Filolao

filosofo, astronomo e matematico greco antico
Disambiguazione – Se stai cercando uno dei quattro figli di Minosse, vedi Filolao (mitologia).

Filolào (in greco antico: Φιλόλαος?, Philólaos; Crotone, 470 a.C.Tebe, 390 a.C.) è stato un filosofo, astronomo e matematico greco antico.

Xilografia che mostra i filosofi Pitagora e Filolao di Crotone

Biografia

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Secondo Diogene Laerzio, nacque a Crotone.[1] Si ritiene sia stato un pitagorico[1] della seconda generazione. Per primo contribuì a esportare il pensiero della scuola pitagorica fuori dai confini ellenici. Fu il maestro di Archita e venne menzionato da Platone.[1] Contemporaneo di Socrate, negli ultimi decenni del V secolo a.C. visse a Tebe, e «morì condannato, sospettato di aspirare alla tirannide».[2]

Concezione astronomica

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Hestia, Terra e Antiterra nel modello cosmico di Filolao: l'emisfero abitato della Terra era solo quello illuminato dal Sole, concepito come una grossa lente vitrea, che rifletteva la luce proveniente dal Fuoco centrale. Hestia e Antiterra risultavano non visibili perché situati dalla parte opposta del lato abitato della Terra.[3]

Nel campo dell'astronomia, la sua impostazione filosofica lo spinse a ritenere che la Terra, essendo un corpo imperfetto, fosse affiancata da un pianeta gemello e rivestisse un ruolo marginale nel sistema solare, attribuendo invece la massima importanza a un "fuoco centrale", chiamato Hestia, ovvero la sede di Zeus, centro dell'attività cosmica. Due secoli prima dei calcoli di Eratostene (276-194 a.C.), egli sostenne così un modello non geocentrico.[4]

Al centro dell'universo vi era dunque un grande Fuoco attorno al quale ruotavano in senso antiorario dieci corpi: la Terra, l'Antiterra, la Luna, il Sole, Mercurio, Venere, Marte, Giove e Saturno, e il cielo delle stelle fisse interpretato come un fuoco esterno.[3]

I dieci corpi si trovavano lontani dal Fuoco centrale secondo distanze proporzionali a fattori del numero 3, un numero ritenuto sacro dai pitagorici. I rapporti numerici tra i pianeti costituivano un'armonia, un ordine perfetto, percepibile dalle menti più sviluppate come intelligenza sonora, chiamata anche musica delle sfere.[5]

Viene attribuita a Filolao la formalizzazione del ruolo del numero nei modelli fisici con la proposizione: «Tutte le cose conosciute posseggono un numero e nulla possiamo comprendere e conoscere senza di questo».[6]

Genesi e durata dell'universo

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Secondo Filolao, l'universo si è generato dal vuoto dell'apeiron attraverso il ritmo della respirazione cosmica costituito da inspirazione ed espirazione, scandito dalla Diade, dualità di numeri pari e dispari.[7] La dialettica dei principi dell'Uno e della Diade viene completata dalla Sacra Triade pitagorica o orfica,[8] fondamento del molteplice sensibile rappresentato in forma di triangolo equilatero.[9] Il numero 4 completava infine i misteri costitutivi dell'universo matematico e geometrico,[10] formando la sacra tetrade che diveniva a sua volta decade.[11]

Filolao accettò il "Grande anno" di 59 anni solari ipotizzato da Enopide di Chio. Rileva Giovanni Virginio Schiaparelli (1835-1910), astronomo e storico dell'astronomia antica:

«Il periodo di 59 anni [...] fu adottato altresì da Filolao di Taranto (430), celeberrimo pitagorico, le cui speculazioni sulla struttura dell'universo hanno tanta importanza nella storia dell'antica astronomia. [...] Filolao cominciò per stabilire, che l'anno solare dovesse essere di 364 + (1/2 giorni), durata assai più lontana dal vero, che quelle di Arpalo e di Enopide. [...] Cinquantanove di tali anni gli davano giorni 21505 e 1/2, i quali egli ripartiva in 729 lunazioni di 29 + 1/2 giorni ciascuna. Con queste egli formava 38 anni comuni di 12 lune, e 21 anni intercalari di 13 lune. Quanto fosse errato questo computo rispetto ai periodi veri del Sole e della Luna si può vedere, notando che per noi 59 anni solari danno giorni 21549,3 e 729 lune danno giorni 21527,8; mentre Filolao ne contava soli 21505 1/2.

Ma dal punto di vista Pitagorico il mondo doveva essere regolato secondo i misteri dei numeri; e sotto tale riguardo il grande anno filolaico era veramente meraviglioso. Poiché il numero delle sue lunazioni, cioè 729, era il quadrato del numero 27, che esso stesso è il cubo del sacro numero 3. II numero 364 1/2 dei giorni contenuti in un anno godeva poi di analoga proprietà. Contando infatti come unità separata di tempo la parte chiara del giorno e la notte scura come un'altra unità (siccome è prescritto dalla natura stessa delle cose), il numero di tali unite diurne e notturne contenute in un anno riusciva il doppio di 364 e 1/2, cioè di nuovo 729, cubo-quadrato di 3; onde questo risultava tanto dal Sole quanto dalla Luna.»

A Filolao è intitolato un omonimo cratere sulla Luna.

  1. ^ a b c Diogene Laerzio, Vite dei filosofi, VIII, 84.
  2. ^ Questo commento di Diogene fu attribuito erroneamente a Filolao, ma va riferito piuttosto a Dione: Reale, p. 1467, nota 152.
  3. ^ a b Pitagora fra leggenda e realtà: fisica pitagorica, su evaristogalois.it.
  4. ^ «Per primo asserì che la terra si muove di moto circolare; altri invece, dicono che fu Iceta di Siracusa ad affermarlo per primo» (Diogene Laerzio, VIII, 85, traduzione di G. Reale, p. 1019). Anche Iceta di Siracusa era un filosofo della scuola pitagorica vissuto nel IV secolo.
  5. ^ C. H. Kahn, Pitagora e i Pitagorici, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Roma, 1993.
  6. ^ Federigo Enriques, Giorgio De Santillana, Compendio di storia del pensiero scientifico: dall'antichità fino ai tempi moderni, Bologna, Nicola Zanichelli, 1973 (ristampa anastatica dell'edizione 1936), p. 31.
  7. ^ Il primo numero era detto parimpari poiché possedeva in potenza entrambe le nature ed era quindi in grado di attivare spontaneamente il processo: infatti, la somma di 1 con un numero pari genera uno dispari, e viceversa.
  8. ^ La densità meravigliosa del sapere: Cultura tedesca in Italia fra Settecento, Di/Segni, Ledizion, 22 gennaio 2020, p. 274, DOI:10.4000/books.ledizioni.7324, ISBN 9788855260411, OCLC 1081286844. URL consultato il 6 dicembre 2020 (archiviato il 7 maggio 2020). Ospitato su books.openedition.org.
  9. ^ Sono infatti tre le consonanze musicali di quarta, quinta e ottava che sarebbero generate dal moto armonico -in senso musicale- dei dieci astri celesti. I loro valori corrispondono ai rapporti  ,   e  . Tre, quattro e dieci sono i numeri alla base della generazione dell'universo mediante la dialettica peras-Ápeiron, protagonisti della filosofia di Anassimandro.
  10. ^ Costantino Esposito e Pasquale Porro, Filosofia, 1-Filosofia antica e medievale, Laterza, maggio 2020, p. 21, ISBN 978-88-421-0912-9.
  11. ^ Dieci era infatti il numero sacro del pitagorismo dato dalla somma teosofica dei primi quattro numeri naturali. Esso identifica il numeri di astri orbitanti intorno alla Terra e i dieci supremi contrari che condensano la dottrina pitagorica dell'ente. La sequenza 1-2-3-4 esprime anche il rapporto numerico di congiunzione degli enti geometrici fondamentali del punto, della linea in ( ), del piano euclideo (in  ) e dei cosiddetti solidi platonici (in  ). Esso si ottiene mediante l'introduzione di una dimensione spaziale che introduce un ordinamento fra di essi: l'opposto di tale procedimento di calcolo è chiamato in analisi col termine di riduzione dimensionale (Un'introduzione alla riduzione della dimensionalità.

Bibliografia

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Il cratere lunare Filolao, così chiamato in onore del filosofo omonimo.
  • Diogene Laerzio, Vite e dottrine dei più celebri filosofi, a cura di Giovanni Reale e con la collaborazione di Giuseppe Girgenti e Ilaria Ramelli, Milano, Bompiani, 2005, ISBN 88-452-3301-4.
  • I presocratici, Prima traduzione integrale con testi originali a fronte delle testimonianze e dei frammenti di Hermann Diels e Walther Kranz, a cura di Giovanni Reale, Milano, Bompiani, 2006.
  • Maria Timpanaro Cardini (a cura di), Pitagorici antichi: testimonianze e frammenti con un aggiornamento bibliografico e indici a cura di Giuseppe Girgenti, Milano, Bompiani 2010 (prima edizione 1958).
  • Carl A. Huffman, Philolaus of Croton: Pythagorean and Presocratic, Cambridge, Cambridge University Press, 1993.

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