Editto Doria Pamphilj

papa Pio VII/Giuseppe Maria Doria Pamphilj

1802 Indice:Chirografo della Santità di Nostro signore Papa Pio VII. in data del primo ottobre 1802, sulle antichità, e belle arti in Roma, e nello Stato Ecclesiastico (IA chirografodellas00cath).pdf Editto Doria Pamphilj Intestazione 2 ottobre 2024 100% Da definire


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CHIROGRAFO

DELLA SANTITÀ DI NOSTRO SIGNORE

PAPA PIO VII.

In data del primo Ottobre 1802.

SULLE ANTICHITÀ, E BELLE ARTI IN ROMA,

E NELLO STATO ECCLESIASTICO

CON EDITTO

Dell’Em̃o, e Rm̃o Signor Cardinale

GIUSEPPE DORIA PAMPHILJ

PRO-CAMERLENGO DI SANTA CHIESA


IN ROMA MDCCCII.


Presso Lazzarini Stampatore della Rev. Cam. Apost.


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EDITTO

GIUSEPPE del Titolo di S. Cecilia Prete Cardinal

DORIA PAMPHILJ della S. R. C.

Pro-Camerlengo


Mentre la Santita’ di Nostro Signore PAPA PIO VII. estende le sue benefiche Paterne cure a tutti gli oggetti delle Arti produttrici, e di manifattura, per aumentare con i loro prodotti la opulenza, e la prosperità dei suoi amatissimi Sudditi, non perde di vista un altro ramo d’industria, che quasi proprio, e particolare di questa Popolazione, e di questo suolo non che concorre, e gareggia con quelli, ma ne supera l’attività, e la influenza non meno nel promuovere i vantaggi, che nell’accrescere il decoro, e la celebrità di questa Metropoli, ed anche dello Stato. Riconoscendo la Santita’ Sua nelle produzioni delle Belle Arti, che nate nella Grecia hanno da tanti secoli trasportato, e fisssato il loro proprio, e quasi unico domicilio in Roma, uno dei pregi più singolari, che distingue da tutte le altre questa Città, ed insieme una delle più utili, e più interessanti occupazioni dei suoi Sudditi, e di tutti quelli, che vi concorrono, ha rivolti efficacemente i suoi pensieri a procurare, che i Monumenti, e le belle opere dell’Antichità, che servono di alimento alle Arti stesse, e di esemplare, di guida, e di eccitamento a quelli, che [p. 4 modifica]le professano, si conservino quasi i veri Prototipi, ed esemplari del Bello religiosamente per ornamento, e per istruzione publica, si aumentino ancora con il discuoprimento di altre rarità, che in qualche parte compensino la perdita di quelle, che le vicende dei tempi ci hanno involate. A questo oggetto della conservazione dei Monumenti, che esistono, e del discuoprimento dei nuovi; ed all’altro egualmente d’incoraggire, ed animare le Arti del Disegno, e quei, che si dedicano alle medesime, ha stabiliti i più energici, ed opportuni provedimenti con ispecial Chirografo segnato il primo Ottobre, a noi diretto per l’esecuzione, è del tenore seguente, cioè


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Rm̃o Card. GIUSEPPE DORIA PAMPHILJ

Pro-Camerlengo.


La conservazione dei Monumenti, e delle produzioni delle Belle Arti che ad onta dell’edacità del tempo sono a noi pervenute, è stata sempre considerata dai Nostri Predecessori per uno degli oggetti i più interessanti, ed i più meritevoli delle loro impegnate providenze. Questi preziosi avanzi della culta Antichità forniscono alla Città di Roma un ornamento, che la distingue tra tutte le altre più insigni Città dell’Europa, somministrano i Soggetti li più importanti. alle meditazioni degli Eruditi, ed i modelli, e gli esemplari i più pregiati agli Artisti, per sollevare li loro ingegni alle idee del bello, e del sublime, chiamano a questa Città il concorso dei Forastieri, attratti dal piacere di osservare queste singolari Rarità; alimentano una grande quantità d’Individui impiegati nell’esercizio delle Belle Arti; e finalmente nelle nuove produzioni, che sortono dalle loro mani, animano un ramo di commercio, e d’industria più d’ogni altro utile al Publico, ed allo Stato, perchè interamente attivo, e di semplice produzione, come quello che tutto è dovuto alla mano, ed all’ingegno dell’Uomo. Nel vortice delle passate vicende, immensi sono stati li danni, che questa Nostra dilettissima Città ha sofferti nella perdita dei più rari monumenti, e delle più illustri Opere dell’Antichità. Lungi pero dall’illanguidirsi per questo, si è anzi maggiormente impegnata la Paterna Nostra sollecitudine a procurare tutti i mezzi, sia per impedire che alle perdite sofferte nuove se ne aggiungano, sia per riparare con il discuoprimento di nuovi Monumenti alla mancanza di quelli, che sonosi perduti. Sono state queste le riflessioni, che dappresso all’illustre esempio, che la S. M. di Leone X. diede nella persona del gran Raffaello d’Urbino, ci hanno recentemente determinati ad eleggere l’incomparabile Scultore Canova, emolo dei Fidia e dei Prassiteli, come quello lo fu degli Apelli, e dei Zeusi, in Ispettore generale di tutte le Belle Arti, e di tutto ciò, che alle medesime appartiene; ed a Lui durante la sua vita abbiamo conferite, colla sola dipendenza da Voi, le più estese, e superiori facoltà per invigilare sopra tutto quello, che può influire al mantenimento, ed alla felice propagazione delle Arti del Disegno, e di quelli, [p. 6 modifica]che le professano. Queste stesse riflessioni, facendoci sempre più conoscere di quanto interesse sia per i vantaggi dei Nostri amatissimi Sudditi, per il publico bene, unico scopo delle incessanti Nostre sollecitudini, e per il decoro, e per la celebrità di questa Nostra Metropoli il procurare tutti i mezzi onde conservare, ed accrescere a comune istruzione, i Monumenti dell’Antichità, ed i bei modelli delle Arti, ed animare insieme i benemeriti cultori delle medesime, hanno richiamata la Nostra attenzione a rinnovare le antiche, ed aggiungere nuove energiche, ed efficaci providenze dirette a questi interessantissimi oggetti. Inerendo quindi alle Costituzioni dei Nostri Predecessori, e segnatamente all’Editto del Cardinal Silvio Valenti, Vostro Predecessore nella dignità di Camerlengo, dei 5. Gennajo 1750., publicato di ordine della Santa Memoria di Benedetto XIV., di Nostro Moto proprio, certa scienza, e pienezza della Nostra Sovrana, ed Apostolica Potestà, ordiniamo, e prescriviamo ciò, che siegue.

1. In primo luogo vogliamo, che sia affatto proibita da Roma, e dallo Stato l’estrazione di qualunque Statua, Bassorilievo, o altro simile lavoro rappresentante figure Umane, o di Animali, in Marmo, in Bronzo, in Avorio, ed in qualunque altra materia, ed altresì di Pitture antiche, Greche, o Romane, o segate, o levate dai muri; Mosaici, Vasi detti Etruschi, Vetri, ed altre opere colorite, ed anche, di qualunque Opera d’intaglio, Vasi antichi, Gemme, e Pietre incise, Carnei, Medaglie, Piombi, Bronzi, e generalmente di tutti quelli lavori, o di grande, o di piccolo Modulo, che sono conosciuti sotto il nome di Antichità, publiche, o private. Sacre, o Profane, niuna eccettuata, ancorchè si trattasse di semplici frammenti, da’ quali ancora grandi lumi ricevono le Arti, e gli Artisti; ed eziandio di qualunque antico Monumento, cioè di Lapidi, o Iscrizioni, Cippi, Urne, Candelabri, Lampadi, Sarcofago, Olle Cinerarie, ed altre cose antiche di simil genere, e di qualunque materia siano composte, comprese anche le semplici Figuline. Questa proibizione vogliamo, che si estenda ancora alle opere asportabili di Architettura, cioè Colonne, Capitelli, Basi, Architravi, Fregi, Cornici intagliate, ed altri ornamenti qualsivogliano di antiche Fabriche, ed anche alle Pietre dure, Plasme, Lapislazuli, Verdi, Rossi, Gialli antichi, Alabastri Orientali, ancorchè grezzi, e non lavorati, Porfidi, Graniti, Basalti, Serpentini, ed altri simili fuori del semplice Marmo bianco.

2. La stessa generale proibizione di estrarre, vogliamo che si estenda anche alle Pitture in Tavola, o in Tela, le quali o siano opere di Autori Classici, che hanno fiorito dopo il [p. 7 modifica]risorgimento delle Arti, o interessino le Arti stesse, le Scuole, la erudizione, o in fine per altre ragioni siansi rese celebri; incaricando sotto la loro più stretta responsabilità le persone destinate a presiedere alle Belle Arti, a non permettere, che si confondano queste opere, di cui non sarà mai permessa l’estrazione, con le altre, che con le cautele, e licenze da riferirsi in appresso, potranno estrarsi.

3. Ad oggetto poi, che questa proibizione assoluta di estrazione riguardo agli oggetti descritti abbia la sua piena, ed inviolabile esecuzione in ogni tempo, e restino radicalmente estirpati gli abusi, che nei tempi passati hanno deluse le più accurate previdenze dei Nostri Antecessori; proibiamo a chiunque, ed anche a Voi, di concedere in avvenire qualunque licenza di estrarre gli oggetti suddetti; assoggettiamo a questa proibizione le persone tutte, di qualunque privilegio fornite, e di qualunque Dignità decorate, compresi anche li Rm̃i Cardinali benchè Titolari, Protettori di Chiese, ed altri privilegiatissimi, ancorchè richiedessero per essere compresi specifica, ed individuale menzione, ed ancorchè fossero rivestiti di qualsivoglia carattere, quanto più si possa concepire eminente; vogliamo che anche i Possessori Esteri degli enunciati oggetti esistenti in Roma sieno alla stessa proibizione sottoposti; come ancora, che la medesima comprenda per tutti gli effetti anche li Forastieri, che non abbiano fissato domicilio alcuno in Roma.

4. Quelli poi, che estrarranno da Roma, o dallo Stato, o per via di Mare, o per quella di Terra gli oggetti anzidetti, come ancora quelli, che scientemente gli avranno a loro venduti, ed i Sensali, e complici della vendita, oltre la perdita degli oggetti stessi, saranno ciascuno singolarmente soggetti alla multa pecuniaria di Cinquecento Ducati d’Oro di Camera, e cumulativamente ad altre Pene afflittive del corpo a Vostro arbitrio, da estendersi fino alla Galera per cinque Anni, secondo la qualità delle persone, la importanza dell’oggetto, e la malizia, che avrà accompagnata la fraudolenta estrazione. Anche quelli, che avranno prestato, mano alla estrazione, cioè i Facchini, Falegnami, ed altri Artefici, da cui siansi scientemente formate le Casse, Imperiali, ed ogni simile continente, atto a rinchiudere il Contrabando, o che avranno fatto l’Incassatura, o l’Imballaggio, i Carrettieri, Mulattieri, Barcaioli, ed altri Condottieri, che avranno dato mano al trasporto, si considereranno tutti per complici dell’estrazione; bastando in loro ad indurre la mala fede l’atto stesso della estrazione vietata, e la mancanza della non mai concedibile licenza; e come tali, [p. 8 modifica]oltre alla perdita dei respettivi Ordegni, Animali, ed Istromenti, Carri, Barche inservienti al trasporto, ed alla estrazione, incorreranno anche la pena di Ducati dieci in quanto agli Artieri, e Facchini; e di Ducati cento rispetto ai Condottieri, oltre le pene Corporali, che riserviamo al Vostro arbitrio.

5. Sarà però permessa la Vendita, ed il commercio di tutti gli accennati Monumenti, ed oggetti di Arti liberamente, se seguirà dentro Roma, e con la Vostra licenza nei caso di trasportarli ad altro Luogo dello Stato, la quale licenza concederete premessa sempre la visita dell’Ispettore delle Belle Arti, e del Commissario delle Antichità, e in luogo di quest’ultimo dei suoi Assessori, e con obligare l’Asportante a dare idonea Cauzione di riportare dentro un termine, che gli farete prescrivere, il documento in forma provante, di avere recato, e collocato l’oggetto asportato nel luogo della sua destinazione dentro lo Stato; e mancando, sarà tenuto non solo alla Convenzionale, ma ben anche ad altre pene corporali a Vostro arbitrio.

6. Provveduto così alla conservazione delle Opere, che devono rimanere perennemente ad ornamento insieme della Città, e per servire allo Studio, ed alla Istruzione degli Artisti, e degli Eruditi, per animare maggiormente le Arti, ed i loro Cultori, vogliamo, che tutte le Produzioni di Autori viventi, sia in Scultura, sia in Pittura, o in altri oggetti di Belle Arti, possino vendersi, ed estrarsi anche fuori di Stato, e che ugualmente estrarre si possano le pitture di Autori morti, purchè non siano del pregio, e della Classe descritta di sopra, premessa però sempre la licenza da darsi in iscritto da Voi, e dai Vostri Successori, alla quale dovrà immancabilmente precedere la visita, e la relazione dell’Ispettore, e del Commissario sudetto, e di uno de’ suoi Assessori, il tutto da darsi gratis, e senza alcun pagamento. E ad effetto che i sudetti Assessori, sempre con la totale dipendenza, e subordinazione all’Ispettore, e Commissario delle Antichità, esercitino il loro Ufficio con maggior puntualità, ed esattezza, abbiamo ordinato, che sia dato loro un Onorario fisso di Scudi Venti per Mese; proibendo però ad essi di ricevere qualunque cosa, anche a titolo di ricognizione, e di gratificazione volontaria; ed abolendo qualunque esazione si facesse da loro a titolo di Stima, di Regalia, di Propina, o per qualunque altro motivo. Li avvertirete poi, che qualunque negligenza nell’esercizio del loro importante Officio sarà irremissibilmente punita con la perdita dell’impiego; e qualunque contravenzione sarà oltre questa castigata ancora con pene corporali anche [p. 9 modifica]gravi, e gravissime a Vostro arbitrio; e ciò senza togliere le pene, che potessero meritare per loro stessi i delitti, i quali venissero a cumularsi, e congiungersi con la contravenzione e la delinquenza in Officio.

7. Collimando sempre allo stesso oggetto della conservazione delle preziose memorie dell’Antichità, proibiamo a chiunque di mutilare, spezzare, o in altra guisa alterare, e guastare le Statue, Bassirilievi, Cippi, Lapidi, o altri antichi Monumenti, e molto più lo squagliare li Metalli antichi figurati, o anche di semplice ornato, le Medaglie di ogni sorte, le Iscrizioni in Metalli, e qualunque altra cosa di simil genere, ancorchè tali Monumenti non fossero che frammenti; dando a Voi facoltà di punire li Contraventori, o con pene pecuniarie, o anche con pene afflittive del Corpo, da estendersi fino all’Opera per un Anno, secondo il Vostro prudente arbitrio. Sarà poi cura speciale dell’Ispettore delle belle Arti, e del Commissario, l’invigilare acciò non seguino tali abusi; acquistando anche quando occorra gli oggetti per i publici Musei: e nel solo caso, in cui eglino crederanno, che questi non siano di alcun momento, e che si possino senza danno convertire in altri usi loro unitamente, e non divisamente sarà permesso di dare le opportune licenze per isquagliarli, o adoprarli in altra guisa.

8. Rinnovando la Costituzione della San. Mem. di Pio II. Cum Almam Nostram Urbem del 1462., proibiamo sotto le stesse pene a chiunque di demolire o in tutto, o in parte qualunque Avanzo di antichi Edificj o dentro, o fuori di Roma, ancorchè esistenti nei Predj o Urbani, o Rustici, di privata sua, o altrui proprietà; riservando a Voi per via di visita dell’Ispettore, e del Commissario la facoltà di accordare la licenza per ruinare quelli Ruderi, la conservazione delli quali si conoscesse non essere di alcuna importanza nè per le Arti, nè per la Erudizione. Inculcherete poi seriamente in Nostro nome tanto ai Conservatori del Nostro Popolo Romano, quanto all’Ispettore, e Commissario sudetto delle Antichità d’invigilare tanto per la osservanza di questa Nostra prescrizione, quanto perchè siano le antiche Fabriche ristaurate, ripulite nelle occorenze, e conservate colla maggiore esattezza.

9. Richiamando del pari al suo pieno vigore l’altra Costituzione della S. M. di Sisto IV. Nostro Predecessore, che comincia Quum provida, dell’Anno 1474., sotto le stesse pene nella medesima contenute, e sotto altre o Pecuniarie, o Corporali a Vostro arbitrio, proibiamo di togliere dalle Chiese pubiche, e Fabriche annesse, compresi anche i semplici Oratorj, Marmi antichi scolpiti, o lisci di qualunque sorte, Iscrizioni, [p. 10 modifica]Mosaici, Urne, Terre cotte, ed altri ornamenti, o Monumenti di qualunque specie, esposti alla publica vista, o ascosi, e sepolti; sottoponendo alle stesse pene i Venditori, i Compratori, ed i Cooperatori. Ed acciò abbia questa proibizione il suo pieno effetto, togliamo ai Rettori, o Amministratori di dette Chiese, di qualunque grado, e dignità, e di qualunque Privilegio muniti, compresi anche i Rm̃i Cardinali Titolari, e Protettori, e i Patroni o Laici, o Ecclesiastici, le Congregazioni de’ Vescovi, e Regolari, del Concilio, della Disciplina Regolare, ed altre, e lo stesso nostro Rm̃o Card. Vicario, la facoltà di accordare sotto qualunque pretesto alcuna licenza di levare dal loro luogo, e molto più di distrarre i detti ornamenti delle Chiese, e Fabriche annesse, la quale facoltà riserviamo a Voi solo; previo però sempre l’esame, e la relazione dell’Ispettore delle Belle Arti, e del Commissario delle Antichità.

10. La stessa proibizione vogliamo, che abbia Luogo per i Quadri delle Chiese, i quali non solo non potranno togliersi dal luogo, in cui sono collocati, o alienarsi; ma ne anche farsi instaurare o sul luogo, o fuori, e neppure levarsi per copiarli senza la intelligenza, e consenso dell’ispettore delie Belle Arti, e del Commissario delle Antichità, che ne dovranno a Voi fare la relazione.

11. Acciò poi le Nostre providenze non restino deluse, o defraudate, ordiniamo, che tutti i Privati, che hanno Gallerie di Statue, e di Pitture, Musei di Antichità Sacre, o Profane, o semplici raccolte dell’uno, e dell’altro genere, ed anche quelli, che senza avere o Gallerie, o Musei, o Raccolte, hanno attualmente presso di loro uno, o più oggetti antichi, o in altro modo pregievoli di Arte, particolarmente in genere di Scultura, o di Pittura in Roma, e in tutto lo Stato, debbano dare un’esatta assegna, distinguendo ciascun pezzo, dentro il termine di un Mese in Roma negli Atti di uno de’ Segretarj della Nostra Camera, che Voi destinerete, e nello Stato presso il Cancelliere della Comunità dentro il termine di due Mesi da computarsi dalla data dell’Editto, che Voi publicherete. In seguito si farà ogni anno, e anche più sovente, credendolo Voi opportuno, in Roma la visita dall’Ispettore delle Belle Arti, e dal Commissario delle Antichità, ovvero dagli Assessori, previa però sempre la intelligenza dell’Ispettore medesimo; e nello Stato, dalle persone, che da Voi si destineranno per riconoscere se si conservano gli oggetti assegnati presso i Possessori; e respettivamente nel caso, che ne abbiano disposto, per sapere quale disposizione abbiano data ai medesimi. Chiunque o non darà nel termine prefisso l’assegna, o la darà mancante, perderà gli oggetti non assegnati, se saranno di libera sua proprietà, o ne pagherà il loro valore se saranno fideicommissarj; e gli [p. 11 modifica]oggetti in questo caso rimarrannno sempre nella stessa maniera vincolati. Chi poi nelle visite ricuserà di dare preciso sfogo alle disposizioni prese degli oggetti mancanti, o dandolo non si verificherà, ovvero lo darà vago, e tale, che non ammetta verificazione; si considererà per Contraventore alle Leggi della proibita estrazione, e come tale sarà punito.

12. Niuno, che accomoderà Strade publiche, o vicinali, sia in Città, sia in Campagna, ardirà sotto le pene comminate ai Devastatori dei publici Monumenti, di demolire gli Edifizj antichi vicini per toglierne i Materiali; e siccome avviene, che lavorando nelle Strade per allargarle, o mutar loro direzione, spesso gli Operaj trovano Sepolcri, ed antiche Fabriche, che devastano, oppure oggetti di Belle Arti, che distruggono, o si appropriano, o alienano a loro vantaggio contra ogni ragione, essendo queste cose riservate al Principe; perciò vogliamo, che chiunque caderà in questi delitti, sia punito con le stesse pene comminate contro i Devastatori dei publici Monumenti; e le Antichità ricuperate dalle loro mani, o da chi con qualunque titolo le riterrà, vogliamo che siano applicate ai publici Musei.

13. Chiunque, sia Padrone, sia Lavorante, che nel cavare i fondamenti delle Case, o fare scassati, o altri lavori nelli Terreni troverà cose antiche asportabili, sarà tenuto darne subito la denuncia in Roma presso il Segretario di Camera, che sarà da Voi deputato; e nelle Provincie negli Atti della Cancelleria Locale; e non dandola dentro dieci giorni dalla seguita riperizione, sarà punito con la perdita della roba trovata, e con altre pene a Vostro arbitrio, da aumentarsi maggiormente quando all’omessa denuncia si unisse la fraudolente alienazione. Sarà poi in libertà Vostra, e dell’Ispettore delle Belle Arti, e del Commissario delle Antichità di fare per i publici Musei acquisto dell’oggetto denunciato, a prezzi ragionevoli; per la qual causa dovrà dopo la denuncia passare il termine di un Mese prima che il Possessore possa disporne. La stessa denuncia dovrà darsi, se si troveranno, cavando come sopra, avanzi di Case antiche, o altre Fabriche Romane, ancorché non vi si trovino oggetti di Antichità.

14. Niuno potrà neppure nei suoi privati fondi fare Scavi per ritrovare Antichità, e Tesori nascosti, senza Vostra particolar licenza, in cui si preserveranno sempre i soliti diritti Fiscali sulla porzione degli oggetti ritrovati: ottenuta la licenza, si dovrà avvertire dallo Scavatore, e dal Deputato assistente, l’Ispettore delle Belle Arti, ed il Commissario delle Antichità del giorno preciso, in cui si comincia lo Scavo. Sarà poi in loro libertà o per se medesimi, o per mezzo dell’Assessore della [p. 12 modifica]Scultura, o trattandosi di Scavi lontani da Roma, di altre Persone, che da Voi saranno destinate, di assistere allo Scavo medesimo, quando a Voi parerà: su di che v’incarichiamo di usare la maggiore vigilanza. Si dovrà dare dallo Scavatore una esatta denuncia degli oggetti ritrovati, presso il Segretario di Camera da Voi destinato in Roma, e nelle Provincie presso il Cancelliere della Comunità; e trovandosi quella mancante, sarà l’uno, e l’altro punito a misura della commessa infedeltà. Chiunque intraprenderà Scavi senza la Vostra licenza, o non eseguirà la succennata prescrizione, oltre la perdita della roba in caso, che l’abbia trovata, caderà nella pena di Cinquecento Ducati d’oro, ancorché nulla avesse rinvenuto.

15. Vogliamo, che per la esecuzione di queste ordinazioni, e di altre, che sopra questa materia sono state promulgate dai Nostri Predecessori, le quali intendiamo, che seguitino ad avere il loro vigore in tutte le parti, nelle quali non si oppongono al presente Nostro Chirografo, Voi, ed i Vostri Successori abbiate una piena, e privativa giurisdizione esclusivamente da qualunque altro Tribunale ancorchè Camerale; con il che per altro non intendiamo d’impedire, anzi vogliamo animare i Capi di qualunque Tribunale, ed azienda, ed i loro Ministri, ed Esecutori, a cooperare, ed a dare ogni ajuto per lo scuoprimento, ed arresto dei Contrabandi, e per l’apprensione dei Contraventori; tutto riferendo in appresso al Vostro Tribunale. Ed acciò che in tutto quello, che riguarda le Belle Arti si usi la massima vigilanza, vogliamo che Voi, in figura di supremo, ed indipendente Magistrato, abbiate una assoluta giurisdizione, vigilanza, e presidenza sopra le Antichità Sacre, e Profane, sopra le Belle Arti, e quei, che le professano, sopra gli oggetti delle medesime, non solo in Roma, ma anche nello Stato Ecclesiastico, e sopra le Chiese, Accademie non addette a Nazioni estere, ed altre Società relative alle Arti medesime, niente affatto eccettuato, e con piena indipendenza da qualunque persona ornata di qualunque Dignità anche Cardinalizia, e fornita di qualunque giurisdizione, e privilegio, cosicché neppure si accettiamo i Rm̃i Cardinali, Vescovi, Abbati, Titolari, e Protettori delle Chiese; con darvi anche facoltà di rinnovare Editti, di promulgarne dei nuovi, e di prendere tutte quelle providenze, che di tempo in tempo crederete opportune, perchè le Belle Arti prosperino maggiormente, e gli Amatori siano più animati a coltivarle.

16. Comandiamo che contro quelli, che contraverranno alle presenti, o ad altre antiche prescrizioni, si possa da Voi per mezzo dei Vostri Ministri procedere sommariamente, e con le facoltà Economiche, ed anche per inquisizione, e per [p. 13 modifica]Officio, ancorchè gli oggetti, sù i quali cade la Inquisizione, più non esistessero; nel qual caso vogliamo che oltre le pene comminate nei rispettivi casi, se ne debba dai Contraventori pagare il prezzo alla stima, anche di credulità, e di affezione, che ne farà l’Ispettore delle Belle Arti, ed il Commissario delle Antichità; con accordarvi la facoltà di procedere alla condanna con il detto anche di un sol Testimonio, unito a quello del Denunciante, o ad altri amminicoli; tolto di mezzo ogni ricorso, inibizione, ed appellazione, che non fosse stragiudizialmente segnata di Nostra propria mano.

17. Mentre poi Noi raccomandiamo con il maggior fervore del Nostro spirito alla Vostra vigilanza l’adempimento di queste Nostre disposizioni, non lasciamo di occuparci seriamente, per quanto le circostanze dei tempi, e le forze del Nostro Erario lo permettono, a rinvenire tutti i mezzi onde riparare coll’acquisto di nuovi oggetti preziosi, alle perdite sofferte nei publici Musei, ai quali perciò applichiamo per la porzione spettante al nostro Erario, tutti i Monumenti, che si devolveranno al medesimo, e tutte le pene, eccettuata la porzione dovuta secondo le vigenti Leggi al Denunciante, ed agli Esecutori. Nello stesso tempo, e per la stessa causa proporzionando l’importanza dell’oggetto alle scarse forze del Nostro Erario, abbiamo destinata la somma annua di Piastre Diecimila per l’acquisto delle cose interessanti in aumento dei Nostri Musei; sicuri che la spesa diretta al fine di promovere le Belle Arti, è largamente compensata dagl’immensi vantaggi, che ne ritraggono i Sudditi, e lo Stato, la di cui causa non può essere da quella dell’Erario disgiunta; ed animati ancora dalla giusta considerazione dì aprire un esito ai Possessori, ed ai Raccoglitori di cose antiche, delle quali la Estrazione è affatto proibita. Maggiore poi è anche il Nostro impegno, d’incoraggire quei, che professano le Belle Arti con Premj, e con Onori proporzionati al loro merito, e e di agevolare loro tutte le strade per giungere alla perfezione nell’esercizio della loro nobile Professione, la quale nell’unire l’utile al dilettevole, forma l’ornamento della Nostra Città, l’ammirazione di quei, che vi concorrono, ed il vantaggio di moltissimi Nostri Sudditi, che vi si occupano. Sarà dunque Vostra cura, che questa Pagina della Nostra volontà abbia il suo pieno effetto.

Volendo, e Decretando. che al presente Nostro Chirografo, benchè non esibito, nè registrato in Camera, e ne’ suoi Libri, non possa mai darsi, nè opporsi di surrezione, o orrezione, nè di alcun altro vizio, o difetto della Nostra Volontà, ed intenzione, nè che mai sotto tali, o altri [p. 14 modifica]pretesti, quantunque validi, e validissimi, e giuridici anche di jus quesito, o pregiudizio dal terzo, possa essere impugnata, revocata, o moderata, ridotta ad viam juris, e concedersi contro di essa l’Aperitione oris, o altro qualunque rimedio; e che così, e non altrimenti debba sempre, ed in perpetuò giudicarsi, definirsi, ed interpretarsi da qualsivoglia Giudice, o Tribunale, benchè Collegiale, Congregazione, anche di Rm̃i Cardinali, Legati a Latere, Vice Legati, Camerlengo di S. Chiesa, Tesoriere, Rota, Camera, e qualsivoglia altro; togliendo loro ogni facoltà, e giurisdizione di definire, ed interpretare in contrario. Dichiarando Noi fin d’adesso preventivamente nullo, irrito, ed invalido tutto ciò, che da ciascuno di essi con qualsivoglia autorità, scientemente, o ignorantemente fosse in qualunque tempo giudicato, o si tentasse di giudicare contro la forma, e disposizioni del presente Nostro Chirografo, quale vogliamo che vaglia, e debba aver sempre, ed in perpetuo il suo pieno effetto, esecuzione, e vigore, colla semplice Nostra sottoscrizione, benchè non ci siano state chiamate, sentite, o citate qual si siano Persone ancorchè Privilegiate, Privilegiatissme, Ecclesiastiche, e Luoghi Pii, che avessero, e pretendessero avervi interesse, e per comprenderle fosse bisogno di special menzione: Non ostante la Bolla di Pio IV. de Registrandis, la regola della Nostra Cancelleria de Jure quæsito non tollendo, e non ostante ancora tutti, e qualsisiano Chirografii, Brevi, Ordinazioni, e Costituzioni Apostoliche Nostre, e dei Nostri Predecessori, Bandi, Editti in virtù di essi, ed in qualunque modo emanati, affissi, e publicati, Leggi, Statuti, Riforme, Stili, e Consuetudini, e qualunque altra cosa, che facesse, o potesse fare in contrario. Alle quali tutte, e singole, avendone il tenore quì per espresso, e di parola in parola inserto, e registrato, e supplendo colla pienezza della Nostra Potestà Pontificia ad ogni vizio, o difetto qualunque sostanziale, e formale, che vi potesse intervenire per questa sola volta; e per la piena, e totale Esecuzione di quanto si contiene nel presente Nostro Chirografo, ampiamente, ed in ogni più valida forma Deroghiamo.

Dato dal Nostro Palazzo Apostolico Quirinale questo di primo Ottobre 1802.

PIUS PP. VII.