hatria (la moderna Adria) con Patavium (Padova), Altinum (Altino), Iulia Concordia (moderna Concordia Sagittaria, dove incrociava la via Postumia) e infine Aquileia.

I resti del grande porto fluviale sul fiume Natissa (moli, magazzini e strade che si collegavano con la città), costruiti su entrambe le sponde del fiume, sono visitabili lungo la Via Sacra e risalirebbero fin dalla fine del II secolo a.C., in seguito ampliato e ristrutturato più volte. Vi è da aggiungere che fin dai primordi ad Aquileia erano adorate le divinità del pantheon latino, ma anche di quello locale. Non a caso le numerose iscrizioni dei soldati della guarnigione, che qui risiedettero per circa due secoli, portarono il culto di Mitra, e più tardi anche quello del Cristianesimo.

Periodo alto-imperiale (30 a.C.-285 d.C.)

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Statua di Augusto (che utilizzò Aquileia quale quartier generale per le campagne militari degli anni 13-9 a.C.[40]) (Museo archeologico cittadino).
Lo stesso argomento in dettaglio: Guerre marcomanniche e Assedio di Aquileia (238).

Al tempo di Augusto, dopo una prima campagna condotta da Publio Silio Nerva nel 16 a.C. in seguito a un'invasione di Pannoni in Istria e alla successiva conquista romana dei territori fino a Pola e all'Arsia,[41] nel 15 a.C., il figliastro Tiberio, insieme al fratello Druso, condussero una campagna militare contro le popolazioni di Reti, stanziati tra il Norico e la Gallia,[42] e Vindelici.[43][44] I due, nel tentativo di accerchiare il nemico attaccandolo su due fronti senza lasciargli vie di fuga, progettarono una grande "operazione a tenaglia" che misero in pratica anche grazie all'aiuto dei loro luogotenenti:[45] Tiberio mosse dall'Elvezia, mentre il fratello minore da Aquileia e raggiunta Tridentum, divise l'esercito in due colonne. Una prima colonna percorse la valle dell'Adige e dell'Isarco (alla cui confluenza costruì il Pons Drusi, presso l'attuale Bolzano), risalendo fino all'Inn; la seconda percorse quella che diventerà sotto l'imperatore Claudio la via Claudia Augusta (tracciata pertanto dal padre Druso[46]) e che attraverso la val Venosta e il passo di Resia, raggiungeva anch'essa il fiume Inn. Tiberio, che avanzava da ovest, sconfisse i Vindelici, riunendosi nei pressi del lago di Costanza con il fratello Druso che, nel frattempo, aveva sconfitto e sottomesso i popoli dei Breuni e dei Genauni.[47] Questi successi permisero ad Augusto di sottomettere le popolazioni dell'arco alpino fino al Danubio e gli valsero una nuova acclamazione imperatoria.[48] Pochi anni più tardi, a partire dal 14 a.C., ancora Aquileia risultò fondamentale per la sottomissione dell'intero Illirico e della Pannonia, sotto i comandi prima di Marco Vinicio,[49] poi del genero e amico fraterno di Augusto, Agrippa,[50] poi del figliastro Tiberio.[51] Ancora Aquileia continuò a costituire un importante centro militare durante la rivolta dalmato-pannonica del 6-9, costituendo l'ultimo baluardo contro la possibile minaccia di un'invasione di queste genti, che avrebbero così potuto raggiungere la stessa Roma in soli dieci giorni.[52] Era invece chiaro che Aquileia avesse invece perduto la sua antica funzione di "quartier generale", che veniva ora attribuita da Tiberio a Siscia sul fiume Sava, in posizione più avanzata.[53] Da questo momento in poi, infatti, Aquileia cessò di avere ancora un ruolo militare determinante, mantenendo invece un'importante funzione economica e sociale nelle retrovie, ora che tutte le forze militari erano state spostate in Pannonia e Dalmazia.[54]

Da Aquileia passò molto probabilmente Druso minore, figlio di Tiberio, quando si recò in Pannonia a sedare una rivolta tra le legioni (nel 14).[55] Oltre cinquant'anni più tardi, nel 69, transitarono da questa città le legioni VII Claudia e VIII Augusta[56] sotto la guida di Antonio Primo.[57] Esse si erano schierate e avevano proclamato Vespasiano, loro imperatore.[58] Qualcuno ha anche ipotizzato che le scene della colonna Traiana n.58-63 ritraggano il foro di Aquileia, da dove sarebbe passato Traiano per la campagna dacica del 105.[59]

L'Impero tra il 165 e il 189 (al tempo di Marco Aurelio e del figlio Commodo) venne afflitto da una pestilenza, probabilmente un'epidemia di vaiolo, conosciuta con il nome di "peste antoniniana" o "peste di Galeno", che durò circa 15 anni e secondo certe fonti sterminò un'ingente percentuale della popolazione imperiale (le cifre, però, sono oggetto di discussione tra gli storici). Secondo alcuni si trattò di uno di quegli eventi che cambiarono profondamente la storia romana, determinando quasi una rottura epocale con il periodo precedente.

La città di Aquileia vide, a partire dal 168 al 170, ammassarsi nel suo territorio immense quantità di truppe, e il timore che questo assembramento potesse trascinarsi dietro il pericoloso morbo si rivelò presto fondato. Nella primavera del 168 l'imperatore Marco Aurelio e Lucio Vero decidono di recarsi nella zona danubiana per raggiungere Carnunto; Aquileia divenne così la prima tappa, dove lo stato maggiore imperiale era composto dal prefetto del pretorio Tito Furio Vittorino, Pomponio Proculo Vitrasio Pollione, Daturnio Tullo Prisco, Claudio Frontone, Avvento Antistio. I due imperatori giunti ad Aquileia e preoccupati per l'epidemia che intanto aveva già provocato la morte del prefetto Furio Vittorino inviano una lettera a Galeno richiedendolo quale medico personale per la campagna germanica. Finita l'estate dello stesso anno Marco Aurelio si ritira dalla campagna militare con le sue truppe per svernare ad Aquileia.[61] Qui fu raggiunto da Galeno proprio con lo scoppio dei primi casi di peste in città.[62] La sempre maggiore diffusione di casi di peste ad Aquileia indusse gli imperatori a decidere di ritirarsi con la sola scorta personale a Roma; Lucio Vero, che aveva sollecitato questa partenza a causa dei suoi continui malesseri, morì poco dopo ad Altino, colpito da apoplessia (gennaio 169). La città infine nel 170 fu assediata da una coalizione di genti germaniche proveniente dai territori a nord del Danubio, che attraverso la via dell'ambra raggiunse l'Italia settentrionale. Opitergium a quel tempo priva di mura fu distrutta, non Aquileia che doveva averne ancora.[63]

Busto bronzeo forse di Massimino il Trace, il quale trovò la morte presso la città di Aquileia (Museo archeologico cittadino).

Gli apprestamenti difensivi, potenziati fra il II e il III secolo, le permisero di superare gli assedi dei Quadi e dei Marcomanni (170), e dell'imperatore Massimino il Trace, che in seguito all'elezione a suo discapito da parte del Senato romano degli imperatori Pupieno e Balbino che accettarono Gordiano III come Cesare, scese in Italia dalla Pannonia con l'esercito (nel 238). Quando l'esercito di Massimino giunse in vista di Aquileia, posta all'incrocio di importanti vie di comunicazione e deposito dei viveri e dell'equipaggiamento necessari ai soldati, la città chiuse le porte all'imperatore, guidata da due senatori incaricati dal Senato, Rutilio Pudente Crispino e Tullio Menofilo. Massimino prese allora una decisione fatale: invece di scendere rapidamente sulla capitale con un contingente, marciò su Emona, che occupò,[64] e mise personalmente sotto assedio la città di Aquileia, permettendo ai suoi avversari di organizzarsi: Pupieno raggiunse infatti Ravenna, da cui diresse la difesa della città assediata.[65]

Sebbene il rapporto di forze fosse ancora a vantaggio di Massimino, il prolungato assedio, la penuria di viveri e la rigida disciplina imposta dall'imperatore causarono a quest'ultimo l'ostilità delle truppe. Soldati della Legio II Parthica strapparono le sue immagini dalle insegne militari per segnalarne la deposizione, poi lo assassinarono nel suo accampamento, assieme al figlio Massimo ed ai suoi ministri (10 maggio 238).[66]

Le loro teste, tagliate e poste su pali, furono portate a Roma da messaggeri a cavallo, mentre i corpi di padre e figlio furono mutilati e dati in pasto ai cani, una poena post mortem.[67] Il Senato elesse imperatore il tredicenne Gordiano III e ordinò la damnatio memoriae per Massimino.[68]

Nel 259-260, al tempo dell'Imperatore Gallieno, una nuova incursione germanica (forse di Marcomanni), raggiunse Ravenna prima di essere fermata, proprio mentre l'imperatore Valeriano era impegnato sul fronte orientale contro i Sasanidi di Sapore I. È evidente che l'orda di barbari passò ancora una volta nei pressi di Aquileia.[69] Una decina di anni più tardi (nel 270), Claudio il Gotico, poco prima di morire di peste, aveva lasciato ad Aquileia un presidio di truppe al comando del fratello Quintillo, al quale il Senato conferì la carica imperiale, una volta giunta la notizia della scomparsa del fratello.[70] Saputo della morte di Claudio e della nomina di Quintillo, Aureliano concluse rapidamente la guerra contro i Goti in Tracia e nelle Mesie, ponendo fine agli assedi di Anchialus, nei pressi della moderna Pomorie in Bulgaria sul Mar Nero, e di Nicopolis ad Istrum, per accorrere a Sirmio, dove fu acclamato imperatore: a questa notizia Quintillo, che era rimasto ad Aquileia, abbandonato dai suoi stessi soldati, preferì suicidarsi.[71] Morto poi Aureliano nel 275, si racconta che, una volta eletto nuovo Imperatore, Marco Claudio Tacito, il Senato di Roma inviò notizia alle città più importanti di tutto l'Impero. Tra queste c'era Aquiliea, oltre a Mediolanum, Antiochia, Tessalonica, Atene, Corinto ed Alessandria d'Egitto.[72]

Archeologia di Aquileia alto imperiale

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Lo stesso argomento in dettaglio: Via Claudia Augusta e Foro romano di Aquileia.

A partire dal 15 a.C. in seguito alla conquista dell'arco alpino orientale, fu iniziata la costruzione della Via Claudia Augusta, che collegava la Venetia alle rive del Danubio, in Norico (pressappoco l'attuale Baviera), attraverso il Brennero o il passo di Resia. Fu realizzata da Druso maggiore figliastro e generale dell'imperatore Augusto; più tardi ampliata ed ultimata dal figlio ed imperatore Claudio nel 47 d.C.. Questa via metteva in comunicazione il mondo latino con il mondo germanico, e sulla stessa confluivano altre importanti arterie stradali romane: è il caso della via Annia (che univa Adria ad Aquileia), della via Popilia (che collegava Altino e Rimini), della via Aurelia (tra Padova e Feltre passando per Asolo) e della via Postumia (la strada consolare che da Genova arrivava ad Aquileia). Negli anni successivi (attorno al 14 a.C.) fu iniziata anche la Via Gemina che collegava Aquileia con Emona, seguendo il primo tratto della via dell'ambra. Questa via sembra sia stata costruita dalla Legio XIII Gemina che in questi anni si trovava nei pressi della città della Venetia et Histria.[73]

Dalla metà del I secolo d.C. la città cominciò ad essere dotata di strutture in pietra lungo il porto fluviale ad est della città (in precedenza le strutture erano di legno),[74] ricavato da un allargamento artificiale del Natissa, e delle relative installazioni portuali, ancora in legno; verso la fine del secolo, il porto venne ricostruito in pietra.[75]

Risalirebbe invece sia la collocazione attuale, sia la struttura del foro romano di Aquileia alla fine del II-inizi del III secolo. Le misure sembra fossero di 115 metri x 57 metri, secondo uno studio di Giovanni Battista Brusin del 1934.[76] Il continuo ampliamento della città portò alla costruzione di nuove ed imponenti mura nella parte meridionale ed occidentale, prima al tempo di Massimino il Trace,[5] poi di Flavio Claudio Giuliano e Teodosio I.[5]

Periodo tardo imperiale (286-452)

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Ritratto di Massimiano (Museo Saint-Raymond di Tolosa.
Lo stesso argomento in dettaglio: Monetazione romana di Aquileia.

Massimiano, una volta divenuto Augusto d'Occidente, preferì utilizzare due capitali: Aquileia (che Ausonio definisce la nona città dell'Impero[77]), più ad est, quale porto fluviale-marittimo sull'Adriatico e retrovia militare, vista la sua vicinanza al limes dei Claustra Alpium Iuliarum; Mediolanum, invece più ad ovest, era posizionata a guardia dei passi a nord dei grandi laghi alpini. In queste due sedi fece, quindi, erigere strutture e palazzi imperiali di grandi dimensioni, lasciando principalmente la cura della difesa del limes renano a Costanzo.[78]

Nel 312, durante la guerra civile, Costantino I, ormai sospettoso nei confronti di Massenzio, riunito un grande esercito, mosse alla volta dell'Italia attraverso le Alpi,[79] e dopo aver sconfitto due volte consecutive le armate di Massenzio, presso Torino[80] e Brescia,[80] pose sotto assedio ed occupò, prima Verona[81] e poi Aquileia,[82] sottomettendo l'intera Italia settentrionale. Poco dopo marciò su Roma, dove vinse definitivamente l'esercito di Massenzio poco a nord della Città eterna, nella decisiva battaglia di Ponte Milvio,[83] il 28 ottobre del 312.[84] Con la morte di Massenzio, tutta l'Italia passò sotto il controllo di Costantino,[85] mentre la guardia pretoriana ed i Castra Praetoria furono soppressi.[86]

Per tutto il prosieguo del IV secolo si intensificarono le presenze imperiali ad Aquileia, e molti scontri sanguinosi risolsero contese fratricide come quella tra Costantino II e Costante I nel 340;[87] o tra Costanzo II e Magnenzio nel 351-352[88]; o episodi di usurpazione: Teodosio I vi sconfisse Magno Massimo (nel 388);[89] Valentiniano III vi uccise Giovanni Primicerio nell'Ippodromo (nel 425).[90]

Ritratto di Costantino I (Museo Chiaramonti).

Aquileia esercitò, inoltre, una nuova funzione morale e culturale con l'avvento del Cristianesimo che, secondo la tradizione, fu predicato dall'apostolo san Marco, ed il cui sviluppo fu in ogni caso fondato su una serie di vescovi, diaconi e presbiteri che subirono il martirio. I primi furono Ermagora e Fortunato (circa 70 d.C.). Nativo di Aquileia dovrebbe essere stato papa Pio I (m. 154). Altri martiri della chiesa aquileiese furono, nel III secolo, Ilario e Taziano (m. 284). Agli inizi del IV secolo furono martirizzati Crisogono, Proto e i fratelli Canzio, Canziano e Canzianilla, il culto dei quali trovò ampia diffusione in tutti i territori della Diocesi di Aquileia, dal Veneto all'Istria, dalla Carinzia alla Slovenia. Nel 313 l'imperatore Costantino pose fine alle persecuzioni. Col vescovo Teodoro (m. 319 circa) sorse un grande centro per il culto composto da tre aule splendidamente mosaicate, ciascuna delle quali conteneva oltre 2 000 fedeli.

Tra il 317 ed il 323[91] quando Licinio dovette cedere a Costantino I l'Illirico,[92] Costantino potenziò le flotte sull'Adriatico ed Egeo, rafforzando i porti marittimi di Aquileia, Pireo e Tessalonica (ex-capitale di Galerio), con la costruzione di arsenali, cantieri navali, oltre a migliorare l'armamento delle squadre navali.[91]

Nel 340 Costantino II attese che il fratello Costante I si recasse in una provincia che fosse fedele a Costantino stesso e scese in Italia con un esercito, col pretesto di dirigersi sul fronte orientale (gennaio-febbraio); Costante, che si trovava all'epoca in Dacia, venne a sapere delle intenzioni del fratello e gli inviò contro una forza in grado di rallentarlo prima dell'arrivo del giovane augusto col resto dell'esercito. I generali di Costante finsero un attacco su Aquileia per poi ritirarsi e tendere una serie di imboscate a Costantino che li inseguiva; in occasione di una di queste, nei pressi di Cervenianum all'inizio del mese di aprile, circondarono gli uomini di Costantino uccidendone molti, tra cui Costantino stesso, il cui corpo fu gettato nel fiume Alsa.[87] Nel 345 Costante trascorre alcuni mesi nella città, incontrando Atanasio di Alessandria.[93] Alcuni anni più tardi, Costanzo II passò l'inverno 351/352 a Sirmio, poi riprese la campagna scacciando Magnenzio da Aquileia e forzandolo a tornare in Gallia.[88] Nel 361 Flavio Claudio Giuliano inviò la guarnigione di Sirmio in Gallia, ma lungo strada, fermandosi ad Aquileia, si ribellò, assediata dalle forze di Gioviano. Giuliano invece proseguì perso Oriente, insieme con l'esercito di Nevitta, per Naisso in Mesia, e di qui in Tracia, pronto allo scontro con Costanzo II.[94]

I vescovi di Aquileia crebbero di importanza nei secoli seguenti, dando un vigoroso contributo allo sviluppo del cristianesimo occidentale, sia sotto il profilo dottrinario (celebre e decisivo per la lotta contro l'arianesimo il concilio del 381,[95] che interessò tutte le chiese d'Occidente) sia per l'autorità esercitata (fu metropoli per una ventina di diocesi in Italia e una decina oltre le Alpi).[96] Pochi anni più tardi, nel 387, Magno Massimo pensando di deporre Valentiniano II, attraversò le Alpi arrivando a minacciare Aquileia.[97]; mentre l'anno successivo (nel 388), Teodosio I mosse guerra a Magno Massimo, che fu sconfitto prima a Siscia (oggi Sisak), poi nella battaglia della Sava a Poetovio (odierna Ptuj in Slovenia), ed infine ad Aquileia.

Aquileia fu assediata e occupata durante le ripetute incursioni di Alarico del 401 e del 408.[98] Si racconta che circa quindici anni più tardi, Valentiniano III, dopo essere stato fidanzato alla figlia di Teodosio I, Licinia Eudossia, fu inviato in Occidente con un forte esercito, al comando del magister militum Ardaburio e di suo figlio Aspare, e sotto la tutela della madre Placidia, che agiva da reggente per il figlio di cinque anni; mentre era in viaggio, a Tessalonica, fu nominato cesare da Elione,[99] il 23 ottobre 424. Dopo aver svernato acquartierandosi ad Aquileia, l'esercito romano d'Oriente si mosse verso Ravenna, dove si trovava Giovanni; la città cadde dopo quattro mesi di assedio, per il tradimento della guarnigione, e Giovanni fu catturato, deposto e ucciso (giugno o luglio 425).

Aquileia non resistette infine ad Attila che in seguito all'incidentale crollo di un muro della fortificazione riuscì a penetrare nella città devastandola (18 luglio del 452) e, si dice, spargendo il sale sulle rovine, la prese costringendo i legionari che aveva fatto prigionieri a costruire macchine da assedio in uso presso i romani e massacrò o fece schiava gran parte della popolazione.[100] Alla figura di Attila sono legate due leggende: una inerente al crollo delle mura di Aquileia ed un sogno premonitore grazie al quale Attila conquistò la città; l'altra sul tesoro di Aquileia, sepolto per evitare che fosse depredato. Da questo momento in poi Aquileia smise di essere roccaforte a protezione dell'Italia settentrionale, nella sua parte orientale, venendo così sostituita da Verona sull'Adige.[101]

Archeologia di Aquileia tardo imperiale

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Mosaico con dedica al vescovo Teodoro

Nonostante la Crisi del III secolo, Diocleziano fonda la zecca di Aquileia e la città, grazie ai numerosi uffici e istituzioni autorevoli, risulta ancora essere, alla morte dell'Imperatore Teodosio I (395), la nona città dell'Impero e la quarta d'Italia, celebre per le sue mura e per il porto. Sappiamo, infatti, che al tempo della tetrarchia Aquileia divenne una delle capitali dell'Impero romano e che fu dotata di magnifiche strutture pubbliche e private per l'Augusto Massimiano. A partire dal 293 vi fu edificato un grande circo, collegato alla vicina residenza imperiale (posizionata ad est dell'impianto), oltre ad una zecca con tre officine (dal 294[102]/296 al 425[5]). Dopo la calata degli Unni di Attila e la conseguente devastazione, la città non si riprese più, tanto da ridursi nelle sue dimensioni fino a dimezzarsi, lungo l'asse nord-sud.[5]

Risale invece agli inizi del IV secolo la costruzione della basilica Patriarcale. Fondata nel 313 dal vescovo Teodoro con il diretto appoggio dell'imperatore Costantino, gli edifici noti come aule teodoriane (i cui resti sono ancora visitabili nella navata dell'edificio attuale e sotto le fondamenta del campanile) costituiscono probabilmente il primo complesso pubblico di culto per i cristiani. Le aule poggiavano su preesistenti edifici romani (probabilmente degli horrea, vasti granai romani che di certo sorgevano nell'area presso la basilica) di cui presumibilmente vennero riutilizzate le mura perimetrali. Le due aule parallele (entrambe di circa 37x20 m) erano collegate tra loro da un vestibolo di 29x13 m, accanto al quale si trovava il primo battistero. Erano entrambe prive di abside, con sei colonne che sostenevano un soffitto a cassettoni riccamente decorato e una pavimentazione costituita da uno straordinario complesso musivo. L'aula nord costituiva probabilmente la chiesa vera e propria, mentre quella sud (posta dove sorge l'attuale basilica) era un catecumeneo, luogo in cui i battezzandi ricevevano l'istruzione cristiana e si preparavano all'ingresso nella comunità. La successiva fase della basilica risale alla metà del IV secolo, al tempo del vescovo Fortunaziano, con l'ampliamento dell'aula nord (73x31 m) e la creazione di nuove sale. La grande basilica, divisa in tre navate da ventotto colonne e priva di abside era collegata, attraverso il battistero, al catecumeneo e preceduta da un ampio chiostro (secondo uno schema riscontrabile anche nel contemporaneo complesso di Augusta Treverorum).

Sopravvissero l'autorità della sua chiesa e il mito di una città che era stata potente, benché ormai il suo dominio diretto si limitasse ad un territorio di ridotta estensione che aveva i suoi punti di forza nell'area urbana con lo scalo marittimo e nel borgo di Grado. Quest'ultimo si sviluppò ed acquistò un'importanza sempre maggiore a seguito dell'invasione longobarda del 568. Da quel momento la regione di Aquileia venne suddivisa fra romano-bizantini (che ne occuparono la zona litoranea) ed i Longobardi (la parte interna). Nell'VIII secolo la sede del patriarcato viene trasferita nella più sicura Cividale.
Verso l'anno Mille si assisté alla rinascita della città, che tornò ad avere grande prestigio con il patriarca Poppone (1019-45), che riportò la sede ad Aquileia.

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  5. ^ a b c d e f g h i Luisa Bertacchi, Aquileia: l'organizzazione urbanistica, p.209.
  6. ^ Tito Livio, Ab Urbe condita libri, XLIII, 17.1.
  7. ^ Appiano di Alessandria, Guerra illirica, 11.
  8. ^ CIL V, 8270
  9. ^ Plinio il Vecchio, Naturalis historia, III, 129.
  10. ^ a b Fasti triumphales: AE 1930, 60
  11. ^ Massimiliano Pavan, Aquileia città di frontiera, in Dall'Adriatico al Danubio, Padova 1991, p.126.
  12. ^ Fasti triumphales 625 anni ab Urbe condita.
  13. ^ Appiano di Alessandria, Guerra illirica, 11 e 33; Tito Livio, Periochae 62; Eutropio, Breviarium ab Urbe condita, IV, 23.2.
  14. ^ Aurelio Vittore, De Viris Illustribus, 72.7.
  15. ^ Appiano di Alessandria, Guerre celtiche, 13; Strabone, Geografia, V, 1.8.
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  19. ^ Appiano di Alessandria, Guerre mitridatiche, 109; Strabone, Geografia, VII, 4.3; Plutarco, Vita di Pompeo, 41.2; Cassio Dione Cocceiano, XXXVII, 11.1.
  20. ^ Strabone, Geografia, VII, 3, 11.
  21. ^ La Lex Vatinia fu proposta dal tribuno della plebe Publio Vatinio, che poi sarà luogotenente di Cesare in Gallia
  22. ^ La Gallia Cisalpina corrispondeva ai territori della pianura padana compresi tra il fiume Oglio e le Alpi piemontesi
  23. ^ Le tre legioni affidate a Cesare dalla Lex Vatinia erano la VII, l'VIII e la VIIII)
  24. ^ La provincia della Gallia Narbonense era stata costituita nel 121 a.C. e comprendeva tutta la fascia costiera e la valle del Rodano, nelle attuali Provenza (che proprio da provincia deriva il proprio nome) e Linguadoca
  25. ^ Lawrence Keppie (in The making of the roman army, from Republic to Empire, Oklahoma 1998, pagg. 80-81) suppone che la X legione fosse posizionata nella capitale della Gallia Narbonense, Narbona.
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  29. ^ Cesare, De bello Gallico, V, 1, 5-9.
  30. ^ Cesare, De bello Gallico, VI, 44.
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  42. ^ Cassio Dione, Storia romana, LIV, 22, 1.
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  52. ^ Velleio Patercolo, Historiae Romanae ad M. Vinicium libri duo, II, 111.1.
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  55. ^ Tacito, Annales, I, 16, 1-2.
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  57. ^ Tacito, Historiae, III, 6.
  58. ^ Tacito, Historiae, II, 85. Svetonio, Vespasiano, 6.
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  74. ^ Le rovine attuali del porto fluviale risalirebbero a Claudio, sebbene il lastricato vicino alle mura del magazzino centrale, risalirebbe ad epoca antecedente.
  75. ^ Michel Reddé, Voyages sur la Méditerranée romaine, Éditions Errance, Arles, 2005, p. 35
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  85. ^ Barnes, Constantine and Eusebius, pp. 42–44.
  86. ^ Zosimo, Storia nuova, II, 17, 2.
  87. ^ a b Aurelio Vittore, Caesaribus, 41.22; Aurelio Vittore, Epitome, 41.21; Eutropio, X, 9.2; Sozomeno, III, 2.10; Zosimo, II, 41-2; Zonara, III, 5.7-16.
  88. ^ a b Ammiano Marcellino, Storie XVI, 12.5; Codice teodosiano, XV, 14.5 del 3 novembre 352; Eutropio, X, 12; Sozomeno, IV, 4; Zosimo, II, 43.
  89. ^ Zosimo, Storia nuova, IV, 45.4; 46.2.
  90. ^ Procopio di Cesarea, Guerra vandalica, I, 3.9.
  91. ^ a b E.Horst, Costantino il Grande, Milano 1987, pp. 215-219.
  92. ^ Zosimo, Storia nuova, II, 20, 1.
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  95. ^ AAVV, Il concilio di Aquileia del 381, in Antichità Alto-Adriatiche 21, Udine 1981.
  96. ^ Si veda in proposito la lista dei Patriarchi di Aquileia.
  97. ^ Zosimo, Storia nuova, IV, 42.
  98. ^ Zosimo, Storia nuova, V, 37.2.
  99. ^ Teodosio era ammalato e non poté viaggiare col nipote (Tony Honoré, Law in the Crisis of Empire, 379-455, Oxford University Press, 1998, ISBN 0-19-826078-4, p. 248).
  100. ^ Paolo Diacono, Historia romana, XIV, 9.
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Fonti primarie
Fonti storiografiche moderne
  • AAVV, Milano, Touring Club Italiano, 2005.
  • (EN) Timothy Barnes, Constantine and Eusebius, Cambridge, MA Harvard University Press, 1981, ISBN 978-0-674-16531-1.
  • Timothy Barnes, The New Empire of Diocletian and Constantine, Cambridge MA, Harvard University Press, 1982. ISBN 0-7837-2221-4.
  • Luisa Bertacchi, Aquileia: l'organizzazione urbanistica, in Milano capitale dell'Impero romani (286-402 d.C.), catalogo della Mostra Milano capitale dell'Impero romani (286-402 d.C.) tenutasi a Milano, Palazzo Reale dal 24 gennaio al 22 aprile del 1990, Ed.Silvana Milano, 1990, pp. 209–212.
  • Alan Bowman, Peter Garnsey e Averil Cameron, The Cambridge ancient history - XII. The Crisis of the Empire A.D. 193-337, Cambridge University Press, 2005, ISBN 0-521-30199-8.
  • J.Carcopino, Giulio Cesare, Milano 1981.
  • A.Degrassi, Per quale via i Cimbri calarono nella Val Padana, in Scritti vari di antichità, II, Roma 1962.
  • Tony Honoré, Law in the Crisis of Empire (379-455), Oxford University Press, 1998. ISBN 0-19-826078-4.
  • E.Horst, Costantino il Grande, Milano 1987.
  • Lawrence Keppie, The making of the roman army, from Republic to Empire, Oklahoma 1998.
  • Massimiliano Pavan, Dall'Adriatico al Danubio, Padova 1991.
  • A.Piganiol, Le conquiste dei Romani, Milano 1989.
  • Michel Reddé, Voyages sur la Méditerranée romaine, Éditions Errance, Arles, 2005.
  • (EN) Pat Southern, The Roman Empire: from Severus to Constantine, Londra & New York, 2001, ISBN 0-415-23944-3.
  • (EN) Alaric Watson, Aurelian and the Third Century, Londra & New York, 1999, ISBN 0-415-30187-4.

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